| RECENSIONE DI MASTRUCCIO PER LA DREAMING STUDIOS Annunciato come il "film della vita", attendevo con particolare interesse l'uscita dell'ultimo film di Andrew, "Diamond Dogs", diretto da Giuseppe Tornatore, regista tra i miei preferiti, e a cui, come sogno personale, desidererei essere paragonato. Parto col dire che il film non ha deluso le mie aspettative, e anticipo qundi che il mio voto è complessivamente positivo, pur con qualche piccola criticità che approfondirò in seguito.
La storia narrata nell'omonimo romanzo di Luca Di Fulvio è molto bella, ricca di spunti e con una forza potenzialmente esplosiva, e il nostro Andrew riesce a trasmetterci correttamente le atmosfere della New York dei primi del '900, delle miserie della comunità italiana di Little Italy, della violenza e dell'arroganza della mafia che tutto controlla e tutto governa fra quella gente, arrivando a diventare un mito per i ragazzini in lotta per farsi avanti nella vita. Non sfugge a questa "legge" il piccolo Christmas, in realtà Natale, ma diventato tale al momento della registrazione ad Ellis Island. Il problema è che lui non appartiene ancora a nessuna banda, e quindi decide di inventarsene una, coinvolgendo il suo amico Santo. L'innocenza dell'età, pur in un contesto tanto degradato (la madre si prostituisce), fanno della "Diamond Dogs" una banda anomala, dedita a "missioni" assolutamente fantasiose e simpatiche (proteggere un cane randaggio, ad esempio), o ad aiutare e salvare chi ha bisogno di aiuto, come la piccola Ruth, che è rimasta vittima di una brutale violenza sessuale ad opera di un balordo di nome Bill, violento e certamente squilibrato mentale, che arriva ad uccidere ferocemente i suoi genitori .
Lo spunto narrativo, quindi, è davvero originale, perchè assistiamo a comportamenti e adesione a codici e atteggiamenti tipici di un certo stereotipo mafioso calati in un contesto in cui la fanciullezza e gli ideali ancora innocenti di un certo tipo di "eroismo buono" prevalgono sulla cruda realtà. Ancora per poco, però, perchè una volta più cresciutelli, i componenti della banda dovranno fare i conti con il vero crimine, l'uccisione a sangue freddo di un loro coetaneo, rimasto ferito durante una missione che pareva essere banale (il taglio delle gomme di un auto), ed invece diventa l'esperienza che determina la fine della fanciullezza di Christmas.
In questa linea narrativa si inserisce la trama parallela che vede il tenero e, a tratti commovente, amore che vediamo nascere e crescere tra Christmas e Ruth. Amore non ostacolato, pur tra le enormi diversità di ceto e ambiente tra i due, dal nonno di Ruth, interpretato ottimamente dal sempre verde Harvey Keitel, ma che verrà invece osteggiato dai suoi genitori, una volta morto quest'ultimo. La decisone di trasferirsi a Los angeles sembra far mettere una pietra tombale sulla relazione, ma così non è. Christmas promette di ritrovarla, e Ruth compie la scelta che la rende finalmente adulta, di opposizione totale alla volontà genitoriale di dimenticare il suo amato, scelta che si manifesta con il taglio dei capelli. Il primo capitolo del film termina quì, con un inquietante prologo che vede Bill, ancora ossessionato da Ruth, arrivare ai piedi della collina di Hollywood.
Mi sento di approvare la scelta di Andrew di suddividere la pellicola in due capitoli, anche se questo comporta inevitabilmente la sospensione del giudizio su diverse tematiche e personaggi che qui non sono pienamente sviluppati. La dichiarazione che le ambizioni di vittoria al Contest sono rimandate al secondo capitolo del film, mi fanno presagire che vedremo un film molto più completo e pregno di drammaticità, con maggiore sfaccettatura dei personaggi quì invece in secondo piano. Penso, ad esempio, alla madre di Christmas, un'ottima Marisa Tomei che in verità è apparsa un po' sprecata, e soprattutto ai genitori di Ruth, interpretati da David Duchovny e Helena Bohnam Carter. Gli attori scelti per i ruoli dei due protagonisti, Christmas e Ruth, sono adeguati. Non abbiamo primi nomi, e condivido la scelta, anche per adesione alle scelte di cast che nella realtà compie Giuseppe Tornatore. Mi ha leggermente spiazzato, all'inizio del film, l'inconguenza circa l'età anagrafica di Ruth, prima dichiarata a 10 anni e confermata dalla fotografia della bambina che la interpreta, e poi fatta diventare tredicenne (più coerente al carattere e all'esperienza che vive il personaggio) dal nonno. Se in realtà è tredicenne, allora l'attrice scelta non credo sia adeguata perchè in effetti troppo bambina. Attendo quindi un chiarimento al mio dubbio. Giusto, invece, il volto del ragazzino che interpreta Christmas da bambino. Nulla da dire, invece, sui ragazzi scelti per i due personaggi da adolescenti, che mi sembrano perfetti. Addirittura ne vediamo la rassomiglianza, che diventa incredibile nel caso dei due attori che interpretano nelle due diverse età il personaggio di Santo.
Sulla scelta di affidare la regia a Tornatore, al posto di Clint Eastwood, mi sento di condividere appieno le opinioni di tutti i colleghi. Questa è una storia che meglio si addice al nostro conterraneo, ed inoltre risultano pressocchè ovvi gli accostamenti di atmosfere e ritmi narrativi di questo film con "Nuovo cinema Paradiso", "C'era una volta in America" (sappiamo tutti che Tornatore è "seguace" di Leone), ed anche, per la scena iniziale, a "La legenda del pianista sull'oceano". Ed in realtà, devo ammettere, mi sarei aspettato, da parte di Andrew, ancor più fedele adesione al timbro registico di Tornatore, laddove sarebbe stato bello e gratificante (certamente anche per se stesso) vedere descritti certi movimenti di macchina e ricercati tagli di inquadratura che rendono subito riconoscibile il cinema del regista bagherese. Di ciò, purtroppo, in "Diamond Dogds" non c'è alcuna traccia. Mi auguro che nel prossimo capitolo Andrew possa "regalarci" questi particolari tecnici, anche perchè ne ha ampiamente i mezzi e le capacità, come dimostrato dai numerosi premi alla regia nei vari recenti Contest ed Awards.
La colonna sonora affidata ad Andrea Morricone è molto bella, ricca di atmosfera, e ricalca fedelmente la musica del padre Ennio. Quindi la promuovo convintamente. L'unico dubbio mi viene dalla traccia scelta per la scena della violenza sessuale su Ruth. Mi è sembrata più d'atmosfera sentimentale, poco adatta quindi alla drammaticità delle immagini. Altra piccola annotazione: il brano "Viaggio", tratto dalla colonna sonora di "Stanno tutti bene", è di Ennio e non di Andrea. Ed ora che ci penso, per la drammatica scena a cui è accompagnata, probabilmente non è adattissima, ma è un parere personale che non inficia la bontà della soundtrack.
Il sito è semplice semplice, e la locandina ricalca fedelmente la copertina del libro. Troppo poco per il fatto che sono di Andrew, di cui abbiamo visto ben altro. Per esempio, ho visto in anteprima la locandina del suo "To the Moon", su FB, e gli ho già pronosticato la vittoria nella relativa categoria al prossimo contest.
Andiamo alla conclusione. Come ho detto all'inizio, questo film mi ha complessivamente soddisfatto. E' scritto con la solita scorrevolezza e ottima esperta mano, e non disturbano affatto quei pochi errori e refusi riscontrati. Probabilmente se Andrew avesse presentato il film per intero, la cosa non sarebbe stata un gran problema, anzi forse avrebbe già guadagnato l'ambita statuetta sei mesi in anticipo. Non è che lo ha "spaventato" l'esito del film di Sacha? In ogni caso, Andrew è riuscito lo stesso a scrivere un film che, anche se sospeso, riesce a concludere esaurientemente alcuni percorsi (ad esempio, la storia di Santo), e ad aprirne altri in prospettiva futura. A questo punto non vediamo l'ora che esca anche "Diamond Dogs - part II". VOTO: 76/100 Non è un otto pieno per il fatto che mi sarei aspettato qualcosa in più dal punto di vista registico. Proprio perchè è un film di Andrew.
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