| da trovacinema: (in settimana Gomorra e Reality in tv, poi segnalerò orari e canali)
di Chiara Ugolini
Forte dei riconoscimenti conquistati dal suo cinema - due volte Grand Prix a Cannes con “Gomorra” e “Reality” - Matteo Garrone firma “Il racconto dei racconti”, un film coraggioso ambientato in un mondo fantastico ma estremamente vero, prende ispirazione da tre racconti del seicentesco “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile ma spinge ancora più a fondo a livello di immagine e di racconto. Il film sarà in concorso al festival di Cannes insieme a “Mia madre” di Nanni Moretti e “Youth - La giovinezza” di Paolo Sorrentino, un tris italiano che non si vedeva da oltre vent’anni. Uscirà in sala in contemporanea con il festival, il 14 maggio, in più di 400 copie. «Abbiamo scelto “La Pulce”, “La vecchia scorticata” e “La cerva fatata”, ma poi abbiamo preso suggestioni anche da altri racconti - spiega Garrone - è stato difficile sceglierle tra le cinquanta storie del “Cunto”, avevamo anche iniziato ad adattarne altre poi ci siamo concentrati su queste tre che avevano in comune la figura della donna in tre diverse età. È stata una sofferenza non farne una serie tv, magari la faremo, sicuramente se ne potrebbe fare un seguito». I protagonisti sono tre sovrani, tutti a modo loro vittime delle proprie ossessioni e dei propri desideri. Salma Hayek è la regina di Selvascura, disperata perché non può avere un figlio, pronta a mangiare il cuore sanguinante di un drago marino perché sembra che solo così potrà restare incinta. Vincent Cassel è il gaudente re di Roccaforte alla ricerca continua di nuovi piaceri: finisce a letto con una vecchia che ha saputo gabbarlo con una voce angelica e che poi la magia trasforma in una giovane bellissima. Toby Jones è il sovrano di Altomonte che trascura la sua unica figlia per allevare una pulce che ingrassa tanto quanto un maiale; morta di vecchiaia la pulce, il re espone la pelle della pulce e decide che darà in sposa la figlia al cavaliere che saprà indovinare a quale animale appartiene la pelle. Se l’aggiudicherà un orco. Nel cast anche gli italiani Alba Rohrwacher e Massimo Ceccherini nei panni di due circensi, Renato Scarpa in quelli di un barbiere e Giselda Volodi in quelli di una dama di corte. I cunti moderni di Basile. «Quando ho letto Basile - dice Garrone - mi è stato subito molto familiare, un genio assoluto. I suoi racconti mi hanno colpito per originalità, ricchezza di immagini e per la bellezza dei personaggi. Spero che questo autore, che ha ispirato tutti i più grandi narratori di fiabe, da Andersen a Grimm passando per Perrault, e che da noi è sconosciuto, abbia l’opportunità grazie al film di incontrare il pubblico. Il desiderio è sicuramente ciò che muove tutti i personaggi e mi è piaciuto ritrovare in queste fiabe certi temi, certe ossessioni dei miei film precedenti come le trasformazioni del corpo. In fondo “L’imbalsamatore”, la storia di un nano che si innamora di un giovane bellissimo, potrebbe essere una storia di Basile ambientata nella modernità». La scommessa del fantasy. Per questa scommessa produttiva, giocata in prima persona su un progetto da 12 milioni di euro, Garrone ha tentato il tutto per tutto. «Ho fatto una scelta masochistica, lanciarmi in un genere che non avevo mai fatto: un fantasy con venature horror. Mi sono ispirato a Mario Bava, a certi corti di Pasolini ma anche al “Pinocchio” di Comencini, a “L’armata Brancaleone” di Monicelli e naturalmente al “Trono di Spade”. Anche se ho cercato in tutti i modi di fare un fantasy diverso da quello di impostazione anglosassone. Volevo che l’identità italiana e napoletana fosse forte, probabilmente l’idea giusta è stato far venire le grandi star in Italia - continua il regista - portare Salma Hayek, Cassel, Jones qui da noi piuttosto che andare da loro. Poi per me era importante che rimanesse forte l’elemento artigianale, cioè che i mostri fossero realmente sul set e non completamente in digitale. Inoltre i luoghi, dalle siciliane Gole dell’Alcantara al pugliese Castel del Monte, dovevano essere posti reali ripresi come se fossero teatri di posa». «La lavorazione? Un inferno». «Mentre scrivevo il film ero convinto che mi sarei divertito moltissimo a girarlo - racconta Garrone - invece la lavorazione è stata un inferno: abbiamo avuto mille difficoltà, da quella volta che l’orco ha picchiato Ceccherini, a quando si è slogato una caviglia e ho dovuto prendere come controfigura un buttafuori che non gli somigliava nemmeno. Mi sono messo completamente in gioco, a partire dal linguaggio, temevo di non riuscire a padroneggiare i dialoghi in una lingua non mia, invece sul set ho sentito di avere la sensibilità per capire se qualcosa non funzionava. Ho fatto saltare i miei schemi: girare in sequenza, usare la macchina a mano… niente di quello che ero abituato a fare su un set ho fatto per “Il racconto dei racconti”. C’è stata un’unica giornata di lavorazione - continua il regista - in cui sono tornato a casa felice. Quando siamo andati a girare nelle Terme dei Papi di Viterbo una scena sott’acqua. C’erano i ragazzi che nuotavano e le comparse in abiti da guardia seicenteschi mentre tutt’intorno i turisti stavano immersi nei bagni. Ecco, quell’immagine mi ha ricordato il cinema che facevo all’inizio, quel misto di documentario e film di finzione, e ho avuto quella sensazione di magia che ti dà il cinema: credere che tutto è possibile».
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