| LARGO AL FACTOTUM! Le recensioni di Francis Delane
Purtroppo non sono riuscito a concretizzare il mio proposito di leggere almeno i film al cinema virtuale entro una settimana, e ahimé, domani devo partire per la montagna, in un posto dove il cellulare non prende per molti chilometri (quindi il computer non me lo porto nemmeno), e dove vado non solo in vacanza, ma a partecipare a un'iniziativa che non so quanto tempo libero mi lascerà. Ma stasera sono ancora libero, e la dedicherò all'attività di lettura e recensione di almeno due film, forze permettendo (e in mezzo, lettura/apertura/risposta di/a topic).
Allora, partiamo da questo horror di Hermes, che agli Awards ha ottenuto soddisfazioni importanti, e che, se fosse stato fatto un po' più ordinatamente, avrei adorato fino in fondo. Eh sì, perché il buon Hermes stavolta ha messo in campo tematiche, idee e atmosfere cui uno come me indifferente non può restare, specie in un periodo in cui il suo interesse si sta sempre più appuntando sulla fiaba. E fiaba d'iniziazione, l'horror di Hermes lo è, nel cammino attraverso la foresta che stavolta, invece che dai bambini, viene percorso dagli adulti in cui si è risvegliato lo spirito infantile che porta a infrangere le regole a causa della curiosità, con perfino i topoi quant'altri mai fiabeschi della lotta contro i lupi, delle figure stregonesche legate alla natura (Maggie), del confronto con la Bestia-Pan. Su questo tronco, la sceneggiatura innesta poi l'altro ramo di sapore epicheggiante della strada verso la conoscenza, con la figura odissiaca di Luke Evans, e quello gotico dello scontro con l'animalità, la brutalità insita in ciascuno di noi, Hyde che risvegliato dalla curiosità di Alice si rivolta contro Jekyll. E infine, c'è il lato "fantasy-storico", quello dello scontro fra la civiltà pseudo-cristiana bigotta, la paganità minacciosa ma in qualche modo naturale e (lato che ho apprezzato tantissimo) la degenerazione di quest'ultima incarnata da Ulrich, che nella sua perversione non c'entra assolutamente nulla con Pan e giustamente viene da questi rifiutato e condannato alla morte (peraltro, diventando metaforicamente un animale).
Insomma, ce n'è abbastanza per alzare di molto il livello "epico" del film, la sua capacità di inserirsi e rielaborare l'immaginario popolare, e nel processo rivelarsi anche inquietante e coinvolgente. Tutte condizioni che la sceneggiatura, scritta benissimo, convoglia in pieno, descrivendo perfettamente sia l'evoluzione/involuzione degli uomini sia il degenerare della situazione al villaggio, con le scene agghiaccianti della progressiva pazzia e perversione di Ulrich (è peraltro destino che al buon Jamie Campbell Bower e alla "verginale" Tamzin Merchant tocchino sempre queste parti: chi si ricorda Il paradiso del diavolo di Andrew e il mio Vampires?)
Il problema è che, a una parte centrale quindi di bellissimo effetto, non mi è parso corrispondano un inizio e una fine di uguale valore. Da un lato, ci manca tutta la descrizione della normale vita di paese, eccezion fatta per i problemi matrimoniali di Bernard e la sua attrazione verso Janette, che ci danno l'impressione illusoria che siano loro i protagonisti. La normalità della vita pre-fune ci viene descritta in modo retroattivo, dalle reazioni dei paesani alla presenza dell'elemento disturbante, quando però ormai la presenza dello strano oggetto ha già iniziato a contaminarla. Tuttavia, certe cose sarebbe stato meglio vederle dal vivo, come le prediche del prete, l'attività di Luke Evans come venditore di libri e le sue notizie dal mondo esterno, le dicerie sulla madre di Ulrich che potevano uscire un po' prima... ecco, dalla metà del film in poi si ha quasi la sensazione di una novità aggiunta una dopo l'altra in progressione quasi caotica, e non è una bella idea, mentre presentare invece la vita del villaggio prima e l'azione della fune dopo sarebbe stato, a parer mio, molto più incisivo. Questo per l'inizio.
Dall'altro, il finale: che è irrisolto, per due motivi. (1) L'apparizione di Pan è veramente troppo da deus ex machina, e dà una spiegazione "razionale" un po' troppo improvvisa a tutto quello che è successo prima, che deve essere così rielaborata dallo spettatore un po' troppo di corsa, a mio parere. (2) Ci poteva stare che, dopo quel che è successo, tutti vadano a vivere nei boschi e abbandonino il villaggio (Pan essendo pur sempre divinità pagana che richiede un culto particolare), ma allora sarebbe stato molto meglio vederlo, sposando fino in fondo l'idea "ideologica" del ritorno ambiguo alla natura. Invece, un finale simile lascia lo spettatore a chiedersi cosa è successo dopo il ritorno degli uomini al villaggio, a chiedersi se davvero l'intera comunità ha accettato questo "lieto fine" (improbabile, visto che le donne NON sono andate nel bosco e hanno visto solo la depravazione di Ulrich). Insomma, non si capisce se interpretare il finale in senso ambiguo (ma allora Pan doveva essere preparato meglio) o nel senso "ideologico" (che però non soddisfa).
VOTO: 7/10. Grandi premesse, bellissimi momenti, intelligente rielaborazione di tutto un immaginario, buona interpretazione del cast (e sì, Campbell Bower meritava su De Niro), grande atmosfere: come confezione, un horror con i fiocchi. Peccato che la trama non sfrutti appieno le potenzialità delle sue tematiche.
|