Alla fine, mi sono arreso anch'io al metodo cronologico, e così oggi è ufficialmente partito il mio trip scorsesiano, con un film che ha per lui la stessa importanza che ha per Fellini
I vitelloni: ovvero, il film fondamentale per capire da dove viene il regista, qual è il suo punto di partenza.
Little Italy. Il giovane Charlie Cappa (Harvey Keitel) trascorre le sue giornate tra i consigli di un paternalistico zio mafioso, la sua fede cattolica (vissuta con la personale convinzione che il peccato si espii per le strade, non in chiesa) e i furtarelli e le risse con gli amici. Tra questi, si distingue Johnny Boy (Robert De Niro), un mezzo pazzo refrattario e ribelle a ogni regola, sempre vestito alla moda, sempre in debito di soldi che si rifiuta metodicamente di sganciare, che si presenta a noi facendo esplodere una cassetta della posta e sale di notte sui tetti per sparare all'Empire State Building. Charlie cerca di aiutarlo, di fargli mettere la testa a posto (e intanto si porta a letto sua cugina Teresa), ma le cose non vanno come previsto.
Godetevi il ghigno di Johnny e ditemi se non è la più simpatica testa di cazzo che abbiate conosciuto: Alex DeLarge, probabilmente, lo arruolerebbe di filato nei suoi Drughi. Scorsese, al suo debutto vero e proprio da solo dopo l'apprendistato col maestro Roger Corman, semplicemente prende i suoi ricordi da bambino e adolescente, sceglie Keitel come suo alter-ego e imbastisce una discesa agli Inferi in un mondo piccolo, vitale, ma spietato.
La New York del film, ripresa con tecniche alla Nouvelle Vague (omaggio a Truffaut e compagnia), è grigia e sudicia alla luce del giorno, buia la notte, dove solo qualche lampione e qualche finestra dà uno sprazzo di falsa luce; e il locale di Tony dove il film comincia, ha la sua parte centrale e poi finisce è rosso come l'inferno, contrapposto al bianco e celeste risplendente della chiesa dove prega Charlie/Keitel e dei ristoranti dove lo riceve lo zio mafioso, l'unica vera autorità.
Il film segue quindi il percorso di Charlie, che tenta di aiutare gli altri nonostante tutto, in una idealistica crociata per il Bene, alla ricerca di una redenzione forse impossibile, perché è impossibile pensare che il mondo (Johnny Boy) si sottometta al nostro ordine. Il ghigno di De Niro, contrapposto all'espressione sempre seria di Keitel, in una gara di bravura dove è impossibile decretare il vincitore, segna la dicotomia morale su cui è imperniato il film: l'Ordine e il Caos, l'ossessione di chi vuol rimettere in sesto il mondo e la stupida brutalità di chi, invece, non vuole saperne delle regole e manda all'aria ogni sforzo.
Insomma, Scorsese è già pronto per il suo film successivo, quello che lo rivelerà un maestro:
Taxi Driver. Che sarà, infatti, la visione di domani.