| Continuo a concordare con Francis al riguardo. A parer mio La fabbrica di cioccolato rimane, nonostante tutto, l'ultimo film in cui Burton è riuscito a mettere qualcosina della sua poe-tica. Tanti gli argomenti ancora a favore: l'ottima prima parte, col bambino e il suo spasmodico desiderio (reso in maniera onesta) di trovare il biglietto; la situazione di povertà della sua famiglia, tra ironia grottesca e toni dickensiani; la raffigurazione di Wonka quale capricciosa e turbata popstar in stile Michael Jackson. A sfavore, i troppi balletti, l'eccessivo sfavillio delle scene, il brand "Burton" che comincia a essere pericolosamente preponderante su tutto il resto. Ma su tutto gioca ancora a favore un finale assai ambiguo, solo apparentemente happy e sdolcinato, con quella che ho sempre visto come una resa del piccolo protagonista, che accetta di condividere l'esilio dorato di Wonka (diventando, di fatto, suo erede) trasportando dentro la fabbrica tutta la sua famiglia, con tanto di casa: l'happy end vero ci sarebbe stato solo con la fuoriuscita di Wonka, quel che accade è invece l'inverso.
Se si esclude la parentesi rappresentata da La sposa cadavere, è da Sweeney Todd in poi che la vena creativa di Burton può dirsi del tutto isterilita, con Sweeney spettacolone fatto unicamente di maniera (comunque di qualità, rispetto alla maggioranza delle cose che si vedono in giro, ma di maniera e basta si tratta), per non parlare del recente Alice, che oltre ad essere sterile ho trovato veramente brutto assai, indifendibile sotto tutti i punti di vista.
p.s. Il mio voto a La fabbrica di cioccolato è 6,5
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