| Eh be', eh be', non potevo restare lontano dal forum quando un mio film riceve una recensione, specie se il film in questione è Looking for Hope e il recensore è Papele. E ringrazio Andrew, Mastruccio ed Hermes per aver forzato il troppo conciso Grande Vecchio a spiegare meglio i motivi del suo voto più basso rispetto agli altri: col primo giudizio che aveva dato, francamente non avrei saputo cosa rispondere. Immagino che ora tutti voi vi stiate aspettando sudore, lacrime e sangue. No, mi spiace deludervi, ma la mia risposta sarà civilissima, anche perché non stiamo parlando di una stroncatura.
Dunque, in sostanza, quello che a Papele non ha convinto del film è il fatto che l'ha trovato infantile. E non è una critica così sbarellata, ha solo bisogno di essere un attimo messa a fuoco. Perché è vero che ho dato a LFH la forma di una fiaba, nel senso proppiano del termine (vd. Vladimir Propp, Morfologia della fiaba, che ho letto da poco, e di cui ora userò le categorie): ovvero una storia semplice organizzata secondo uno schema fisso, quello appunto delle fiabe, il genere letterario più semplice del mondo perché quello più organizzato secondo schemi e ruoli. Quindi, ci sono gli eroi (Tom e Jerry), c'è l'antagonista (McClusky), c'è l'aiutante magico (qui più d'uno: Vince, Marshall, Helena), c'è il danno con la situazione iniziale, ci sono le prove e la riparazione del danno. Oltre a tutto, volendo dare fin da subito al film un tono che fosse a metà fra il realismo e il fantastico senza soluzione di continuità (come, oltre a Burton stesso, Fellini e Terry Gilliam docent, ma anche Kubrick a tratti non manca di onirismo), mi è venuto spontaneo fornirgli questa dimensione fiabesca, per sensibilità mia particolare. Quindi, infantile nel senso di organizzato secondo un tipo di racconto tradizionalmente riconosciuto infantile, sì, questo film è infantile.
Solo che, poi, bisogna fare la differenza fra la struttura del film e i personaggi che la mettono in scena, ed è qui che mi sentirei di rispondere alla critica di infantilismo: la mia sensibilità ancora non mi avrà permesso di essere "adulto" abbastanza (cosa che peraltro nemmeno Papele lo giudica un difetto vero e proprio), ma non credo che i personaggi del film siano catalogabili come semplicistici eroi o cattivi, perché, da un lato, gli eroi del film hanno vistosi lati negativi, e dall'altro i cattivi sono privi di vera malvagità. Tom e Jerry, per come li ho rappresentati io, sono dei falliti, due uomini che nella vita hanno compiuto la scelta sbagliata nei riguardi della loro arte (se ci fosse spazio, spiegherei come li ho creati sulla base delle categorie nietzschiane di "artista apollineo", Tom, e "artista dionisiaco", Jerry), e la conquista di un futuro non elimina il rimpianto per un passato che non torna. Dall'altra parte, McClusky non ha nessuna grandezza negativa, è un uomo d'affari che ho badato a non demonizzare praticamente mai: non so se ci avete fatto caso, ma l'incidente che manda in coma Hope, nonché la reclusione all'ospedale di Eddie, non li ho indicati come azioni di McClusky, sono presunzioni di Kate che nessuno prende sul serio. L'unico personaggio caratterizzato come negativo, cioè Frank Marshall, finisce poi paradossalmente per essere in realtà d'aiuto ai protagonisti, comportandosi però in un modo che ho cercato di far intuire come fosse dovuto solo al momento presente. E vogliamo ricordare poi che fra i cosiddetti "buoni" c'è un ubriacone scansafatiche, vale a dire Eddie, e una ambiziosa segretaria che si intuisce voglia fare le scarpe a McClusky? In conclusione, non c'è nessuna "netta divisione buoni/cattivi" nel mio film, tranne casi estremi come Kate e Vince.
Ma un'altra cosa che manca al film, per cui mi sento di rispondere alla critica di infantilismo, è la mancanza di ogni reale potere del sentimento per cambiare la realtà. Scrivendo il film, ho cercato di evitare di dare l'idea che la rinascita di Hope avesse un valore più largo di quello che ha per la vita di Tom e Jerry, senza nemmeno voler dire che dopo andrà tutto a posto. Sconfiggendo McClusky, Tom e Jerry hanno recuperato soltanto se stessi, e nient'altro: anche per questo, ho volutamente evitato scappatoie facilmente sentimentali come eventuali problemi familiari di Tom, o di semplice relazione per Jerry. Ho volutamente relegato il film, se si vuole, alla sola dimensione artistica/sognatrice, evitando di dire che possa risolvere ogni problema nella vita reale, senza fornire l'idea che la cosa sia davvero così semplice. Se facendo così ho dato l'impressione di rifugiarmi in una facile dimensione fantastica "disneyana" nel senso peggiore del termine, be', vuol dire che allora non avevo ancora conseguito la maturità necessaria.
Poi, sì, il film è cominciato come giustificazione mia e di Burton, ma poi ci ho pensato su per tre anni, e ha accolto così tanti spunti che, alla fine, le circostanze dela sua nascita restano, alla fine, nulla più di un casus belli. Ridurre tutto a quella primitiva dimensione, ecco, questo mi sembra di poter dire sia un'interpretazione troppo semplicistica.
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