| Allora, come sapete, ho deciso di cancellare Notte Selvaggia dal romanzo di Thompson, per tutta una serie di ragioni che vanno dalla scelta del regista alla difficoltà stessa di adattare il progetto (che avrei voluto cambiare in alcuni punti e di molto) al poco tempo che ho per via dello studio (anche se ho deciso di spostare tutti gli esami - gli ultimi - alla sessione invernale di Gennaio-Marzo per prepararli al meglio). Io avevo anche scritto l'incipit, quattro pagine (di sana pianta, visto che l'inizio del romanzo è diverso) che ora vi sottopongo, un po' per curiosità (chi ce l'ha) un po' perché sono arrivato a un numero dispari di messaggi scritti sul Forum, e a me i numeri dispari non piacciono (è una delle mie solite fisse). Ecco qua quanto scritto, ovviamente prima stesura (poi avrei cambiato molto in fase di revisione):
Dissolvenza in apertura.
E’ il primo pomeriggio di una domenica di Settembre. Siamo su una polverosa e assolata autostrada degli Stati Uniti. Non c’è anima viva per la strada e si respira un gran senso di desolazione e solitudine: si intravedono, a perdita d’occhio fino all’orizzonte, sterpaglia, alberi brulli e spogli, erbacce. Il cielo è terso e il sole battente: fa molto caldo, lo si intuisce chiaramente.
In un angolo a sinistra dello schermo, qualche collina e pali elettrici.
La mdp inquadra la scena in campo lungo per qualche secondo. Dunque, la mdp si volge verso la sua destra e inquadra, sempre in campo lungo, una piccola tavola calda, la cui insegna è ormai illeggibile a causa dell’usura causata dal tempo: si intuisce comunque una “D” scritta in un colore rosso ormai scolorito, l’iniziale di “Diner”, presumibilmente. Seduto davanti all’entrata del locale, un uomo di circa trent’anni, dalla carnagione olivastra. La mdp gli si avvicina lentamente. Il barista calza un cappello che tuttavia non lo protegge dalla forte calura, come notiamo dalle abbondanti chiazze di sudore che gli si insudiciano la canotta che indossa. L’uomo appare stanco e sta sonnecchiando: sicuramente ha lavorato per parecchie ore di fila e non si è fermato, se non forse per qualche sigaretta o caffè. La mdp lo inquadra in mezza figura, dunque si volge alla sua destra di qualche centimetro, inquadrando così l’interno del locale, che possiamo vedere grazie alle vetrate: non c’è nessuno. La mdp ritorna quindi dal barista, che si sistema meglio sulla sedia su cui è seduto.
La mdp si allontana di nuovo dal barista, volgendosi alla sua sinistra: in campo appare una automobile, una berlina di colore chiaro ben tenuta, che sembra quasi essere uscita in questo momento dalla concessionaria. L’auto si ferma davanti alla tavola calda: ne scende un Uomo, che non vediamo in viso.
La mdp lo inquadra di spalle, ed è posta dal lato del passeggero dell’automobile.
L’uomo sceso dalla macchina si muove: il barman, che stava sonnecchiando, si sveglia, quasi felice e sorpreso di avere un cliente. Infatti, si alza subito e scatta velocemente per aprire la porta del diner: l’uomo sceso dall’auto entra nel locale senza proferire verbo. Lo segue il barman: la mdp li segue.
Siamo ora all’interno del locale, come detto deserto. Dietro il bancone del bar, bottiglie di liquore. Intorno al bancone, tavolini. L’uomo sceso dalla macchina siede su uno sgabello davanti al bancone. La mdp lo ha seguito finora di profilo: quando lo straniero siede al bancone, la mdp compie un giro su se stessa e finalmente lo inquadra in volto: ha circa cinquant’anni, una leggera barba gli incornicia il mento. Una lunga cicatrice gli corre sulla guancia sinistra, dall’occhio al mento. (Ray Winstone). L’uomo parla.
Cliente:
Caffè.
Il barman prende un bricco di caffè e una tazza. Dettaglio del caffè versato nella tazza. Il barista porge la tazza al cliente (che chiameremo Winston), che beve. Restano in silenzio per qualche secondo.
Barman:
Da dove viene, amico?
Winston:
New York. Ma non sono tuo amico.
Barman
(spiazzato dalla durezza delle parole di Winston)
Cercavo soltanto di essere gentile.
Winston ride di gusto, pieno di scherno e derisione per le parole del barista. Nel locale torna il silenzio. Winston beve il suo caffè e lo finisce presto, poggia la tazza sul bancone e quindi fa segno al barman di versargli dell’altro caffè. Il barman esegue, Winston beve un sorso quindi lo guarda.
Winston:
Ci hai pisciato dentro, in questo caffè?
Barman:
Come ha detto, scusi?
Winston:
Sturati le orecchie. Ho detto: ci hai pisciato dentro, in questo caffè?
Il barman resta interdetto.
Barman:
L’ho appena fatto. Ed è della marca migliore in commercio.
Winston:
Cristo, guido da una settimana e tutto quello che voglio è bermi una bella tazza di caffè fumante. Non questa brodaglia che sa di piscio. A voi bifolchi dell’Arizona non vi riesce di fare un cazzo di niente.
Il barman non dice nulla.
Winston:
Quanti anni hai?
Barman:
Ventuno anni, signore.
Winston:
Ventuno? Davvero? Io ventuno anni fa stavo con le ginocchia immerse nella melma, sotto un bombardamento, rischiando la pelle e il culo ogni momento: e non parlo solo delle pallottole del nemico, ma anche della vita militare. Ma persino sotto le armi bevevo un caffè migliore del tuo.
Il barman e il cliente tornano in silenzio. Winston beve un altro sorso di caffè.
Winston:
Che fai quando non lavori qui?
Barman:
Nulla, non faccio nulla.
Winston:
Capisco. Immagino perciò che non hai nessuno a casa ad aspettarti: è così?
Il barman annuisce. Winston ride.
Winston:
Cazzo, e io che pensavo che i baristi rimediassero tanta di quella fica.
Barman:
Non è così, purtroppo.
Winston:
Capisco. Del resto, è difficile rimediare una puttanella che te lo ciucci in questo posto dimenticato da Dio. Sbaglio?
Barman:
No, affatto.
Winston:
E dunque, che fai? Te lo smanetti sui filmetti porno?
Barman:
Signore, lei vuole scherzare.
Winston:
Io non scherzo, amico. Io mi limito a esporre i fatti così come sono. Dico la verità nuda e cruda.
Nel locale, torna il silenzio.
Barman:
Signore, le devo chiedere di andarsene.
Winston:
Capisco. Suppongo che devo pagarti, a questo punto.
Il barman annuisce.
Winston:
Quanto?
Barman:
Un dollaro.
Winston
(ridendo)
Ora sei tu che scherzi. Questa merda di caffè non vale nemmeno un centesimo.
Barman:
Allora, vada via senza pagare e non torni mai più.
Winston:
Troppa grazia, amico.
Winston fa per alzarsi dallo sgabello. Colpisce improvvisamente il barista al naso: quello barcolla e va a finire contro lo specchio che ha dietro. Il vetro si frantuma. Winston salta il bancone con un’agilità insospettabile per un uomo della sua stazza e si pone davanti al barista. Lo colpisce allo stomaco con una serie di calci. Il barista geme sempre più a ogni colpo. Dunque, Winston tira fuori dal giubbotto una pistola.
Nella soggettiva di Winston, vediamo gli occhi del barman: vi leggiamo la paura e il rimpianto per la morte in una squallida tavola calda.
Winston spara al barista, centrandolo in fronte. Il cervello schizza fuori dalla testa: la materia cerebrale schizza fuori dalla testa e imbratta i mobili. La mdp inquadra dall’alto la scena: una pozza di sangue si allarga, circondando la sagoma senza vita del barista.
Winston va alla cassa: la apre e prende dei soldi. Quindi esce dalla tavola calda.
Stacco.
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