Mr.Noodles |
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| CITAZIONE (marenarobros @ 10/4/2010, 17:49) Innanzitutto, le immagini girate in digitale, al cinema, sono tutto fuorchè più definite. E se lo fai con un film ambientato negli anni '30, capovolgendo il classico stile visivo (ultrapatinato, alla De Palma, molto cinematografico, insomma) che è quasi una delle basi del genere gangster, sì, diciamo che è già qualcosa di simil-rivoluzionario a livello di estetica dell'immagine, il nocciolo del discorso è questo, sintetizzato in maniera cristallina. paradossalmente il film di Mann al meglio delle sue possibilità visive dovrebbe essere visto in Blue ray disc con tv LCD aggiungo una considerazione sulla regia: Mann si deidica in maniera a mio avviso eclatante a sviluppare un continuo senso di vertigine, basta guardare alla profondità di campo, ai campi lunghi, alla frammentazione del punto di vista. a livello narrativo il film si gioca su due assi: da una parte c'è Dillinger e dall'altra non c'è solo Purvis ma anche tutti gli altri personaggi che gli ruotano intorno e che di volta in volta assumono importanza (lo sceriffo da western, Billie, l'amico etc) e soprattutto per questo rigetto parzialmente la similitudine con "Heat", che era perfettamente quadrato e "doppio", mentre in questo caso Dillinger non si rispecchia in un altro personaggio, ma si rispecchia con tutto il film. e di qui ribadisco che Dillinger non è il gangster che abbiamo visto sempre, è molto più etereo e sfuggente: il baricentro dell'immagine e della narrazione è continuamente spostato e il percorso dello spettatore è l'identico itinerario dei protagonisti, che si trovano continuamente spaesati (fateci caso: al cinema gli spettatori non riconoscono Dillinger pur avendolo accanto, idem per i poliziotti). quella di Mann è un incursione dentro un intero immaginario, all'inseguimento di un personaggio quasi immateriale, di un fantasma, che comprende il suo destino quando si trova faccia a faccia, prima, con se stresso (la sua foto nella sala del Bureau), e poi col cinema stesso.
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