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Nemesi
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Nemesi, Clint94

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Hermetico
view post Posted on 15/6/2013, 20:45 by: Hermetico
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Clint ci aveva chiarito fin da subito che Nemesi era un film decisamente atipico, almeno in relazione alla sua filmografia. La trama era anche piuttosto vaga e non era per niente facile capire che genere di film avesse in serbo. A lettura ultimata posso dire che, nonostante un genere apparentemente lontano dal produttore, Nemesi non solo è un gran bel film ma sicuramente è uno dei migliori del produttore, secondo forse solo a Millennion.
La storia è quella di Bucky, un giovane animatore di un campo giochi, che si trova a dover affrontare una feroce epidemia di polio ormai completamente fuori controllo all’interno del proprio quartiere.
La storia è davvero “tutta qui” eppure è sorprendente il modo in cui il film riesce a farti rimanere incollato allo schermo. Nonostante un ritmo decisamente pacato e dialoghi, soprattutto nella prima parte, ridotti all’osso il film riesce a creare un fortissimo legame empatico con lo spettatore che viene trascinato nel vortice di paranoie e psicosi del giocane Bucky, e soprattutto non avverte alcuna stanchezza nonostante la lunghezza dello script, non proprio trascurabile.
E la carta vincente di questa dolorosissima pellicola è proprio il personaggio di Bucky, uno dei più belli che io abbia mai letto qui a Ck. Eugene è un vero e proprio martire, di se stesso però, non certo degli altri. Il suo irremovibile rigore morale, il suo inaffondabile senso del dovere lo rendono praticamente schiavo, non permettendogli di accettare neanche il minimo errore o leggerezza.
Ed è così che dopo essere stato escluso dalla leva militare a causa di un difetto alla vista, si insinua in lui un tremendo tarlo che lo perseguiterà per tutta la vita: quello del senso di colpa. Nei confronti dei suoi coetanei che rischiano la vita in guerra, nei confronti dei bambini che si ammalano uno dopo l’altro, e per finire anche nei confronti di Marcia (la sua ragazza) che deciderà in ultimo di allontanare dalla sua vita in una sorta di ultimo estremo sacrificio. Figlio di un’educazione e soprattutto di un contesto per certi versi molto machista, Bucky, nonostante il suo fisico atletico e quasi perfetto, non può impedire l’avanzata della polio, non può impedire la morte dei suoi bambini ed entrerà così in una spirale autodistruttiva (seppur non esplicitamente), prendendosela a volte con Dio ma soprattutto con sé stesso.
Infatti, dopo aver saputo di essere un portatore del virus, distruggerà letteralmente la sua esistenza e ogni prospettiva di vita con Marcia. Ritrovarsi, in vecchiaia, con due dei suoi arti paralizzati e tante morti (secondo la sua distorta visione) sulla coscienza, sono la sua più grande sconfitta. A nulla servono le parole sagge di chi gli sta intorno, tra cui Marcia e Arnie, uno dei bambini sopravvissuti alla polio. Bucky non ne vuole sapere e finirà la sua vita in solitudine, schiacciato dal suo senso di colpa e da un rigore morale quasi patologico.
Insomma, un personaggio che davvero ti entra dentro, un eroe, un modello da imitare per i bambini del quartiere, che però compie una tremenda parabola autodistruttiva.
Clint è stato quindi estremamente abile a rendere giustizia a un personaggio del genere, caratterizzandolo in maniera ineccepibile, soprattutto nella prima parte quando veniamo a conoscenza del suo stato d’animo solo grazie a sapienti inquadrature e montaggi azzeccati (penso alle varie scene che ritraggono i bambini mentre giocano e il modo in cui Bucky interagisce con loro). Il produttore poi ci mette la sua consueta cura per i movimenti di macchina, dando anche questa volta un’impronta registica (che però evita inutili virtuosismi).

La regia di Eastwood è precisa e puntuale. Si inserisce chiaramente in quel solco di film come Changeling. Il cast è sicuramente ben scelto ma qui c’è solo Gosling che spadroneggia. Perfetto nel ruolo, anche fisicamente (emblematica la scena finale che sembra voler riprendere la scultura del discobolo). Inutile dire che ha già la nomination in tasca e tutte le carte in regola per la vittoria.

Accurata anche la scelta delle musiche, spesso molto malinconiche. Alcune scene, soprattutto quelle al rallenty sono enormemente esaltate dall’accompagnamento musicale.

Sito essenziale ma ben fatto.

Nemesi non ha certamente una trama molto cinematografica. Il racconto totalmente interiore e il ritmo piuttosto lento ne fanno un film di non facile presa sul pubblico, ma se si va oltre l’apparenza, con un po’ di buona volontà e pazienza, si scopre un protagonista di rara bellezza e una storia in grado di toccare nel profondo. Un finale triste, amaro, praticamente senza speranza, suggella perfettamente questo nuovo film di Clint quasi senza sbavature (magari qualche sforbiciata non avrebbe fatto male, ma è poca cosa). Complimenti quindi al produttore che ha saputo esaltare una storia di non facile trasposizione affidandosi a un genere a lui lontano (ma visti i risultati, forse è più vicino di quanto non si pensi). 80/100
 
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