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Il paradiso del diavolo (Festival di Roma 2012)
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Il paradiso del diavolo (Festival di Roma 2012), Chimera Films

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Francis Delane
view post Posted on 18/9/2012, 22:51 by: Francis Delane

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LARGO AL FACTOTUM!
Le recensioni di Francis Delane


18/09/2012

Sinceramente, mentre aspetto che l'applauso (meritato) della platea accolga il film, mi viene da pensare: "Ragazzi, meno male che almeno giovedì c'è Hope." Perché, tra Leo and I, questo film e Seven Days, temo che il mio film sarà la prima ventata di seria leggerezza in questo Festival, aperto nel segno della più cupa amarezza.

Effettivamente, la descrizione di lancio non era chiarissima, e Andrew, da vecchio volpone, è stato bravo a non dissipare il mistero prima dell'uscita. Alla fine, quel che ci troviamo di fronte è una versione moderna e misogina del Signore delle Mosche, il bellissimo classico di Golding (che prima o poi devo leggere) sull'umanità che, messa di fronte alla natura, regredisce vistosamente allo stato brado, dimostrando per l'ennesima volta come il mito del buon selvaggio alla Rousseau sia una delle più emerite stronzate mai dette in tutta la storia della filosofia. E bisogna dire che dal punto di vista dell'angoscia il film il suo lavoro lo fa non bene, di più: ho finito la lettura con una voglia matta di rassicurarmi guardandomi una puntata dei Monty Python.

Merito, va detto fin da subito, di un'ottima scelta di regia, cast e musiche. Von Trier (di cui non ho mai visto nulla, forse troppo suggestionato da Paolo Mereghetti che lo ritiene un cialtrone, ma anche dalla mia tendenza a evitare film che mi facciano passare una mezz'ora desiderando di non essere nato... almeno, ho paura che mi faccia quest'effetto) è il regista perfetto per un film che, in altri tempi, sarebbe stato interessante vedere in mano a Kubrick (il fallimento della razionalità è il tema prediletto dal grande Stanley), grande nell'evocare l'atmosfera opprimente, sudata e appiccicosa, di questo paradiso terrestre che diventa un inferno in terra, perché scoprirà che la Natura (come già insegnava Leopardi) non è madre, è matrigna.

Bravissima Sharon Stone, in un ruolo in cui nessuno se la sarebbe mai attesa; ottimo il giovane Campbell Bower; un po' troppo defilati gli altri (con Sutherland e la Gainsbourg forse presi - mi prendo la libertà di fare un po' il malevolo - più per ricreare un clima alla von Trier che per altro). Le musiche sono semplicemente meravigliose.

Come però tutti hanno notato, la sceneggiatura presenta dei buchi che, malgrado non siano evidenti a una prima lettura, dove uno si lascia prendere dagli eventi, a rifletterci bene però effettivamente pesano. So di ripetere un'opinione da tutti i recensori già detta, ma effettivamente il mancato background dei personaggi è l'unico difetto della pellicola, per di più in casi come quelli fatti notare da Mastruccio, dove avrebbe aggiunto sapore e consistenza a tutti quanti: avrebbe dato un retroterra alla follia di Barbara, che sembra un po' improvvisa, e reso più interessanti molti altri (ad esempio Kimo, che resta lasciato a se stesso). Non condivisibili altre critiche, come quella che non comprende la facilità con cui Trudy e Ingrid si uniscono alla comunità: forse sarò pieno di pregiudizi, ma fra dei tossici, specie a uno stadio così avanzato, non mi aspetto molta solidarietà.

VOTO: 77/100 (8 al sondaggio). Sì, leggete bene, gli do 8, perché creare un'atmosfera così trascinante da impedirti di ragionare sui difetti della sceneggiatura merita l'8 (voto che darei anche a film reali come Suspiria, che hanno lo stesso pregio e lo stesso difetto). E perché alla fine il film colpisce allo stomaco come i veri film di von Trier (mi fido della vostra opinione).


 
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