| Stasera in prima serata su Italia1. Se c'è qualcuno che non sarà alla premiazione dei Ck Awards, ha solo questa, come giustificazione (ammesso che non l'abbia mai visto!). CESARE: CITAZIONE A un incipit in stile documentaristico fa capolino la sagoma del mefistofelico boss Frank Costello, rude e diabolico criminale a cui piace assistere ai propri affari e metterci lui stesso la faccia nelle cose che fa. Un lungo monologo per indottrinare/ammaestrare il giovane Sullivan, e la scena si sposta ad alternanza sulle carriere sovraesposte di Matt Damon e Leonardo Di Caprio, l'uno complemento dell'altro, a chiudere il cerchio. Fisicamente non siamo in pieno territorio Scorsesiano, l'amata New York City è sostituita dalle badlands di Boston, ma con gli occhi e col cuore i dubbi non mancano. Grande cinema che appassiona e freme, che si contorce e si assottiglia, che si placa e che esplode; la tecnica Scorsesiana si appallottola in un Bignami di talento registico e narrativo, zoom improvvisi, dolly, inquadrature perpendicolare che danno il senso di una profondità sofferente, aggiungendo pure qualcosa di hitchcockiana memoria (la telefonata silenziosa; il dialogo al tavolo - tutto al massimo della tensione). Nonchè un senso unilaterale a tutto, cioè la perdita di identità e di coscienza. Perde l'identità e la rivuole indietro un Di Caprio in grandissima forma, forse mai così profondo; perde l'identità un Damon funzionale diviso tra amore e onore, coscente che la propria ingenuità rischia di fregarlo da un momento all'altro; pure un Nicholson che come attore accetta il senso della misura, ma come Frank Costello rimane ossessionato da chi gli gira intorno. L'unico a non perdere l'identità che gli spetta è uno Scorsese che a tratti si ritrova in stato di grazia, filmando pure l'infilmabile (la scena dell'ascensore è straordinaria, per tutto ciò che accade in un metro e mezzo di spazio) e non tirandosi indietro di fronte a uno dei suoi pezzi forti, cioè l'esacrazione della violenza. Alla fine l'incoscienza è la sconfitta che sposa il bene col male, anche quando si chiude l'ennesimo cerchio. CITAZIONE Visto. Bellissimo. Scorsese torna al suo meglio (Gangs of New Tork e Aviator li considero film abbastanza mediocri) con un film complicato che mostra le figure complementari dei due protagonisti: Matt Damon è un criminale infiltrato nella polizia e Di Caprio è un poliziotto infiltrato in un'organizzazione criminale. In due ore e mezzo di film non ci si può mai distrarre grazie a un ritmo frenetico (perfetto..) e a una regia stupenda che ci stupisce a ogni ripresa. Spiazzante (ma non brutta) la fine tragica. Damon non è un grandissimo attore e qui dimostra tutte le sue debolezze: risultato: recitazione non perfetta. Bravo, invece, Di Caprio che, forse grazie alla sua faccia da criminale, fornisce una bella interpretazione. Mi ha sorpreso anche Marc Wahlberg, attore solitamente mediocre, che si mimetizza perfettamente con la parte di poliziotto bastardo. Strepitoso, poi, Nicholson che dimostra di essere uno dei migliori attori in circolazione. Molto ben scelta anche la musica di Howard Shore(è quello del Signore degli anelli). Mi aspetto almeno l'oscar per la regia se non per questo film almeno come risarcimento per tutti i premi che gli sono stati negati...
Voto:*****(TOMMY) CITAZIONE Dopo la delusione di “The Aviator”, ecco Martin Scorsese tornato alla grande.. proprio come penso, molti lo stavano aspettando. Venerdì è stata la volta di questo film, che ho visto in compagnia di Papele, Tomo e Jugger.. capirete i complessi d’inferiorità quando si guarda un film con tre tipi così Razz Non sapevo nulla della versione di Hong Kong “Infernal Affairs” e soprattutto non sapevo che esistesse, se non me l’avesse detto Papele..ma penso che a volte sia meglio, per alcuni film “remake”, non guardare indietro all’originale per evitare delusioni o sottolinearne differenze troppo marcate. Beh, per me in generale è così: se guardo un film, ci tengo a non saperne nulla di precedenti versioni, ci tengo a godermelo partendo da zero, come se fosse l’unico esemplare di una serie.
Comunque torno a “The departed ”e alla serie di discussioni nate intorno alla questione del significato del titolo.. che una volta guardato il film si mette meglio in relazione ai due protagonisti: Matt Damon (il Sergente Sullivan) e Leonardo Di Caprio (Billy Costigan), il Bene e il Male.. o meglio il Male e il Bene. Si, perché devo ammettere che dopo una buona oretta e mezzo, ancora non ero in grado di capire chi fosse il poliziotto vero e chi l’infiltrato, la cosiddetta “talpa” della polizia di Boston. Embarassed E sarà per la somiglianza fisica tra Matt e Leo, sarà che il film forse forse vuole proprio creare questa sorta di dubbi, solo da un certo punto in poi si comprende che Matt (il ragazzo perfettino e il poliziotto da premiare) è il pupillo di Jack Nicholson (Costello) e Di Caprio il poliziotto “vero” dai modi un po’ rudi e violenti ( quanto mi è piaciuto!), messo lì nella banda del boss. Personalmente mi sono schierata dalla parte di Leo, (e si era capito), ancor prima che in tutto quel caos mi rendessi conto che lui è il Bene, perché con il suo modo di fare, è lui quello con le palle! Ogni suo pugno e scazzottata era un godimento.. nel senso che mi scaricava della tensione accumulata durante altri momenti del film. Cool Matt Damon invece, ci viene presentato come il poliziotto dedito solo a non far scovare se stesso (cosa legittima, deve pur salvarsi il culo), ma vengono sottolineati alcuni atteggiamenti “negativi” (per me) spesso dalle sue incertezze, ad esempio al telefono con Nicholson/papà, oppure dal fatto che vive tutto in un continuo stato di agitazione, soprattutto il rapporto con la psicologa (che poi resta incinta, ma dato che Leo è quello con le palle e lei va anche con lui.. beh, si capisce, no?).
Un buon risultato anche per Nicholson, per la sua ottima interpretazione, in particolare per alcune espressioni e facce.. il lato divertente del film è in molti momenti legato a lui. Mi ha fatto ridere.
The “departed”, è un aggettivo sia singolare che plurale (come mi insegna Papele). Sempre Papele poi mi ha chiesto, a chi dei due legherei quest’aggettivo. Beh, se è pure plurale, devo dedurre che si riferisce sia a Matt Damon che a Leonardo Di Caprio, entrambi sono le “talpe” nascoste nelle tane dei rispettivi nemici. Cmq a me viene da associarlo più a di Caprio che a Damon, forse solo perché è Leo che in più e più occasioni (anche a giochi ormai finiti), dichiara di voler riavere la propria identità. Qualcuno gliela potrà ridare? Sì, ma solo in un'altra vita.
Conclusione : Non potete non vederlo! (COLOMBA) CITAZIONE Visto la settimana scorsa e non posso far altro che concordare con la maggior parte dei giudizi espressi finora: "The Departed" è davvero un gran bel film, che si basa su una sceneggiatura dai meccanismi perfetti e che trova nella dinamica regia di uno Scorsese in gran forma un indiscutibile valore aggiunto... Cast in stato di grazia (nessuno escluso) dalla affiatata coppia protagonista Di Caprio/Damon, alla gigantesca presenza di Nicholson, fino ai "comprimari" Martin Sheen e Alec Baldwin. Finale assai azzeccato anche se, fino a poco prima della scena finale, mi è venuto spontaneo paragonarlo al finale, amarissimo, di "Mystic River". Fino alla scena finale, però, che sembra ristabilire un po' di ordine e smorzare il pessimismo che altrimenti sarebbe stato più "totale" (e devo dire che forse avrei gradito il finale più crudele e cinico, con le spie diventate eroi e gli eroi onorati con un prevedibile, quanto inutile, riconoscimento post mortem). Ma forse Scorsese non se la sentiva di darci lo stesso pugno allo stomaco di Clint, e va bene lo stesso così (tanto di carne al fuoco ce n'è tanta ugualmente). Mi viene solo da storcere un po' la bocca nel leggere le rece dei soliti critici che hanno salutato questo film vedendolo come il ritorno di un grande regista dopo 2 film sbagliati: posso concordare sul fatto che "The aviator" sia poco personale e poco riuscito ma "Gangs of New York" è un film che non liquiderei con troppa semplicità... perchè ritengo sia un film che dica molto e si presti a nuove e più interessanti letture ogni volta che lo si rivede. In "Gangs" troviamo la stessa veritiera confusione tra bene e male, tra vittima e carnefice, che balza invece più facilmente all'occhio nel recente "The Departed".
WORLD Cool p.s. E sono forse l'unico che ora, a posteriori, non si ritrova a sminuire il valore del personaggio di Bill il macellaio a paragone con il Costello di Nicholson? A me piacciono entrambi ma nell'affetto quasi paterno che Day Lewis prova per Di Caprio in "Gangs" ci vedo "qualcosa di più" della mefistofelica presenza di Nicholson in "The Departed" e del suo rapporto sia con Damon che con Di Caprio... (pensandoci bene il paragone è, forse, del tutto capzioso... ma se ho aperto questa parentesi è perchè è uno dei punti su cui si soffermava una delle critiche sopra citate, quindi m'interessa anche sapere come la pensate voi! Wink ) (WORLD) CITAZIONE Visto ieri sera, molto bello... come spesso succede A Scorsese parte piuttosto piano ma poi diventa incalzante e tesissimo nelle sue svolte narrative. Grandioso il parallelo iniziale del doppio infiltrato col "male" Damon che si gode promozioni, donne e lussi e il "bene" Di Caprio che si deve sporcare anche l'anima per infiltrarsi. Parte centrale su Costello e la sua megalomania, anche io ci ho visto un parallelo col macellaio, ha 70 anni e vede la fine vicina (non gli servono più nemmeno le donne, dice in un punto) e quindi tira troppo la corda (il macellaio sceglieva il suo "erede" e uccisore). Finale pieno di colpi di scena e carneficina più totale, magari non imprevedibilissimo ma porca l'oca un film USA che si spinge a far morire così il vero protagonista del film non ce lo si aspetta nemmeno da Scorsese. Alcune scene sono cult assoluti, la telefonata tra i due in primis (tesissima), alcuni dialoghi brillanti tra i poliziotti sono molto divertenti (Whalberg con un capello improbabile ha una parte spettacolare che valorizza al meglio) e attori in palla, Nicholson una parte così la fa con un filo di gas (grande l'incipit in cui appare solo come silhouette), Di Caprio già si sa che è un grande, efficacissimo anche Damon in una parte orribile: il furbo bastardo doppiogiochista che sta con gli assassini (e sa farsi odiare fin da subito, quando fa il piacione sbruffone con le donne, rimorchiando addirittura la tipa sognatrice che rinuncia alla carriera perchè crede nei servizi sociali). Gran film, adrenalina a palla, grandi personaggi, sceneggiatura movimentata e tesa, regia di un maestro al quale non si può che inchinarsi.
Voto 8, per ora miglior film della stagione. NORMAN CITAZIONE The Departed è uno di quei film che lasciano il segno. Remake del poliziesco di Hong Kong Infernal Affairs (che è poi diventato il primo capitolo di una trilogia), la pellicola è ben più del semplice thriller che veniva presentato dal trailer. È anzi un film dolente, tragico e pessimista, poco americano pur iscrivendosi in un genere, il poliziesco, che ha fatto la fortuna del cinema statunitense e interpretato da un cast sontuoso e molto "hollywoodiano". La trama è quasi un campionario dei cliché del genere: Boston ("departed" è il termine con cui nella città si indicano i defunti) è tenuta in pugno dall'organizzazione criminosa di Frank Costello (Jack Nicholson). La polizia di Stato infiltra uno di loro, peraltro non estraneo a quel mondo (zio e padre pochi di buono), nell'organizzazione di Costello, il quale, tuttavia, infiltra uno dei suoi nella polizia. La pellicola segue questo gioco di specchi fino al sanguinoso epilogo. Scorsese si dimostra ancora una volta un grande regista, probabilmente il migliore vivente: dirige benissimo con scelte e intuizioni registiche non banali (regalando anche numerose citazioni a capolavori del passato, che insaporiscono ancora di più la minestra) e gestendo la tensione, essenziale in un film del genere, in modo eccellente. Il risultato è un film vibrante e avvincente (ma, come detto, molto più di un semplice thriller), che mescola i generi: il già citato poliziesco, il gangster movie e il noir. Genere quest'ultimo che si avverte soprattutto nei personaggi, tutti ben costruiti, tridimensionali, anche quelli apparentemente "a una dimensione", e interessanti, ma, soprattutto, sfuggenti e duplici, come la psicologa interpretata dalla bella Vera Farmiga. La donna conduce un ambiguo rapporto a tre, con i due protagonisti: si innamora e si sposa con Colin (Matt Damon), l'uomo di Costello, eppure non riesce a sottrarsi al fascino di Billy (DiCaprio), il "buono". Proprio in questo suo essere poco manicheo, e quindi poco americano, il film trova il suo punto di forza. Il cast recita in maniera sublime: Nicholson (magistralmente doppiato da Giancarlo Giannini) è divino. Il suo personaggio è folle, eccessivo, luciferino, ambiguo, conscio della fine eppure disperatamente aggrappato al potere e sembra scritto su misura per l'attore americano, che ha fatto la sua fortuna con questo tipo di personaggi. DiCaprio e Damon sono, detto brutalmente, bravissimi: difficile scegliere il migliore, comunque. DiCaprio riesce a zittire anche i suoi numerosi critici con una prova maiuscola, passionale; tratteggia con perizia e senza cadere nella macchietta un personaggio paranoico e ossessionato, trasmettendo la sua ansia allo spettatore, che si identifica in più punti con lui. Damon è perfetto con la sua faccia da bravo ragazzo: il suo personaggio è sgradevole, cattivo fino al midollo eppure fascinoso. Billy e Colin sono due facce della stessa medaglia, con parecchie sfumature e zone d'ombra. Bellissima la prima telefonata tra i due, silenziosa ma angosciante, come bellissimo è l'inseguimento di Billy dopo il colloquio di Colin con Costello nel cinema porno. Il resto del cast è una piacevole conferma (Sheen e Baldwin hanno una classe che non si discute), mentre le due sorprese del film sono Mark Whalberg (il personaggio più antipatico del gruppo, ma paradossalmente simpatico) e la Farmiga, cui viene dedicata anche una bella scena d'amore. Dialoghi crudi e spietati ma non esenti da una certa ironia (che non stona col tono della pellicola, anzi). Finale pessimista e shakespeariano, anche se forse un po' prevedibile. In definitiva, un film bellissimo. (ARCADIA) CITAZIONE Premetto: ho visto “Infernal Affairs”. E, probabilmente, proprio avendo visto l’originale ho apprezzato di più il remake di Scorsese. Essendo la storia la stessa, mi sono potuto concentrare molto di più sulla regia, sulla fotografia, sul montaggio, sui dialoghi.
Stanley Kubrick, parlando dei suoi film, una volta disse che narravano di uomini del XX secolo gettati in una barca senza timoniere in un mare senza nome. Erano preda degli eventi e del fato. Lo stesso vale per i protagonisti di “The Departed": Sullivan e Costigan non hanno né passato né futuro, per vivere devono essere senza memoria e senza identità. Costigan per fare il poliziotto deve sporcarsi le mani e l’anima tra i criminali, mentre Sullivan che, per ingenuità, è un criminale ha ormai una vita rispettabilissima e non sa più che scelta prendere. E anche le loro uniche guide si riveleranno presto inservibili: Queenan (il bene) si farà ammazzare per proteggere Billy mentre Costello (il male) si ritorcerà contro il proprio protetto. Si dimenano e si contorcono in mezzo a scoppi di violenza, sapendo soltanto che quando hai davanti una pistola carica, qual è la differenza? Entrambi sono ossessionati dalla possibilità di essere scoperti, di fare un passo falso. E sanno di essere morti che camminano in attesa della chiusura del cerchio.
Il cast è in formissima. Leonardo Di Caprio si supera, il suo volto sofferente incide e la sua performance raggiunge un grande livello di profondità. Matt Damon fa il bravo soldatino e convince. Mark Wahlberg mai visto così bravo. Jack Nicholson è un fuoriclasse, si diverte a fare il cattivo, si controlla e ogni tanto si esalta: magnifico. Paterna è invece la presenza di Martin Sheen. Ed è una gradevole sorpresa quella di Vera Farmiga, attrice che non conoscevo.
Scorsese costruisce un rifacimento critico che, forte della solida base alle spalle, può gestire come meglio crede tutte le tematiche che un intreccio simile può possedere, cercando di cucirle addosso alla società americana (come aveva già fatto con “Cape fear”). Lontano da New York il regista italo-americano prende una boccata d’ossigeno: la macchina da presa si muove sinuosa con movimenti avvolgenti, dolly, virate, inquadrature verticali e sguardi obliqui. Insomma, un saggio di regia di rara efficacia, una messa in scena che è un susseguirsi di virtuosismi, perfettamente aderenti alla narrazione, che non risaltano all’occhio, che mostrano la freschezza di uno dei migliori registi viventi. “The Departed” dura due ore e mezza e nemmeno te ne accorgi, è un flusso ipnotico che ti cattura e ti centrifuga dentro un incubo metropolitano senza vie di fughe, senza risveglio. Da bravo cinefilo, segue la lezione di Hitchcock (giocare con lo spettatore a carte scoperte) e tocca vette di suspence insostenibili. Da grande esteta, Scorsese realizza un film dall’astratto impianto cromatico, oppresso dai riflessi delle vetrate dei grattacieli di giorno e dalle ombre infide di notte. E mette, nuovamente, in scena la tragedia e le paranoie di una società e del suo autodistruttivo stile di vita. (NOODLES) Inutile ricordare che il film è stato il primo di Scorsese premiato con la statuetta best Picture agli Oscar, dopo una carriera più che trentennale... e ricca di ben altri capolavori.
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