| RECENSIONE DELLA GRANATO PRODUCTION
Non mi dilungherò nel riassumere una trama che conoscete benissimo, pertanto vado subito al dunque; il tanto discusso finale. Ha convinto pochissimi recensori e non c’è da stupirsi, una tale esplosione di violenza è del tutto imprevedibile quanto fuori luogo, se vogliamo, ma il film, in realtà, qualche piccolo segnale qua e là credo lo diea e se vogliamo proprio essere onesti, in Louise ho sempre sospettato qualche patologia strana. Quella che all’inizio si preannuncia essere un’intensa storia d’amore, col trascorrere dei minuti cambia sensibilmente, trasformandosi in qualcosa d’altro. E se all’inizio il comportamento di Louise poteva intenerire ed emozionare, dopo metà film, si avverte in lei un comportamento quasi malsano che alla lunga stanca e disturba. L’incanto, la poesia, s’infrange ancor prima dell’epilogo. Il finale conferma questi miei dubbi, amplificati in maniera esponenziale dopo il dialogo fra lei ed Henry, quando lei gli rivela di aver vissuto con suo marito per soli due mesi… una forzatura, insieme ad altre piccole situazioni un po’ troppo tirate per i capelli che, finalmente, trovano un senso nell’omicidio di Henry e nella tragica scoperta sulla reale morte di Peter.
La sceneggiatura è senz’altro breve, la storia si consuma incredibilmente in fretta e questo non è un aspetto positivo per un film drammatico che ha bisogno di tempi più lunghi per essere veramente assaporato. Senza un finale così prepotente (chiamiamolo così) avrei visto in questo film gli stessi limiti che trovai in “Une vie” (Oren Production); ovvero un buon soggetto, bei personaggi, una sceneggiature ben scritta, a tratti emozionate, ma impoverita da un intreccio narrativo sintetico e piuttosto piatto. L’accostamento tra “Mind the gap” e “Une vie” non va certo preso alla lettera; sono film completamente diversi, il secondo, decisamente meno riuscito del primo, ma entrambi soffrono per la brevità e per la “banalità” di alcune situazioni che in fretta si risolvono, senza tanti stravolgimenti.
Di Joe Wright non ho mai visto alcun film e me ne vergogno, rimedierò in futuro, ma fino ad allora non potrò ovviamente esprimere un giudizio critico rispetto la scelta d’ingaggiare questo artista per la regia del film e, soprattutto, quanto la sceneggiatura abbia esaltato il suo stile. Dando un’occhiata alla sua filmografia mi è sorto qualche dubbio, ma a prescindere che la scelta sia più o meno verosimile, voglio comunque evidenziare quanto di buono è stato fatto rispetto le descrizioni e i movimenti di macchina, con alcune riprese davvero suggestive. Nota di merito anche per i credit animati e la colonna sonora. I brani si contano sulle dita di una mano, ma sono efficaci e raggiungono lo scopo.
La locandina è ben fatta, ma la trovo poco adatta al genere e sembra promettere un film completamente diverso da quello che ci attende, ma in fondo chissenefrega? “Mind in the gap” è il film delle promesse non mantenute, e quindi va bene così!
Voto 77/100
Questa piccola pellicola mi è piaciuta molto e ho apprezzato la volontà di sperimentare un finale diverso e originale. E’ un film che meriterebbe una seconda lettura per scovare i pochissimi segnali d’instabilità che emergono dal comportamento di Louise, prima del tragico epilogo. Ovviamente la curiosità di scoprire il finale originale è fortissima, perché ne sarebbe uscito un film completamente diverso e, probabilmente, con qualche limite in più, non solo legati alla brevità del racconto, ma anche dal comportamento stesso di Louise che mai mi ha convinto fino in fondo.
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