| L’ALLIEVO migliore di Hitchcock, l’ossessivo e meticoloso David Fincher, con L’amore bugiardo Gone girl consegna un thriller torbido e una testa bionda sul piatto degli spettatori. Nel film tratto dal best seller di Gillian Flynn, di cui tutta l’America discute, il protagonista Ben Affleck dice che sogna di aprire il teschio della moglie e sfilarne il cervello. La graziosa testa appartiene alla 35enne inglese Rosamund Pike. Il ruolo di Amy, la scrittrice che scompare nel quinto anniversario di matrimonio lasciando il marito ai sospetti dell’opinione pubblica, le regala un posto nella storia del cinema accanto alle femmine estreme incarnate da Barbara Stanwyck, e Sharon Stone. Ottimo esordio in Usa nel weekend scorso (38 milioni di dollari), il passaggio al Festival di Roma il 20 ottobre, L’amore bugiardo ("Gone girl") arriverà in sala il 18 dicembre. E fino ad allora, s’accora Fincher, 52 anni, "è fondamentale salvaguardare il piacere del pubblico".
Lei è sommerso dai copioni di thriller dai tempi di Seven e Fight club . Perché ha scelto questo? "La Fox mi ha spedito il libro di Gillian Flynn, l’ho letto d’un fiato. Affronta una questione disturbante: quanto e cosa fingiamo di essere nel tentativo di attrarre una persona? Marito e moglie possono ritrovarsi a dover proseguire la stessa finzione fino ad esserne esausti. Ma fare un film da quelle 500 pagine significava buttare molto. In più il libro era strutturato a doppia versione, di lui e di lei. L’ho detto a Gillian e lei è tornata con una sceneggiatura perfetta".
È nata una stella: Rosamund Pike, moglie ferita con retrogusto dark. "Il marito la definisce “complicata”, una sorta di codice con cui intende dire “bitch”, “stronza”. Lì s’inizia a capire chi fosse e quale ruolo giocasse questa donna nel matrimonio. È divertente scoprire le tante facce di lei quando inizi a sospettare la buona fede di lui. Lui diventa una presenza molto sinistra nel film, poi scopri che anche lei non è ciò che sembra".
Ha detto che voleva fare un film che generasse almeno quindici milioni di divorzi... "L’idea era raccontare i lati oscuri del matrimonio in una coppia di trentenni. Ma anche la pressione vampiresca dei media. Quando qualcuno scompare negli Usa c’è l’attenzione spasmodica alla ricerca di un colpevole, la curiosità sugli aspetti più personali e morbosi, l’implacabile bisogno di aggiornamento del pubblico. Le telecamere sono addosso ai protagonisti, le coppie, le famiglie, si ritrovano a mettersi continuamente in scena. Gillian è una scrittrice che ha il dono di interessarsi a cosa succede invece dietro le porte chiuse".
Il libro è stato accusato di misoginia. Appunto fatto spesso anche al suo cinema, pur costellato da eroine forti. "In questo film non si fanno sconti a nessuno, uomini e donne. Ma sono alcuni personaggi femminili, la poliziotta, la sorella gemella, la ragione per cui posponiamo il giudizio sul marito: perché le donne che lo conoscono continuano a dirci che è una persona perbene. Quanto al mio cinema, non capisco come possono coesistere le due definizioni che mi riguardano, lo trovo buffo. Ho raccontato personaggi come la Sigourney Weaver di Alien, la Jodie Foster di Panic Room, la Rooney Mara di Millennium uomini che odiano le donne. Film in cui le donne mettevano un limite e reagivano agli abusi subiti a volte senza pietà e in un modo che non sempre io giustifico. Capisco la sensibilità verso la materia, credo sia necessaria. Ma questo film ha uno sviluppo così impensabile che penso il pubblico capisca che non stiamo crocifiggendo Amy o le donne del Midwest".
Lei fa film per adulti in un panorama di blockbuster. "Amo il cinema da quando ho 13 anni, ma ora ne ho 52. Ogni progetto è una sfida difficile che porta via anni. Devi avere una motivazione forte. Mi interessava il progetto, cancellato, di 2-0 mila leghe sotto i mari , perché era molto diverso da un popcorn movie, anche se con budget alto e in 3D. C’è un aspetto più profondo della storia, legato al terrorismo. Volevo affrontare l’idea di quanto sia stratificata nella storia la rabbia contro l’imperialismo bianco, un tema su cui far riflettere i ragazzi ".
Dopo House of cards lei è lanciato nelle serie tv? "Amo la tv. Al cinema incassano solo i film per ragazzi, stessa narrativa, stessi personaggi. La tv de facto oggi è il posto in cui puoi sperimentare. Se non si esagera con le puntate in stile soap opera, la serie resta un modo per esplorare i contenuti di un film. E io ho sempre messo il contenuto davanti al contenitore".
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