New York, 1846. Nella lotta fra la gang dei Nativi, comandata da Bill Cutting il Macellaio (Daniel Day-Lewis), e quella irlandese dei Dead Rabbits, guidata dal "Prete" Vallon (Liam Neeson), i primi riportano la vittoria, e il Macellaio uccide il Prete. Sedici anni dopo, nel 1862, Amsterdam Vallon (Leonardo DiCaprio), il figlio del Prete, torna a New York per vendicare suo padre: per farlo, fa di tutto per entrare nelle grazie del Macellaio, nel frattempo divenuto il signore criminale della città, corteggiato da politici e gente perbene. Sullo sfondo, intanto, si staglia la guerra di secessione, e soprattutto i moti di rivolta contro la coscrizione obbligatoria a New York, mentre fra il Macellaio e Vallon ci si mette anche una donna, la bella ladra Jenny Everdean (Cameron Diaz).
Da vent'anni Scorsese pensava a questo film, da quando nel 1970 si imbatté nel libro
The Gangs of New York: An Informal History of the Underworld di Herbert Asbury. Ma la sua idea di un film colossale, epico, lungo quasi tre ore, aveva spaventato tutti i produttori, perché nessuno voleva sobbarcarsi una spesa faraonica come ricostruire la New York dell'Ottocento. Finalmente, nel 1999, Harvey Weinstein, della Miramax Films, decise di correre il rischio. Martin non poteva sapere in quale covo di vipere si stava addentrando: la produzione durò ben tre anni, con Dante Ferretti che ricostruì New York a Cinecittà, perché mentre Weinstein voleva un kolossal alla
Via col vento, dove la vera cosa importante era la storia dell'amore fra DiCaprio e la Diaz, Martin invece voleva una riflessione popolare sulla nascita dell'America dalle strade. Robert DeNiro, iniziale scelta per il Macellaio, dovette lasciare la produzione facendo spazio al ritorno di Day-Lewis (che aveva già collaborato con Martin per
L'età dell'innocenza), e anche Willem Dafoe (che non so cosa dovesse fare) diede forfait, mentre i costi lievitarono sempre più. Alla fine, quando nel 2001 le riprese furono terminate, la produzione ne ritardò l'uscita, ufficialmente per non scontrarsi con le conseguenze dell'11 Settembre, in realtà perché Weinstein e Martin litigarono sulla lunghezza del film: si dice che sia stato rimontato per ben diciotto volte prima che i due si mettessero d'accordo. Ma le fatiche furono ripagate da un grandissimo successo di pubblico, che portò al film ben 10 nomination all'Oscar e purtroppo nessuna vittoria, e diede inizio a una nuova collaborazione: quella fra Martin e il rinato Leonardo DiCaprio, liberato dalla scomoda memoria di
Titanic.
Le traversie produttive hanno certo lasciato la loro impronta su questo colosso a cui manca la scintilla del capolavoro che poteva essere: il tentativo di trovare un accordo fra regista e produttore produce parti altalenanti tra loro, non perfettamente congruenti, dove a volte prevale la trama romantica e a volte l'affresco epico, e che qualche volta si perde in rivoli digressivi senza avere la stessa compattezza di fondo di
Quei bravi ragazzi e
Casinò. Ma non si può non rimanere ammirati di fronte alla grandezza epica dell'intera operazione, al gigantismo coraggioso, alla riflessione ben poco politicamente corretta su alcuni miti fondamentali dell'America, tutt'altro che terra promessa in questo film, bensì terra di scontri e sangue: gli USA sono nati dal sangue, dalle lotte tra immigrati che forse non si sono mai integrati l'un l'altro perfettamente, e che anzi sono stati costretti all'integrazione da un sistema non certo immacolato e puro, e che ha dimenticato queste storie per costruirci sopra una mitologia falsa e accomodante (la crescita di New York, alla fine del film, copre e nasconde le tombe dei due grandi capi, il Prete e il Macellaio: la loro lotta è stata grande ma inutile). E poi, i singoli elementi sono perfetti: DiCaprio, Day-Lewis, perfino la Diaz, le scenografie di Ferretti, la musica di Howard Shore... Ho finito il film che volevo rivederlo da capo, non l'ho fatto perché ormai era l'una di notte.
Unico rimpianto: Day-Lewis va benissimo, per carità, ma se ci fosse stato Bob avremmo avuto, a posteriori, un colpo cinematografico geniale. Con questo film, infatti, Leo diventa il nuovo attore preferito di Martin: vi immaginate se il finale, allora, fosse stato DiCapri che uccideva DeNiro prendendone il posto nel cinema di Martin?