Rupert Pupkin (Robert De Niro) è un comico aspirante, pieno di sé e un po' nevrotico, convinto di essere destinato alla fama. Inizia così a tallonare il presentatore e comico affermato Jerry Langford (Jerry Lewis), convinto che questo noterà il suo talento e lo inviterà al suo show. Quando il divo, comprensibilmente seccato e non interessato, lo delude, allora Rupert e Masha (Sandra Bernhard) lo rapiscono e minacciano di ucciderlo, a meno che Rupert non sia invitato al suo posto allo show di quella sera.
Finito
Toro scatenato, Scorsese voleva subito fare
L'ultima tentazione di Cristo, e offrì perfino a De Niro il ruolo di Gesù, ma Bob non era interessato e insisté per proporre a Martin una sceneggiatura di Paul D. Zimmermann. Martin si lasciò convincere e, su proposta del produttore Arnon Milchan, il film fu girato a New York, lontano da Hollywood, a causa dei problemi di Scorsese con la Writers Guild of America. All'inizio fu considerato John Carson per il ruolo di Langford, ma quando quest'ultimo rifiutò, allora subentrò Jerry Lewis, nei cui confronti De Niro e Scorsese commisero tutta una serie di trucchetti, come recitare battute antisemite per aumentare la sua rabbia: nondimeno, Lewis diede una mano alla sceneggiatura raccontando episodi reali della sua vita (come la scena in cui una donna anziana, al telefono, gli chiede di recitare una battuta per il figlio malato, e al suo rifiuto lo insulta). Il film all'epoca, non ebbe grande successo: probabilmente il pubblico non lo capì.
Rivisto oggi, devo dire che resta un bel film, una bellissima parabola al contrario sul bisogno di auto-affermazione da una vita grama che si intravede fra le pieghe delle battute di Pupkin, un "Jake La Motta senza guantoni", come giustamente lo definì Pauline Kael. Ed effettivamente il film sembra il controcanto ironico del precedente, dove la comicità prende il posto del pugilato, ma l'ossessione di base resta la stessa: essere a tutti i costi il primo, fare qualcosa se no la tua vita, il mondo, semplicemente non ha senso (i protagonisti di Scorsese hanno tutti una vocazione "evangelica", si potrebbe metterlo a dirigere
Jesus Christ Superstar). Questa volta, niente sangue, niente morti, ma il tono resta nero, nerissimo, come i baffetti improbabili di un gigionesco De Niro, che sembra la brutta copia di Groucho Marx, e il colore esplode davvero solo nei suoi momenti di completa allucinazione.
Ciò che gli manca, però, è la comicità, paradossalmente. Lo so che per una commedia non è obbligatorio far ridere, ma alla fine del film ho avuto una sensazione di incompletezza, come se Scorsese non si fosse divertito abbastanza a fare questo film, come se ancora fosse rimasto scottato da
Toro scatenato e fosse incapace di trovare un vero piglio comico, una vera ironia nera che, oltre che a far pensare, divertisse. E' proprio l'ironia che, in fondo, manca: Scorsese ha preso questa commedia troppo sul serio, al contrario di De Niro che ha volutamente esagerato la sua interpretazione con un fondo di ironia. Non so se mi sono spiegato, aiutatemi a trovare le parole. Comunque, resta un grande film.