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Venere in pelliccia
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Venere in pelliccia, di Roman Polanski

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marenarobros
view post Posted on 2/6/2014, 08:07 by: marenarobros
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Cinefilo Ad Honorem

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Visto ieri con Coly, avete praticamente detto tutto voi, io al sondaggio smollo un 8 perchè in un'annata un po' deludente questo riesce comunque a spiccare sugli altri.

incollo da ondacinema: http://ondacinema.it/film/recensione/venere_pelliccia.html

e da Caprara:

Qualcuno l’ha definito un piccolo film, ma applicando al resto dell’offerta la stessa unità di misura avremmo dovuto smettere d’andare al cinema da un pezzo. In realtà “Venere in pelliccia” è un “piccolo”, ma affilato, denso, ossessivo congegno drammaturgico allestito dal talento sempreverde di uno dei massimi talenti della nostra epoca, l’ottantenne Roman Polanski. Non c’è bisogno, in effetti, di dilungarsi nelle parafrasi o nei preliminari, il film tratto dalla pièce di David Ives a sua volta ispirata all’omonimo e cruciale romanzo di Sacher-Masoch consiste in un’ora e mezza di progressiva, inarrestabile combustione psicologica apparentemente a carico di due soli personaggi, ma in realtà irradiata su un’infinità di situazioni che riguardano noi tutti. I limiti teatrali dello show per Polanski non contano; anzi, è proprio la condizione oggettiva claustrofobica dei duellanti a suggerire alle sapienti traiettorie della cinepresa una serie di incroci, intermittenze, diversioni, illusionismi tesi a tenerli in suo potere sino in fondo. Dunque si può precisare facilmente il carattere di uno dei rarissimi film contemporanei che sarebbe un delitto perdersi: le storiche ossessioni del regista –l’esaltante, perenne guerriglia tra l’uomo e la donna, la verità della finzione più forte di quella della vita, il gioco di specchi tra desiderio e manipolazione, il travestimento destabilizzatore d’identità e lo sberleffo ai riti dell’egotismo artistico (specie d’autore)- concentrate in una sexy dark comedy al diapason.
Thomas (Amalric) è un regista impegnato a ricreare per l’ennesima volta in palcoscenico le atmosfere del romanzo più caro ai cultori del sado-masochismo. La lunga giornata dei provini è stata inutile e frustrante, nessuna candidata s’è dimostrata all’altezza della parte principale, l’aristocratica in grado di trasformare qualsiasi interlocutore in proprio schiavo; ecco, però, irrompere nel teatro parigino l’ultima aspirante (Seigner), in ritardo vergognoso, spettinata, fradicia di pioggia, volgare nell’abbigliamento e negli atteggiamenti nonché sull’orlo di una crisi isterica. L’uomo è esausto e affamato, non vede l’ora di andarsene e per questo decide di concedere qualche minuto all’intrusa, sicuramente destinata a soccombere alla propria plateale inadeguatezza… A questo punto la splendida donna e attrice –una presenza “creaturale”, tanto dotata di carisma quanto perfettamente consona al genio di Polanski sposato a 23 anni nell’89- tira fuori dalla borsa un abito ottocentesco, lo indossa e inizia ad avvolgere Thomas in una tela di ragno inquietante e minacciosa. La ragazzaccia sboccata evolverà in uno stato femminile provocante e funesto, l’aggiornata incarnazione della “belle dame sans merci” che sarebbe piaciuta a Mario Praz, la Venere primigenia e insieme la Vanda di Sacher-Masoch pronte a distillare i “divini” elementi dell’umiliazione e della punizione. Si partecipa con tensione sensuale, si ride con raffinatezza, si percepisce il romanticismo nei gangli intimi della dinamica servo-padrone, si capisce come il rapporto di coppia vada in scena ogni volta obbedendo ai più diabolici e indecifrabili dei copioni.
 
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