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TOTÒ
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TOTÒ, Dreaming Studios

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SaschaGranato
view post Posted on 27/5/2014, 16:20 by: SaschaGranato




Ricomincio con Totò!

RECENSIONE DELLA GRANATO PRODUCTION

Con la seguente recensione, intendo recuperare tutti i film che, da qui ad inizio anno, mi sono perso. E’ una sfida ambiziosa poiché il tempo è precario, ma ce la metterò tutta per portarmi in pari entro i prossimi CK Awards, che vedranno protagonista, senza alcun dubbio, l’ultima fatica dalla Dreaming Studio; “Totò”.

Studio Uno, 1965… Totò, viene salutato dal pubblico con una standing ovation. L’attore finge di appoggiarsi a un muretto inesistente e per poco non cade; Mina sorride e gli applausi non accennano a diminuire. L’imbarazzo sul suo volto che, dapprima, aveva il sapore della beffa, del gioco, sfuma poco a poco in un sentimento di sincera commozione. Totò cala la maschera e, per pochissimi istanti, rivela al suo pubblico ciò che egli in realtà è – o per meglio dire, ciò che crede d’essere – un modesto attore, senza grandi qualità.

Questa semplice sequenza pone le basi ad un’opera volta a raccontate la scissione fra Totò, l’attore, la maschera, e Antonio DeCurtis; due personalità profondamente distinte, quasi in contrapposizione l’una con l’altra.
Quando Totò sale su un palcoscenico o si pone di fronte l’obbiettivo di una cinepresa, si trasforma in un personaggio buffo, sorridente, esilarante. Qualità che l’han reso un’icona della comicità in tutto il mondo, nonostante le aspre critiche rivolte ai suoi film, spesso sottovalutati o ritenuti non all’altezza delle sue grandi doti d’attore; ed è proprio qui che emerge il lato umano dell’attore, e quindi non più maschera, ma uomo… un principe, che mai ha dimenticato il languore della fame e della miseria. Disposto ad abbassarsi a qualsiasi ruolo e performance, non solo per timore di ricadere in quella stessa miseria dalla quale è scampato, ma anche per rispetto di tutti coloro che nella miseria continuano a viverci.

Il film s’interroga su chi fosse realmente Totò. Egli si concede ad una lunga intervista ad un giovane studente universitario, desideroso di scrivere una tesi di laurea sulla sua vita; ha così inizio il suo viaggio nella memoria, dove lunghi flashback intercorrono ad accenni del suo presente. Una vita vissuta dietro le lenti scure dei suoi occhiali da sole, o riparato dai vetri della sua Cadillac. Ciò che emerge è una personalità triste, segnata da profonde cicatrici, nella costante ricerca del tempo perduto di un attore… disposto, pertanto, a barattare ogni suo film pur di trascorrere ancora un momento di gioia su un palcoscenico, al cospetto di un pubblico in carne ed ossa; un pubblico vivo.

Il film è supportato da una sceneggiatura solida e corposa, ma si sa… Mastruccio è un maestro in materia. Ho molto apprezzato i dialoghi scritti in napoletano, si leggono benissimo, ed essendo pure io di origini napoletane, è stato un po’ come rivivere a casa dei miei nonni, i quali parlavano solo ed esclusivamente in dialetto.

La sceneggiatura valorizza enormemente la regia di Giuseppe Tornatore. Il piano sequenza che introduce il primo flashback farebbe tremare i polsi anche al regista più scafato. Qui, ad essere onesti, ci ho visto lo zampino di Leone. Il regista romano ipotizzò una simile ripresa per il film su Leningrado. Oggi, grazie l’utilizzo della computer grafica sarebbe molto più semplice da realizzare, ma immaginate sul finire degli anni ottanta?

Per quanto riguarda il cast, non ho nessun appunto. L’accostamento ai volti è perfetto, io non avrei saputo fare di meglio e quindi mi sto zitto! Ho sempre pensato che DeNiro fosse perfetto e continuo a sostenerlo. Leggendo il film anch’io raffiguravo i personaggi con i loro volti naturali, ma questo è un limite del lettore, non certo dello script. Lo stesso Ciro Petrone, interprete di Totò negli anni della sua gioventù, è protagonista di una performance davvero convincente. Forse ancor più accattivante rispetto la prova di DeNiro, il quale, per ovvie ragioni legate all’età e all’umore dell’artista che va dipingendo, assume un profilo più basso… poche e dense pennellate, insomma. E qui, secondo me, ci troviamo di fronte ad un primo, importantissimo, dilemma; chi premiare fra i due attori? Considerando il valore intrinseco del personaggio stesso di Totò, e considerando l’esigenza di riportarlo in vita attraverso un film biografico con l’ausilio addirittura di due volti ormai noti (DeNiro e Petrone, per l’appunto) entrambi essenziali al fine di riuscire in una rappresentazione realistica del principe, chi dei due merita la nomination per il Miglior Attore Protagonista? Perché è indubbio che la rappresentazione stessa di Totò sia meritevole di un premio! Certo, ma chi premiare? E’ una bella lotta…

Altra nota di merito va attribuita alla colonna sonora di Morricone, ma avevamo forse qualche dubbio? Penso proprio di no… alcuni brani sono abbastanza conosciuti, ma si alternano a musiche meno note, frutto di un’intelligente e accurata selezione.

Veniamo dunque agli aspetti del film che meno mi hanno convinto. In primo luogo la locandina; probabilmente Mastruccio desiderava una grafica retrò, ma il risultato non mi convince per niente, a dispetto di un sito, invece, molto ben curato.

Altro aspetto dolente, a mio giudizio, è la durata del film. Mastruccio gioca al risparmio e l’opera sfiora appena i 140 minuti. Questo aspetto ci tengo evidenziarlo perché, ne sono convinto, è frutto di una viscerale paura di affrontare il pubblico pigro di Cinematik. Siamo disposti a leggere 20 film a semestre, pur di rendere vivace il gioco, ma quando ci troviamo di fronte ad un film lungo più di 130 pagine ci rompiamo le palle e lo scantoniamo. Che senso ha?

Ricordo ancora l’esordio di Mastruccio con Amnesia, un film lunghissimo, ma tanto bello e incalzante che la durata complessiva non aveva inficiato minimamente sul valore dell’opera, ma, al contrario, rappresentava un valore aggiunto. Perché senza quella durata, sarebbe stato impossibile pensare ad uno sviluppo narrativo così ben articolato e dei personaggi così ben sfaccettati.

Con Totò, purtroppo, questo non avviene. L’impressione è quella di assistere ad un riassunto molto approssimativo della sua vita. Mastruccio riesce ad ovviare in parte a questo inconveniente, mostrandoci il lato più umano di questo artista, distogliendo l’attenzione dal succedersi degli eventi che riguardano la sua carriera, ma un attento spettatore noterà quanto il film manchi di approfondimenti anche rispetto la sua vita privata. Un esempio… che fine ha fatto il padre di Totò? Lo vediamo all’inizio del film, in una brevissima scena, e dopo più niente… il rapporto fra padre e figlia (Totò e Liliana) è semplicemente abbozzato, così come non conosciamo nulla del suo rapporto con l’attuale moglie. Sarebbe stato bello seguire più da vicino la lavorazione del film con Pasolini perché meglio avrebbe motivato il desiderio di rivalsa nutrito da Totò, verso tutti quei critici che nel corso della sua carriera hanno così aspramente criticato le sue scelte.

Mi sarebbe piaciuto un approfondimento sul contesto storico e politico, durante il fascismo e dopo la guerra. Il film accenna qualche spunto sulla miseria in Italia, in particolare a Napoli, dopo la Grande Guerra, ma nessun accenno su Mussolini e sul Secondo conflitto mondiale. Tornatore, in genere, è molto attento a questi particolari; tratta l’ambientazione e la storia del paese come fossero i primi protagonisti del film.

Perché evidenzio questi difetti? Perché sono piccole mancanze che in parte incidono sul risultato finale… La mia impressione è che Mastruccio avesse previsto certi spunti, per poi eliminarli in un secondo momento, per paura di appesantire il film. Un ‘opera che invece avrebbe meritato una trentina di pagine in più.

Probabilmente definirli “difetti” non è il modo più appropriato. Si tratta di una scelta consapevole, mentre i difetti, spesso, sono causa d’immaturità e disattenzione; non è certo questo il caso. Ma rimane una scelta che non condivido, poiché frutto di un compromesso troppo severo, imposto dalle “regole di mercato”, secondo cui un film lungo non vende, tanto più quando si tratta di una sceneggiatura pubblicata su Cinematik. Dove regna la smania dei film brevi; salvo poi leggere recensioni che criticano lo scarso approfondimento dei personaggi e la mancanza di spessore: “Vabbè… quando c’è la salute…!” direbbe qualcuno.

Voto: 85/100

“Totò” è il film che più attendevo da un anno a questa parte e sono molto felice che Mastruccio sia riuscito ad ultimarlo. Nutrivo aspettative molto alte e non sono stato affatto deluso. E’ un ottimo film, a tratti spassoso e a tratti commovente, e, sono certo, regalerà alla Dreaming Studio tante belle soddisfazioni.

Si piazza senza alcun dubbio al secondo posto nella mia classifica personale, tra i migliori film di Mastruccio, dopo “La variante di Luneburg”, a mio giudizio, suo indiscusso capolavoro.
 
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