| RECE by Tomcat: LONTANO DA OGNI COSA L’arte, questa magnifica meritrice.
Perchè ho utilizzato quell’incipit? Perchè se l’arte dovrebbe essere qualcosa di superiore, spesso gli artisti, si sono “prostituiti” per emergere dalla massa. Questo avviene fino dal rinascimento, in cui gli artisti avevano campo libero di produzione per rendere ancor più magnifico, colui che li finanziava, ma spesso dovevano essere accondiscendenti nei suoi confronti. Oggi ancor di più, l’arte dovrebbe essere sopra le parti, ma come viene detto all’inizio della pellicola, in un passaggio illuminante e scatenante, esiste la legge fondamentale del mercato e quindi l’arte è diventato un bene di consumo. Ma questa pellicola non parla solo di arte, ma anche di altri argomenti. Però partiamo da quello che balza agli occhi come l’argomento principe della pellicola: L’arte. In questa pellicola abbiamo una visione dei due estremi di ciò che si possono trovare di fronte gli artisti: Da una parte c’è Alberto che è un pittore e per potre portare alla luce la propria forma di arte è costretto a vendersi al gallerista, soffrendo pene interiori e fisiche indicibili. Una storia di dannazione e vita al limite, come spesso nella storia succede, che esalta degli artisti estremi; credo che il rock dagli anni 70 alla fine degli ottanta, ne sia una buona parabola. Dall’altra invece c’è Stefano che dopo aver cercato la sua via vuole diventare uno sceneggiatore; lui non recede su nessun fronte e alla fine riesce a arrivare al suo intento. Ma anche lui come il suo amico avrà le sue gatte da pelare. Poi c’è Chiara che vuole avere successo, come la maggiorparte delle giovani italiane, lanciandosi nella moda e alla fine ritrovarsi al fianco di qualcuno che non la rispetta, ma ha anche gli agganci giusti, per farla diventare famosa. Gli altri argomenti citati sopra, sicuramente il secondo che emerge è il rapporto di amicizia fra i tre ragazzi. Un rapporto che spesso sconfina in un menage a trois e che muta con il tempo. La narrazione di una amicizia veritiera e non stereotipata come spesso il cinema ci mostra. C’è anche la sconfitta del vecchio artista che per il suo canto del cigno rischia di fare un film di cassetta, buttando al vento tutto quello che aveva fatto in precedenza; affermazione vera solo per chi considera l’arte per il prodotto e non solo secondo il grado di famosità dell’artista. In questo poi proprio il regista riesce a lanciare colui che ha avuto il coraggio di dirgli la verità sul suo ultimo film e in questo c’è un passaggio di testimone fra il vecchio e il nuovo e l’intento di non farsi abbacinare dalla luce della ribalta, ma continuare per la propria strada, anche a costo di dover lasciare perdere. Lo script è scritto in maniera corretta e l’impaginazione è ottimale. A livello di sceneggiatura invece questa pellicola, dovrebbe essere un esempio per il cinema italiano: un film a ampio respiro, che si prende tutto il tempo per farci conoscere e appassionare alla storia e ai personaggi. Un film con una sceneggiatura ragionata e mai banale, con delle scene che rimangono stampate nel cervello: quella citata sopra che è l’inizio della pellicola; ma per intensità rimane impresso il dialogo fra Chiara e Stefano in cui lei si apre e con profondità gli dice ciò che è senza vergognarsi. Ma sono notevoli anche i dialoghi fra Stefano e Saverio. La forza di questa pellicola è quella di essere uno spaccato vero di una vita, senza pillole indorate e con un linguaggio vero, che conferisce una grande passione e valore alla pellicola stessa. Nache il finale in cui l’amicizia fra i tre è solo un ricordo è un qualcosa che può succedere; quanti di noi hanno perso amici per strada? In questo a mio avviso il protagonista della pellicola è Stefano che nel volto di Balducci riesce a mostraci la forza e la normalità di un ragazzo. Forse più intensa e fisica la prova di Parenti che è bravissimo nel ruolo dell’artista nevrotico e dannato. Così come la Crescentini che ha un ruolo notevole e proprio nella scena della sua intima confessione all’amico da il meglio di se. Da citare a mio avviso poi la prova di Graziosi nel ruolo di Fucqua. La regia di Guadagnino è minimale e si nota poco. Forse perchè la storia essendo uno spaccato reale di vita, non necessitava di grosse manovre registiche. La locandina è veramente interessante, ma quel senso di quadratura (non è un rettangolo), non mi ha fatto impazzire. Un vero peccato, perchè é molto evocativa e graficamente ben realizzata. La colonna sonora è bella eterogenea, che pesca dalla dance, dal rock italiano e da brani pop stranieri, mixandoli e trovandogli la giusta collocazione nelle scene. Veramente un buon lavoro. Peccato che non esista il sito, ma preferisco l’assoluta mancanza a qualcosa di tirato via. Concludendo, ritengo che Hermetico abbia realizzato un ottimo film italiano, che rappresenta la forza espressiva di questo produttore, che non ha paura di spaziare fra generi diversi, con una riuscita notevole. Credo che la visione di questa pellicola, sia da consigliare a tutti coloro che hanno un minimo di vita sociale e di velleità artistiche, perchè è vera come un pugno in faccia. Voto complessivo: 76/100
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