| Siamo di fronte alla manifestazione del dolore umano, esplicitato in due forme diverse. Jonathan, sofferente e desideroso di porre fine alla sua straziante malattia, e un uomo, dilaniato e sconfitto per aver ucciso la sua stessa amata moglie: lui, poliziotto, si ritrova in casa una specie di folle incappucciato, con un coltello in mano, che non smette di ridere, mentre sta compiendo un macello. L'uomo spara, ma scopre che ha colpito la sua amata, che era legata, imbavagliata, e messa li apposta per trarlo in inganno. Due vite, apparentemente distanti, che vediamo su due piani paralleli, e che si intrecciano quando, dopo che Jonathan lo convoca in modo insolito, veniamo a scoprire che è egli stesso, Jonathan, l'ideatore dell'atroce tranello che ha provocato la morte della donna. Con un idea di base ed un dialogo che ricorda, nemmeno troppo alla lontana, il bellissimo "Seven" di David Fincher, Jonathan gli offre l'opportunità di vendicarsi, chiedendogli di farlo morire con una siringa piena di morfina. Il finale è quello che mi sarei aspettato. Questo corto, scrritto molto bene, ha un'atmosfera carica di malinconia, dove è tangibile il grado di dolore che i due uomini devono subire. Però un paio di lacunae rimangono irrisolte. Perchè Jonathan ha escogitato quel piano diabolico? Non si capisce bene chi sia la prostituta che il poliziotto ha ucciso in passato, e che è l'unico motivo che il vecchio sofferente ci offre. Troppo poco, e razionalmente per nulla logico; e se la moglie di Jonathan non aspetta altro che il marito muoia, e lui ne è pienamente cosciente, perchè non ha chiesto a lei di usare quella siringa? Tutta la messa in scena, quindi, appare irrazionale. La regia di Gus Van Sant è sobria ed efficace, e le interpretazioni di Terence Stamp e di Rupert Everett si fanno elogiare. Bene anche Betty Buckley, nel ruolo della moglie di Jonathan. Voto: 74/100 Immagino sia di Andrew.
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