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Director Deathmatch vol. 4, Roman Polanski

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marenarobros
view post Posted on 6/12/2013, 10:32 by: marenarobros
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Cinefilo Ad Honorem

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Dal sito di Caprara, in occasione degli 80 anni compiuti ad agosto:

CITAZIONE
Bastano due flash per fare vacillare i sostenitori della scissione tra vita e arte. Londra, agosto 1969: Erano circa le sette di sera, quando giunse una telefonata da Los Angeles. “E’ successo un guaio a casa”. “Quale casa?”. “La tua, Sharon è morta. Anche Wojtek è morto, e Gibby e Jay. Sono tutti morti”. “No, no, no. Che cos’è successo?”. “Roman, li hanno ammazzati”. Los Angeles, febbraio 1977: Stavamo per uscire dall’albergo, quando mi si avvicinò un tale con un camiciotto che, esibendo un distintivo, mi disse sottovoce: “Mr. Polanski? Sono un agente del dipartimento di polizia. Dove possiamo parlare? Ho un mandato d’arresto a suo nome”. Sembrano citazioni dai film di Roman Polanski, uno dei più noti e amati registi della nostra epoca che il 18 agosto a dispetto della figura minuta e snella e l’espressione vivida e intensa compirà ottant’anni. Il fatto che si tratti invece di brani autobiografici, il primo riferito all’efferata strage compiuta nella villa di Bel Air dalla setta Manson e il secondo all’incriminazione per stupro di una fotomodella minorenne, non banalizza, però, le ragioni del talento e del successo. Le ardimentose, turbolente e travisate vicissitudini che potrebbero spaziare ancora a piacimento -dall’infanzia segnata dalle retate naziste nel ghetto di Cracovia all’apoteosi della Palma d’oro e l’Oscar conquistati grazie a “Il pianista”- hanno finito per miscelare realtà e fantasia in un impianto poetico tra il violento, il sarcastico e il perverso in cui la pura genialità ha trovato tante volte l’innesco per dispiegarsi al meglio.
Nell’occasione di un compleanno che comporta anche ombre di malinconia sembrano tutt’altro che sopiti gli echi dell’inquieta gloria polanskiana. E’ appena uscito in America, per esempio, “The Girl – A life in the Shadow of R.P.”, il libro di memorie dell’oggi quarantottenne Samantha Geimer, l’equivoca ragazzina con la quale il regista fece sesso con surplus di droghe nella villa di Jack Nicholson procurandosi un’infamante condanna. Come si sa, trascorsi quarantadue giorni di carcere preventivo nell’inferno di Chino, Polanski fuggì prima che la sentenza diventasse esecutiva per non tornare mai più negli Usa ma, essendo il mandato di cattura Interpol ancora valido, è stato arrestato a sorpresa quattro anni orsono in Svizzera. Dopo lunghe schermaglie legali e diplomatiche, tuttavia, l’estradizione non è stata concessa e il regista è tornato libero: di tutto questo e di molto altro si parla, tra l’altro, nel cofanetto “R.P.: A Film Memoir” appena pubblicato da Feltrinelli Real Cinema. Una strenna imperdibile, considerando che affianca al dvd dell’omonimo e incalzante documentario di Laurent Bouzereau il volume “Pianeta P.” che offre una panoramica non convenzionale sull’itinerario personale e professionale del maestro franco-polacco-cosmopolita.
I riscontri critici e cronistici dunque non mancano, ma i signori dell’immaginario hanno l’ulteriore chance di potere fecondare gli elementi e i nessi delle proprie opere nell’humus delle coeve culture generazionali. In questo senso il diagramma che ci riguarda potrebbe suddividersi in cinque fasi progressive. All’inizio c’è l’outsider, fiore all’occhiello dei cinema d’essai pre-Sessantotto, che in “Il coltello nell’acqua”, “Repulsion” e “Cul-de-sac” esplora i deliri e le fobie di personaggi dominanti e dominati al di qua della lotta di classe, in un territorio morboso e sensuale che sta tra il noir e l’horror. Il capolavoro eroicomico “Per favore… non mordermi sul collo!” capeggia poi il gruppetto di titoli (“Rosemary’s Baby”, “Macbeth”, “Che?”) che tra il ’67 e il ‘72 hanno grinta e qualità per rompere con i diktat militanti in auge. Tra il ’74 e il ’92 Polanski acquisisce la completa padronanza dei generi classici, che peraltro riesce a scavare, modellare e fare rifrangere in un inimitabile gioco di specchi deformanti: il cult-movie “Chinatown”, gli hitchcockiani (ma spinti ancora più a fondo in sottigliezza erotica) “Frantic” e “Luna di fiele”, l’allucinogeno “L’inquilino del terzo piano”, l’unicum letterario e pittorico “Tess” e “Pirati” che in coppia con il successivo “La nona porta” detiene il record di costituire gli unici film brutti della sua filmografia. Il penultimo periodo, che ruota ovviamente sul trionfo di “Il pianista” passando per “La morte e la fanciulla”, “Oliver Twist” e “L’uomo nell’ombra”, sancisce una rivalsa troppo attesa e concede l’ingresso nell’empireo autoriale, pur comportando accenni di resa a una scioltezza del mestiere che non consente deviazioni o strappi. Sospetti sbaragliati dall’exploit di “Carnage”, intarsio scenico al veleno rivolto contro la borghesia ex radical chic e oggi aristodem, che ritrova il regista in perfetta forma da “dio del massacro” (come recita il titolo originale della pièce da cui è tratto). Mentre “Venere in pelliccia”, che ha appena raccolto la standing ovation all’anteprima inaugurale dell’Ischia Global Fest e uscirà nelle nostre sale a novembre, regala un fuoco di fila di dialoghi brillanti, ironici e raffinati, ma soprattutto mette in scena, grazie alla conturbante performance della moglie Emmanuelle Seigner, una trasmutazione psicofisica, un incesto artistico, una manipolazione subliminale… Il piccolo grande uomo non ha smesso di stupire e provocare.
 
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59 replies since 3/12/2013, 13:23   578 views
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