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Leo and I (festival di Roma 2012)
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Leo and I (festival di Roma 2012), Sunset Boulevard Films

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Hermetico
view post Posted on 17/9/2012, 16:47 by: Hermetico
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Leo and I è il terzo film di Little tin, molto ambizioso, difficile da inquadrare e ben lontano dalle atmosfere sognanti e rassicuranti di Imaginaerum. Qui si affronta un tema decisamente spinoso, quello della pedofilia, in una veste piuttosto inedita e inconsueta. Non ho letto il libro da cui è tratto né ho visto il film di Kubrick quindi non so quanto la trama sia fedele alle due opere, quello che so è che non è un film facile da giudicare.
La protagonista è Henrietta, una scrittrice che si innamora di Leo, il figlio quattordicenne di Charles il proprietario della casa in cui Henrietta ha affittato una stanza. Mentre la scrittrice cerca di combattere questa pulsione verso il ragazzino, si fa avanti anche Charles che dichiara il suo amore alla scrittrice e si instaura così un triangolo perverso e malato che certamente non porterà a nulla di buono.
Come già detto, il film non è facile da giudicare perché tratta tematiche estremamente delicate e complesse oltretutto da una prospettiva inedita (la pedofilia femminile è un fenomeno poco diffuso e ancora sommerso su cui si sa davvero poco), eppure non si può certo dire che il film annoi, anzi. E’ estremamente avvincente, ha un ritmo quasi da thriller con una trama che si evolve continuamente senza dare respiro. Se questo è uno dei punti di forza, è al contempo uno dei maggiori punti deboli del film. Accade tutto troppo in fretta.
A cominciare dall’inizio, quando Henrietta si innamora di Leo nel giro di pochissime scene, senza un apparente motivo o quanto meno senza una reale conoscenza. Ammettendo anche che sia stato un colpo di fulmine, sembra che la protagonista non lotti più di tanto contro questa pulsione malata. Al primo contatto con il ragazzo, i due finiscono subito sotto le coperte. Mi è sembrato anche un po’ forzato il comportamento di Leo, teoricamente un adolescente alla prima esperienza, senza amici e che passa il tempo con i videogiochi, eppure sembra fin troppo sicuro di sé ed esperto. Il personaggio diventa molto più credibile dopo la vacanza in campeggio, quando si presume abbia fatto le sue esperienze e di conseguenza la sua sicurezza nell’approccio con l’altro sesso è molto più giustificata.
Henrietta è un personaggio difficilissimo da inquadrare, a volte sembra una donna equilibrata e ragionevole, altre volte quasi una serial killer psicopatica (come quando si sente sollevata della morte del marito oppure nel sanguinolento finale), altre volte ancora sembra lei la vittima di Leo, completamente in balia degli ormoni e delle bizze del giovanotto.
La sensazione è che tutto accada con troppa facilità, che i personaggi non si sorprendano per nulla (Leo digerisce la morte del padre nel giro di una scena) e non si facciano mai alcuna remora. Henrietta ad un certo punto dice che la famiglia in cui è capitata è una famiglia di matti, ed è esattamente la sensazione che ho avuto io. In questo film sono tutti matti, completamente alla deriva.
Se l’intenzione di Little tin era quella di creare un thriller morboso e ambiguo, in cui le vittime si confondono con i carnefici, non ci sono né buoni né cattivi ma solo degrado morale e sofferenza, allora ci è riuscita. Come thriller il film funziona, c’è infatti una sottile tensione latente che pervade tutta la pellicola, perché sappiamo che tutto quello che si vede è sbagliato, moralmente sbagliato.
Come film drammatico invece lo trovo molto più debole, proprio perché molte questioni (ripeto, già di per sé difficilissime da trattare) sono descritte con troppa superficialità e i personaggi (in particolare Henrietta) assumono comportamenti spesso poco credibili e forzati.
Non è un caso infatti che la seconda parte (dalla morte di Charles in poi), quella in cui la componente thriller prende il sopravvento, funzioni decisamente meglio nonostante gli eccessi di cui è pervasa la pellicola (tra cui la Keaton versione pedofila cocainomane).
Agnese sa dosare bene il ritmo dei suoi film e anche in questo caso la pellicola è trascinante, e si rimane incollati curiosi di sapere come andrà a finire. Anche a livello visivo e riguardo i movimenti di macchina, Agnese si dimostra molto attenta e originale (soprattutto considerando che ci troviamo di fronte a un film drammatico che di per sé non stimola chissà quali acrobazie con la mdp). Probabilmente in questo caso io avrei rallentato un po’ il ritmo e mi sarei preso qualche pagina in più per soffermarmi sulla nascita del rapporto tra Leo e Henrietta, senza dimenticare alcune fasi di passaggio a ridosso dei momenti più importanti della storia.

Ottimo il lavoro di Daldry che, alle prese con un tema scottante, costruisce un film sì morboso, ma mai volgare dandogli anche un tocco personale attraverso l’uso della macchina da presa.
Molto bravi i due interpreti principali. Jodie Foster ha dovuto affrontare una prova ardua con un personaggio di tale complessità. Peccato per il personaggio che in alcuni passaggi non mi ha convinto. Alexander Ludwig è la vera rivelazione del film. Bravo e credibile (anche il suo personaggio, se non fosse per qualche ingenuità all’inizio, è il più riuscito). Fassbender e la Keaton non ce li vedo molto nei ruoli; il primo un po’ sprecato, la seconda stona un po’ nel ruolo estremo che interpreta.

Musiche buone, soprattutto quelle dei Sonata. Curioso il fatto che ci siano molti teen idol, gli stessi che Leo odia.

Locandina semplice ma riassume bene i protagonisti del film: Leo, Henrietta e ovviamente il letto.

Come già detto non è facile giudicare un film come Leo and I, principalmente per le tematiche che affronta (è difficile essere adeguati quando si tocca certi temi). Se il ritmo e la confezione complessiva del film convincono, i comportamenti dei protagonisti e le loro reazioni a volte risultano forzati finendo quindi per minare la storia nel suo complesso. Onore però a Agnese che non ha avuto paura di rapportarsi con un tema del genere, riuscendo comunque a confezionare un buon film, con i suoi difetti, che funziona soprattutto come thriller. 67/100
 
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