Nel 73 a.C. uno sconosciuto gladiatore originario della Tracia, tale Spartaco, capeggiò una rivolta di schiavi, partendo dalla scuola di gladiatori di Capua. Tale rivolta colpì Roma in un momento molto delicato della sua storia, in piena crisi della repubblica, con il generale del momento, Gneo Pompeo Magno, impegnato nelle guerre in Asia contro Mitridate re del Ponto, e la città teatro di gravi scontri sociali. Alla fine, la rivolta venne domata, dopo grandi sforzi, da un esercito condotto da Marco Licinio Crasso. Questa la Storia.
Il film ne dà una versione romanzata, in cui Spartaco (Kirk Douglas) capeggia la rivolta di un intero esercito di schiavi in cerca della libertà, anche per la sua compagnia Varinia (Jean Simmons) e il figlio che porta in grembo. A contrastarlo, Marco Licinio Crasso (Laurence Olivier), che a Roma intanto progetta di instaurare la tirannide per ristabilire il potere dei patrizi, minacciato dalla politica "democratica" di Caio Gracco (Charles Laughton).
Kirk Douglas si era autoproposto alla Universal come protagonista di
Ben Hur, ma gli venne preferito Charlton Heston e allora lui, per ripicca, decise di fare il "suo" film epico, non religioso, basato su un romanzo di Howard Fast e sceneggiato da Dalton Trumbo, uno sceneggiatore noto per essere finito sulla lista nera del senatore McCarthy in quanto simpatizzante per il comunismo, e che per la prima volta rivide con questo film il suo nome nei titoli. All'inizio, il film doveva essere diretto da Anthony Mann, ma poi Douglas, memore di
Orizzonti di gloria, decise di coinvolgere Stanley Kubrick. Peccato, però, che Kubrick non fosse soddisfatto della sceneggiatura di Trumbo, dove Spartaco praticamente non ha difetti; inoltre, il grande maestro preferiva lavorare in studio, e non si era mai confrontato con un kolossal. Senza contare poi il conflitto fra Laurence Olivier e Charles Laughton sul set, grandi attori shakespeariani che non si sopportavano a vicenda, e il fatto che non gli fu permesso di controllare completamente il montaggio. Nonostante il grandissimo successo di pubblico (e il mugugno di certa parte della critica), Kubrick rimase sempre insoddisfatto di questo film.
E ha ragione: fra tutti i film che ha diretto, questo è sicuramente il peggiore. L'ho sempre definito "un film di Kirk Douglas con regista Stanley Kubrick", e direi che la definizione è perfetta. Estranei sono e resteranno a Stanley il sapore epicheggiante delle scene di massa, un'esaltazione così smaccata della rivolta e della libertà, le scene romantiche fra Douglas e la Simmons, insomma in generale tutto il romanticismo e l'epica tipicamente hollywoodiani che pervadono il film. Da questo punto di vista, il film, nonostante l'impegno di quattro grandissimi attori in grande forma (Douglas, Olivier, Laughton e Peter Ustinov - premiato con l'Oscar - nel ruolo di Lentulo Batiato), mostra tutti i suoi anni.
Ma nondimeno, qualcosa di Kubrick c'è, ed è il tema che percorre tutti i suoi film: il disfacimento dell'Ordine, di un Ordine che sembra perfetto, regolato, meccanico come un orologio e invece finisce per saltare di fronte a qualcosa di imprevisto, e non importa che sia l'Ordine di una famiglia (
Shining), della morale sessuale (
Lolita, Eyes Wide Shut) o dell'ordinamento militare e politico (
Dr. Stranamore, Full Metal Jacket). Le scene iniziali dell'addestramento dei gladiatori richiamano quelle di
Full Metal Jacket (ma senza la rappresentazione satirica del sergente Hartman), l'idea di una società che schiavizza e priva gli uomini della loro importanza facendone carne da cannone per il divertimento di una classe superiore (e qui il film si riallaccia direttamente a
Orizzonti di gloria, e preannuncia
Stranamore), una società consumistica e imperialistica dove tutto è in vendita (e infatti Kubrick voleva che il film calcasse la mano su questo aspetto). Laurence Olivier incarna questo tema nella figura di Crasso, il potente che vuole capire dov'è la ragione della grandezza di Spartaco, perché gli uomini hanno creduto in uno che non era un dio.
Che poi gli spunti vengano soffocati nel turgore dei kolossal hollywoodiani, non è colpa di Kubrick. Lui, il suo kolossal, lo girerà molto più tardi: ma sarà un anti-kolossal privo di ogni epica, rigidamente geometrico e freddo, visivamente stupendo e narrativamente glaciale nel raccontare una società ancor più razionalista e razionalizzata, e quindi priva di ogni autentico slancio umano. Sarà
Barry Lyndon.