Cinematik.it - Il gioco del Cinema


Reality
Poll choicesVotesStatistics
72 [66.67%]
81 [33.33%]
100 [0.00%]
90 [0.00%]
60 [0.00%]
50 [0.00%]
40 [0.00%]
30 [0.00%]
20 [0.00%]
10 [0.00%]
Guests cannot vote (Voters: 3)

Reality, di Matteo Garrone, 2012

« Older   Newer »
  Share  
marenarobros
view post Posted on 25/9/2013, 12:54 by: marenarobros
Avatar

Cinefilo Ad Honorem

Group:
Member
Posts:
26,550

Status:


CITAZIONE (Arcadia1983 @ 3/10/2012, 15:27) 
qualche spunto lo lancia.

Tipo?

(l'ho finalmente visto quindi vorrei un sodale con cui parlarne... nonostante tutto, il meglio del recente cinema italiano)

due recensioni, positive, con le quali concordo:

Guzzano - Reality - Il telepresepe
Il sogno televisivo e la realtà antropologica del Grande Fratello si fondono in un mondo privo delle fosche connotazioni di Orwell ma improntato a un'ossessione solare, nel film che Matteo Garrone ha diretto con la memoria rivolta al cosmo di Eduardo. Da un antico palazzo/formicaio napoletano, sbuca il truffatore di mezza tacca Luciano, interpretato dal bravo Aniello Arena che è 'rinato' attore nel carcere di Volterra. Fa il salto glamour nel piccolo schermo che si riflette su un mondo succube degli attimi di gloria fugace. O di gloria inattesa e inevasa che costringe alla prigionia. Il regista di “Gomorra” scansa i generi, li mescola e sembra spostare il tiro: da episodi di criminalità, a puntate di intrattenimento. In realtà lo sguardo è il medesimo, con felice ritorno alle morbosità di “L'imbalsamatore e “Primo amore”: attento alle avventure di un Pinocchio incapace di separare la sua persona dal proprio personaggio. Che è il dramma enunciato da Pirandello, ma – secondo Garrone – anche da Fabrizio Corona.

Valerio Caprara
Pubblico e critica non vanno mai d’accordo. Un’asserzione detestabile, eppure “Reality” di Matteo Garrone ha un andamento così particolare, un tono così insinuante, una forma così composita, un pensiero così rapsodico da farci rischiare di convalidarla. Ci auguriamo, va da sé, che ciò non succeda, le reazioni non siano inconciliabili e i giudizi si giovino delle sfumature, ma il pericolo e insieme l’attrattiva del film vincitore del Gran premio della giuria a Cannes stanno, però, nella divergenza inevitabilmente innescata tra puro e semplice riflesso dei fatti e la poetica connessa allo stile adoperato per narrarli. Per essere ancora più chiari si può dire che qualora “Reality” sia preso solo come atto d’accusa contro la nuova peste, la madre di tutti i mali moderni, il simbolo della decadenza dei valori e del vivere civile ecc., cioé i format televisivi modello “Grande Fratello”, ci sarebbero pochi margini di recensione, sino a classificarlo come prova minore di un eccezionale talento.
La ballata post-Gomorra inizia, invece, con un ampio prologo che riproduce il kitsch partenopeo di un matrimonio celebrato negli incredibili ambienti del Grand Hotel “La Sonrisa” di Sant’Antonio Abate. Lo sguardo di Garrone non è mai cipiglioso ed è vero, come ha suggerito lui stesso, che questo tour tra cocchi dorati, hostess travestite da damine settecentesche, invitati debordanti di ciccia, minishow sguaiati, tagli di nastro con annesso frullo di colombe bianche e flash di gruppo evocanti una parodia felliniana ha una chiara affinità con una certa commedia italiana, quella che trasportava Totò, Peppino & company al limite della favola nera. Al povero Luciano, interpretato a dovere dall’attore-detenuto Aniello Arena, si presenta –come un miraggio di felicità realizzata- la celebrità del momento, un longevo reduce della Casa del GF che dispensa slogan grotteschi e facili promesse di fama. Cambio di scena e il rientro della famigliola nello sgarrupato palazzo in cui abita in comunione con una brulicante umanità conferma come al film non interessi- con il supporto dei mirabili effetti di luce del compianto Marco Onorato e delle musiche simil-Rota di Desplat- il documento, bensì il sapore e il colore di una realtà prossima alla surrealtà e come tale pressoché ingiudicabile. Garrone, insomma, è più pittore e fotografo che sociologo e lo dimostra quando riprende dall’alto la terza scena-clou, la piazza dove c’è la pescheria di Luciano che, a pensarci bene, è una versione “dal vivo” (napoletana doc) della Casa, un teatrino antico di sketch pittoreschi non troppo lontano da quello moderno e asettico allestito nel piccolo schermo.
La paranoia che s’impadronisce del protagonista convinto d’essere il prossimo eroe del programma –pietosamente assistito da amici e parenti disegnati con misura e intensità da attori come Loredana Simioli, Nando Paone e Nunzia Schiano- prende così una deriva irregolare, ipnotica, inerziale secondo noi “superiore” a quanto propone la sceneggiatura. I riferimenti a Pinocchio o alle Shangri-la consumistiche contano, in questo senso, meno del richiamo alle teorie del complotto, alle dietrologie che periodicamente avvelenano l’intelligenza laica e la credulità popolare. Quest’anno il reality, quello vero, non si farà semplicemente per calo d’ascolti. “Reality” di Garrone termina, invece e non a caso, con un caos avvolgente, una risata in forma d’oppio salvifico e un occhio onnisciente che scruta tutti dal cielo.

Edited by marenarobros - 25/9/2013, 14:15
 
Web  Top
27 replies since 3/8/2012, 09:39   274 views
  Share