| ROMA - Sarà uno degli eventi del prossimo festival di Cannes, è uno dei film più attesi della manifestazione e sarà in sala il 21 maggio: è La grande bellezza, unico titolo italiano in gara in questa 66esima edizione, protagonista Toni Servillo (il cast è ricchissimo e vede fra gli altri Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Pamela Villoresi, Roberto Herlitzka, Isabella Ferrari), segna il ritorno a Cannes di Paolo Sorrentino dopo la prova di This must be the place, con Sean Penn, presentato nel 2011, mentre nel 2008 aveva conquistato il Gran premio della giuria con Il Divo e prima ancora, nel 2004, era stato sulla Croisette con Le conseguenze dell'amore. Ideato e scritto dallo stesso Sorrentino con Umberto Contarello, ambientato e girato a Roma, La grande bellezza è la foto di una società fatta di parvenu, di politici e criminali d'alto bordo, di nobili decaduti e intellettuali decadenti, giornalisti, attori, alti prelati e di trame e inciuci sullo sfondo di case, ville e terrazze fra le più belle della capitale. Nel dedalo si muove Jep Gambardella, disincantato scrittore 65enne e spettatore di quest'umanità in via di decomposizione. In esclusiva per il nostro sito, la sceneggiatura della prima scena del film. Siamo a Roma, vicino al Fontanone del Gianicolo...
Scena 1
GIANICOLO. ESTERNO. MERIGGIO.
Dal nero all’indietro. Quel buio era l’interno della canna del cannone del Gianicolo. Appena siamo fuori: BUM. Fumo e una gran botta. All’unisono. Gli uccelli si issano in volo di scatto contro il cielo di un azzurro irripetibile. È mezzogiorno, e Roma adesso lo sa. Regna un sole bellissimo, estivo. Pochi spettatori applaudono allo sparo. Svanito il rimbombo del cannone, ecco remota, diegetica, soave, una musica sacra.
Appare l’imponente statua di Garibaldi sulla sommità del Gianicolo. Alla base della scultura, un reduce fissa la scritta scolpita: «Roma o morte». Tra i busti che costeggiano il viale, una donna sulla sessantina, fuma all’ombra e legge il giornale.
Discreti, appollaiati sull’esterno della maestosa finestra della chiesa del Gianicolo, possiamo sbirciare all’interno. Un coro di adulti, in sobri abiti neri, sta perfettamente eseguendo la musica sacra. È I lie di David Lang. E ci fa venire i brividi. Ma restiamo qui per poco.
Ci allontaniamo, per poi scorgere il bel fontanone antistante la chiesa. Ora la musica sacra è di nuovo attutita, lontana ma presente e s’impasta con le parole di una guida turistica sulla quarantina. Donna, corpulenta, un ombrellino rosso chiuso tenuto in alto per non disperdere un gruppo di turisti giapponesi di mezz’età che ascoltano diligenti la sua pappardella a memoria sui monumenti. La guida, un microfono appeso al collo, racconta storia e bellezza del Fontanone con un inglese fortemente condizionato da una spiccata cadenza romanesca.
Un giapponese sulla cinquantina si stacca dal gruppo. Richiamato da qualcosa di più interessante, si allontana. Attraversa la strada lentamente, si avvia verso la balaustra che dà sulla città. Noi lo seguiamo. Dietro di lui, in fondo, un pullman turistico, l’autista all’esterno che fuma e parla al telefonino. E, ora extra diegetica, la musica sacra riprende volume. Il giapponese arriva al parapetto e noi con lui, rivelandoci come in un sogno vero, di sotto, in tutta la sua straripante bellezza: Roma. Il sole la bagna. La musica sacra, al suo apice di commozione, accarezza la città più bella del mondo.
Il giapponese, di fronte a questo panorama straordinario, ha gli occhi illuminati dalla gioia della bellezza. Afferra la sua Canon ultra tecnologica e prende a scattare come un forsennato. Ma poi si ferma, lascia cadere la Canon che gli pende come un diapason sulla pancia. Si porta una mano al petto. Suda e sbianca. Sposta la mano sotto l’ascella. Gli occhi se ne vanno all’insù. Si chiama infarto. Cade a terra. Davanti a Roma. La musica sacra va avanti. Rumore di passi, di tacchi bassi. La prima ad arrivare al corpo senza vita del giapponese è la guida turistica. Seguono trafelati tutti gli altri giapponesi. La musica sacra svanisce di colpo quando la guida si avvicina al giapponese steso a terra. La guida turistica comunica,con la voce amplificata dal microfono, in tono cronachistico, all’indirizzo dell’autista del bus. GUIDA TURISTICA Ahò, qua m’è morto l’asiatico.
L’autista del bus, infastidito dall’irritante contrattempo, sbuffa e butta con stizza la sigaretta a terra. Ripone il telefonino. Contro voglia, si avvia verso il capannello di vivi attorno al morto.
L’ultima immagine è per Roma, lì dietro, ferma e assolata, monumentale e bellissima. E insensibile.
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