| RECENSIONE DI MASTRUCCIO PER LA DREAMING STUDIOS Dopo il promettente "The Unforgiven", la Granato Production insiste nel proposito di affidarsi al suo giovane presidente e autore dello script d'esordio. E lo fa investendo praticamente tutto il capitale d'azienda, arruolando per la regia niente di meno che Clint Eastwood , per il cast Leonardo Di Caprio e Jack Nicholson, unitamente ad altre grandi star del firmamento hollywoodiano, del calibro di Ryan Gosling, Maria Bello, Christopher Lee, James Woods, Ray Liotta, e acquistando un considerevole numero di sale cinematografiche, per consentire un rapido rientro economico e un considerevole guadagno di euromatik. Stiamo parlando di "Favola americana", secondo lungometraggio originale scritto dal bravo Sacha Granato, qui alle prese con un'ambiziosa e coraggiosa impresa: rinverdire e dare nuova linfa ad un genere più e più volte rivisitato, quello del gangster-movie, con ingredienti strettamente legati a storie di mafia americana, di cui "The Goodfather" ne è l'apice più alto.
Attraverso le vicissitudini del giovane ed ambizioso gangster Brandon, interpretato da Leonardo Di Caprio, assistiamo ad un lungo percorso storico, nel quale la cittadina immaginaria di Lago, fondata dalle famiglie mafiose del secolo scorso, da anonima e povera località uguale a tantissime altre, diventa una capitale del mondo moderno, grazie a un sindaco corrotto e alle smanie di arrivismo ed arricchimento dello stesso boss mafioso, il quale senza alcun scrupolo ingaggia una guerra con le famiglie mafiose che vi regnano. Naturale che la polizia, in un ambiente così malsano, nulla possa fare per arginare il fenomeno. Il solo detective Liam, un convincente Gil McKinney, del quale purtroppo non abbiamo avuto modo di conoscerne il volto in quanto manca l'indispensabile fotografia (ma anche di tutti gli altri - perchè?), riesce in qualche modo, se non ad opporsi, quanto meno a venirne a patti, molto sanguinosi, allo scopo di evitare il proseguimento della barbara guerra mafiosa.
Qui, a dire il vero, più che al capolavoro di Ford Coppola, Sacha si ispira dichiaratamente alle atmosfere e alle tematiche di "C'era una volta in America" di Sergio Leone, da cui trae evidenti spunti e "copiando" numerosi aspetti e passaggi, rendendo così un devoto omaggio all'indimenticabile capolavoro. Come non ricordare la similitudine fra le scene che si svolgono all'interno del club privato, o quella in cui i protagonisti sono sdraiati sui lettini a prendere il sole, od ancora il periodo storico in cui si svolge la vicenda, che è quella del proibizionismo. Ma in questo caso, Sacha è andato ben oltre, addirittura imitando del capolavoro leoniano anche lo stile di scrittura della sceneggiatura, soffermandosi sulle minuziose descrizioni delle ambientazioni e dei personaggi, dei movimenti di macchina, degli stati d'animo vissuti dai protagonisti, ed inserendo nell'intreccio narrativo una cospicua dose di sottotrame, ad arricchire un plot che, come idea di base, nulla ha di particolarmente complicato e nuovo rispetto al clichè di genere. Mi permetto di assumermi un pizzico di responsabilità, avendo suggerito io a Sacha un paio di link in cui trovare la sceneggiatura originale del film di Leone, e sono certo che lo abbia letto, se non per intero, per lunghi tratti. Il che gli ha giovato.
Ovviamente la qualità della sceneggiatura di "Favola americana" non arriva nemmeno ad un centesimo della qualità di quella scritta dai grandissimi Pietro De Bernardi, Leo Benvenuti e dallo stesso Leone. Parlo di qualità artistica, e la mia considerazione su questo aspetto è certamente condivisa anche da Sacha, ma parlo anche di qualità tecnica. Dal punto di vista artistico affermo che mi è parso corretto perdere del tempo nel cercare di fornire la sceneggiatura di dettagli ricchissimi, allo scopo di farci "vedere" al meglio il film. Segnalo però la presenza di troppo aggettivi qualificativi associati a dettagli di inquadratura, che appesantiscono, e in ogni caso, rendono la sceneggiatura troppo letteraria. Solo un esempio: diverse volte ho letto l'eggettivo "suggestiva", associata ad inquadratura. A parte il fatto che se un'inquadratura è suggestiva lo decide il pubblico, che ne trae il giudizio vedendo il film, ma non ho potuto non storcere il naso quando ho letto: "L'inquadratura è resa suggestiva in virtù di una fotografia color seppia". Descrizione letteraria, tecnicamente sbagliata, e, oserei dire, supponente. Non esente da errori di battitura e qualche svista grammaticale, lo script è davvero molto lungo, certamente uno dei più lunghi di tutta la storia di Ck. Complice la numerosa presenza di sottotrame e personaggi di contorno, ai quali è dedicata praticamente la stessa profonda descrizione dei passaggi e personaggi principali, pur ammirando la capacità di Sacha di sviluppare una così gran quantità di materiale, mi chiedo se tutte le scene e i personaggi secondari siano realmente necessari nell'economia dell'intero film. Un così complesso intreccio narrativo richiede moltissima attenzione nel seguire le vicende dei personaggi, dovendone ricollegare i fili ogni qualvolta se ne è dovuta interrompere la lettura. Confesso che non sono riuscito a leggere il film senza aver dovuto interrompere almeno sei volte. In tutto ci ho messo due giorni, quindi ogni tempo l'ho letto in tre passaggi. Alla fine ne sono uscito quasi esausto. E di molti personaggi e situazioni non sono riuscito così ad appassionarmi. Quindi questo, per me, è un difetto abbastanza grosso del film. Certamente avrebbe giovato al film l'eliminazione, pur dolorosa da parte dell'autore, di diverse scene e di taluni personaggi, e un ulteriore asciugatura dei dialoghi, alcuni fin troppo superflui, altri didalscalici ed ancora, descrizioni di scena e di stati d'animo scritte con termini troppo manieristici ed affettati per il genere di film a cui assistiamo. Ad esempio, leggere "ondeggiano seguendo il ritmo di un pacato venticello primaverile", oppure "colto da un presagio sinistro e dalla consapevolezza di essere giunto al capolinea di un percorso che mai avrebbe voluto percorrere" non mi sembrano adatti in un contesto violento e sanguinoso come questo, dove mi sarei aspettato, invece, stile più tagliente ed incisivo, e frasi quasi lapidarie.
Analizzando la storia che ci è raccontana, evito di disquisire sulle scelte di trama. Se Sacha ha voluto che alla fine ne uscisse fuori un mondo corrotto, senza alcuna speranza che ci si possa liberare della mafia (a me è parsa questa la "summa" del film), liberissimo di farlo. Quel microcosmo che è la cittadina di Lago, ben rispecchia, in fondo, la cruda realtà di quei tempi nell'America del proibizionismo. Semmai paiono fuori tempo e luogo le azioni dei fantomatici terroristi, oltre che, nello sviluppo narrativo, pressocchè inutili. Altro taglio che avrebbe giovato. Pur nell'ammirazione di questo grande lavoro di scrittura (immagino la quantità di tempo che Sacha vi ha dedicato), non mi esimio dall'annotare, sempre nello spirito di amichevole collaborazione nel migliorarci a vicenda, che la sceneggiatura presenta diversi buchi e sfilacciature, e qualche forzatura. Mi è parsa forzata, per esempio, la reazione di Brandon nei confronti della moglie, dopo la scena a teatro. Così come non mi convince, aaltro esempio, il comportamento di Maria dopo che ha avuto conferma di chi sia il responsabile della stage di innocenti bambini. Confermo che mi è mancata enormemente la presenza delle foto degli attori associate ai nomi dei personaggi. Almeno ci fosse stata alla fine la presenza nei credits dei nomi associati ai personaggi, ma anche di ciò non vi è traccia. Ancora oggi continuo a non avere idea di chi interpretasse chi, a parte Di Caprio e Nicholson.
Andando ad analizzare il film dal punto di vista puramente tecnico, ho riscontrati molteplici difetti che inficiano la buona riuscita dello script. Mi ha deluso, e devo dirlo, anche infastidito, aver dovuto leggere da chi come me è attento ai particolari, una sceneggiatura piena zeppa di (continued), numeri di pagina stampati a metà foglio, troppo ampi spazi vuoti tra le righe. Segno di un'errata impostazione, in Celtx, del foglio di scrittura. Avrebbe fatto meglio, prima di mandare nelle sale il film finito, a chiedere consigli ai colleghi su come risolvere questo aspetto per me fondamentale. Per non parlare della versione di script che viene proposta a chi, come Francis (l'ho capito subito), è andato a leggersi il film cliccando sulla locandina che appare in Home Page di Ck: tutta sballata, senza alcun criterio di forma ed eleganza. In fondo bastava molto poco per risolvere la cosa.
La regia di Clint Eastwood mi è sembrata più che buona. Vero è che ultimamente si è dedicato a pellicole più tranquille ed intimistiche, anche forse per l'età che ha. Ma certamente "Favola americana" si addice alle sue corde, e se volesse potrebbe nella realtà dirigere un film così. Il grande cast, di cui ho già nominato i componenti principali, è ben composto. La scelta, da me condivisa anche per "Amnésia" di far interpretare a grandi attori le parti secondarie, mi pare perfetta per un film così. Purtroppo non credo che Di Caprio possa ambire a vincere qualcosa agli award, e ciò conferma l'andazzo nella realtà. E' un ottimo interprete, ma ha rivali ben più favoriti. Per Nicholson, invece, potrebbe arrivare la statuetta per il miglior attore non protagonista.La sua interpretazione del boss Mortimer è da ricordare. Maria Bello ha ben interpretato la giovane moglie di Brandon-Di Caprio, e purtroppo, l'ho già scritto, non si fanno ricordare invece gli altri attori, per i problemi che ho avuto ad associare un volto ad ogni personaggio. Venendo alla colonna sonora, mi dispiace non aver sentito le musiche originali che Sacha ha creato per l'occasione. Comunque quelle presenti, scritte dal figlio di Eastwood, mi sono sembrate adeguate. Il sito e la locandina sono fra le migliori cose viste questo semestre. Senza dubbio entreranno nella cinquina ai prossimi Awards. Complimenti.
In conclusione, posso senz'altro affermare che in Sacha abbiamo ricontrato tutti un gran talento, ma che questo suo secondo film paga certamente l'inesperienza e il non ancora sufficiente "mestiere" necessario per affrontare una così titanica impresa. Sono certissimo che se si dedicherà ad opere meno complesse ed articolate, e se si farà aiutare anche da solide storie prese a prestito da buoni libri, ci regalerà pellicole di grandissimo pregio artistico, e col tempo anche tecnico. La strada intrapresa è iniziata col "botto", ma meglio camminare, soprattutto all'inizio del percorso, con i buoni piccoli passi, quei piccoli passi che però portano molto lontano.
Voto: 72/100
Due curiosità che vorrei togliermi: 1) Ho visto "C'era una volta in America" per intero solo quando uscì al cinema tantissimi anni fà e poi in tv qualche anno dopo. Ci dici qual'è la sequenza che hai fedelmente copiato da quel capolavoro? 2) Hai scritto "The Unforgiven" seguendo uno schema tutto tuo, cioè quello di scrivere le scene senza seguire una scaletta precisa. E' stato lo stesso per "Favola americana"?
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