| LARGO AL FACTOTUM! Le recensioni di Francis Delane
Da quanto tempo non recensivo il film di un quasi esordiente... benvenuto fra noi, Luca della Ramaya, ti auguro buona permanenza!
Dunque, se non sbaglio, il buon Luca in questo semestre ha fatto uscire tre film: una quota non da poco, considerando che molti vecchi giocatori fanno fatica a raggiungerla. Io ho letto solo questo, e devo dire che il ragazzo ha decisamente della stoffa. Saggiamente (forse per frutto di buoni consigli), il nostro neo-arrivato ha adattato un romanzo, cimentandosi con la difficile (ma buona per imparare il mestiere) arte dell'adattamento. Non conosco il romanzo originale, ma a giudicare dalla sceneggiatura, sembra essere un bel romanzo. La premessa è quasi geniale, con l'inversione della celeberrima metamorfosi kafkiana, che vede uno scarafaggio diventare, almeno fisicamente, un uomo, e quindi costretto a fare i conti con la sua nuova natura. Farlo capitare fra dei gangster, ecco, già mi pare meno geniale, specie contando quante altre possibilità c'erano a livello di dramma sul tema dell'umanità persa, guadagnata o posseduta; e tuttavia, anche l'ambientazione gangster ha il suo pregio, perché il cinema ci ha spesso insegnato come da contesti di genere si possano raggiungere profondità di livello metafisico.
Il film rende molto bene l'atmosfera della mafia greca, e utilizza con discrezione tutti i mezzi forniti dall'ambiente. Breve e serrato, il film non concede molto tempo alla riflessione e stringe molto, invece, sull'evoluzione di Jerry Blatta, che da animale spaventato dalla sua nuova condizione diventa poi un umano animalesco, insensibile alla sofferenza dei propri simili, e da questa reso molto più astuto e letale dei suoi oppositori, mentre il suo secondo Acaro riscopre quei barlumi di umanità che sembravano spenti. Appassiona, quindi, il film, e coinvolge, grazie a un cast azzeccato (specialmente Liev Schreiber e Milo Ventimiglia, bravissimi).
Il problema è che rimane però tutto molto superficiale, e qui la regia di Cronenberg è stata un po' un'esagerazione. Un maestro delle atmosfere malsane e dei conflitti d'identità come il canadese non avrebbe infatti perso l'occasione di soffermarsi di più sul contrasto animalità-umanità, dando ben altra dimensione al percorso opposto di Jerry e Acaro, alla loro evoluzione/involuzione, e al confronto con la violenza. Invece, il film passa bruscamente da uno scenario all'altro, non ci fa godere nessun cambiamento di alcun genere fra il Blatta iniziale spaventato e confuso e quello violento e implacabile, né ci consente di credere ai dubbi di Acaro, che rivela scrupoli morali del tutto inaspettati e improvvisi (oltre a glissare completamente sul possibile triangolo dei due con Celia). Il conflitto mafioso non appassiona più di tanto, e alla fine l'impressione che resta è di un racconto che poteva essere profondo ma invece si è adagiato sulla routine di un film di genere, seppur ben scritto.
Riguardo a questo, a essere sincero, qualche ritocchino allo stile di Luca va dato. Meno tre punti nei dialoghi, ad esempio, e un più ampio uso della punteggiatura nelle didascalie non avrebbe fatto male, così come la presenza di una frase che in una didascalia non ci va (perché queste devono essere il più "oggettive" possibili, non mi ricordo quale ma la cerco se Luca vuole approfondire la questione). Comunque, tutta roba facilmente correggibile.
VOTO: 6/10. Un discreto film di mafia che però, con simili premesse, poteva ambire a ben altre profondità, che rivela comunque doti non disprezzabili, che devono solo essere sviluppate.
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