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Lincoln, Prima immagine di Daniel Day-Lewis!

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view post Posted on 16/2/2013, 16:28
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Cinefilo Ad Honorem

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Rinunciato a vederlo in inglese, tre ore a provare a capire il massimo non le avrei lette (ho avuto difficoltà pure con Django, per la varietà di accenti e la complessità/velocità dei testi).
 
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Mr.Noodles
view post Posted on 26/2/2013, 00:23




l'interpretazione di Daniel Day-Lewis è come al solito sontuosa. recitazione calibrata e meditata sotto tutti i punti di vista: voce, prossemica, mimica. è un Lincoln molto mellifluo, calmo, con profonde e improvvise accensioni. è un gigante buono, acciaccato ma fermo, che ha i suoi demoni ma li combatte. inoltre Spielberg produce un'immagine ieratica e sacrale del suo mito: Lincoln è, sin dall'inizio, la statua che c'è a Washington, severa e imponente e da qui riparte per donargli quell'umanità necessaria a farlo affezionare a chi non lo conosce. l'operazione è proprio pensata a questo scopo, è un film storico-didattico e mi pare evidente la presenza di retorica a palate, però è cinematograficamente inattaccabile: profondamente cinematografico il lavoro sugli austeri contrasti cromatici di Kaminski, che impolvera l'immagine, dando la sensazione di entrare in un museo. ecco, "Lincoln" è un museo vivificato attraverso il cinema: racconta, non senza un pelo di ironia e di spettacolarizzazione, l'essenza del processo democratico con tanto di autorità semi-dittatoriale, compravendita di favori politici e corruzione. il fine giustifica i mezzi, se il fine è tanto importante. è un film dello Spielberg liberal e obamiano, non epocale, non un capolavoro, ma sfido chiunque a non cadere nel trappolone di sentirsi un po' più americano (o di invidiare gli americani) durante la visione della pellicola. Spielberg le sa ancora raccontare, le sue favole.
voto: 7,5
 
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Arcadia1983
view post Posted on 26/2/2013, 07:26




ah, la sceneggiatura di Kushner andrebbe studiata...
 
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World ^_^
view post Posted on 12/3/2013, 12:24




CITAZIONE (Mr.Noodles @ 26/2/2013, 00:23) 
l'interpretazione di Daniel Day-Lewis è come al solito sontuosa. recitazione calibrata e meditata sotto tutti i punti di vista: voce, prossemica, mimica. è un Lincoln molto mellifluo, calmo, con profonde e improvvise accensioni. è un gigante buono, acciaccato ma fermo, che ha i suoi demoni ma li combatte. inoltre Spielberg produce un'immagine ieratica e sacrale del suo mito: Lincoln è, sin dall'inizio, la statua che c'è a Washington, severa e imponente e da qui riparte per donargli quell'umanità necessaria a farlo affezionare a chi non lo conosce. l'operazione è proprio pensata a questo scopo, è un film storico-didattico e mi pare evidente la presenza di retorica a palate, però è cinematograficamente inattaccabile: profondamente cinematografico il lavoro sugli austeri contrasti cromatici di Kaminski, che impolvera l'immagine, dando la sensazione di entrare in un museo. ecco, "Lincoln" è un museo vivificato attraverso il cinema: racconta, non senza un pelo di ironia e di spettacolarizzazione, l'essenza del processo democratico con tanto di autorità semi-dittatoriale, compravendita di favori politici e corruzione. il fine giustifica i mezzi, se il fine è tanto importante. è un film dello Spielberg liberal e obamiano, non epocale, non un capolavoro, ma sfido chiunque a non cadere nel trappolone di sentirsi un po' più americano (o di invidiare gli americani) durante la visione della pellicola. Spielberg le sa ancora raccontare, le sue favole.
voto: 7,5

Una recensione che mi sento di quotare pienamente.
Ero in cerca delle parole adatte da usare per esprimere un mio parere su questo film ma credo che Giuseppe aggia già detto tutto, e molto meglio di quanto potrei esprimermi io. ;)

A me è piaciuto perchè è un film molto democratico e "civile" che, pur trattando il mito Lincoln, ha evitato una eccessiva partigianeria, nel senso che ha dimostrato molto realisticamente come anche la democrazia sia una conquista, non una cosa definitivamente data, pertanto per far passare la sua legge di abolizione della schiavitù persino un Lincoln non può esimersi dal fare uso di mezzi poco leciti come acquistare voti. E' ovviamente il fine (in questo caso, il più nobile dei fini) a giustificare i mezzi poco puliti.
Per il resto, ripeto, film molto "politico", che nella prima parte può anche appassionare poco; poi dopo si comprendono meglio dinamiche e punti di vista e il film prosegue in modo molto più scorrevole e accattivante.
Daniel Day Lewis ha strameritato il terzo premio Oscar come miglior attore, dal momento che pare aver svolto un impressionante lavoro filologico sul personaggio. Regia stavolta molto più discreta e "dietro le quinte", meno magniloquente del solito per Spielberg e più al servizio della Storia (con la esse maiuscola, stavolta).
Alla fine per me non è nè un capolavoro assoluto (etichetta che lascia sempre il tempo che trova) nè uno dei migliori film di Spielberg, ma è un'opera interessante e matura per un autore come Spielberg che ormai da tempo non ha più bisogno di dimostrare di essere in grado di affrontare - con la medesima bravura - sia tematiche impegnate che altre più leggere e da blockbuster.
 
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Andrew.
view post Posted on 18/3/2013, 14:09




Parlando di emozioni a pelle, ieri sera a fine visione mi dicevo di essermi annoiato, non mi vergogno a dirlo. Forse è il film più "verboso" di Spielberg.
Ma non mi sento di criticarlo più di tanto perchè è comunque un lavoro fatto benissimo, una bella lezione di storia con interpretazioni da oscar e coi suoi momenti emozionanti.
 
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view post Posted on 20/7/2013, 14:50
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Cinefilo Ad Honorem

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Devo recuperarlo.

Valerio Caprara ne ha scritto così:

CITAZIONE
Allo Jimmy Stewart di “Mr. Smith va a Washington” di Capra bastava concentrarsi davanti alla sua statua per scegliersi un destino. Nessuno meglio di Henry Fonda poteva incarnarlo in trance mitopoietica nel classico fordiano “Alba di gloria”. E’ logico, in effetti, che al presidente Lincoln soltanto una divinità di Hollywood come Spielberg è potuto tornare a rivolgersi e ad affidarne la gloriosa quanto ingombrante icona a un mattatore oscarizzato come Daniel Day-Lewis. Vogliamo dire, in tutta franchezza, che questo tipo d’operazione incuneata nel nucleo originario del patriottismo Usa era e resta esattamente quella che può ambire alla conquista dei cuori e delle menti degli spettatori, delle classifiche d’incassi e dei voti per gareggiare agli Oscar. Con la fervida e competente complicità dello sceneggiatore Tony Kushner (a sua volta ispirato da un libro della storica Doris Kearns Goodwin) l’onnipotente Steven ha, però, imboccato una strada rinomata ricorrendo a una prospettiva e un taglio pericolosi sul piano dello spettacolo, causidici su quello dell’intreccio e plateali su quello della cruciale metafora. La tentazione di affermare che non si potrà assistere all’ennesima biografia del sedicesimo presidente, bensì alla ricostruzione filmica sotto copertura delle ultime e tormentose opzioni strategiche di di Obama è forte e fortemente motivata. Ma certo Spielberg, al di là delle fortune contingenti, merita senz’altro che quest’amara deduzione non venga sovrapposta alle ragioni estetiche del suo thriller politico in costume.
Dopo l’unica e fugace scena di battaglia del prologo, ci si ritrova immersi nell’impasse del gennaio 1865 quando l’appena rieletto Abraham sta per vincere la sanguinosa guerra di Secessione, ma preferisce concentrarsi sulla lotta parlamentare per l’inserimento del 13° emendamento che abolisce la schiavitù nella Costituzione. Sin dall’inizio si capisce come l’attore anglo-irlandese, bravissimo e bellissimo, impegnatissimo e snobissimo, abbia scelto la soluzione dell’incarnazione maniacalmente perfezionistica: per chi ama il procedimento iper-mimetico è impressionante vedere materializzarsi l’alta e incurvata figura dell’eroe come ce l’hanno tramandata le fotografie (ma c’è anche somiglianza con l’Achab del film di Huston sulla balena bianca melvilliana) , le sue guance scavate, la sua fatidica barbetta, lo scialletto casalingo appoggiato sulle spalle, il suo spropositato cappello a cilindro e il suo sguardo pacato ma fermissimo puntato sull’inevitabilità della missione. Peccato che i dialoghi debordino da ogni angolo dell’inquadratura, si perdano nei rivoli delle opposte pregiudiziali, inondino anche le caratterizzazioni collaterali e acquistino un bagliore di vitalità soltanto quando riproducono gli aneddoti e le parabole di cui Lincoln era un instancabile forgiatore (“Lo so che potrei fare sermoni più brevi, ma, una volta che ho iniziato, sono troppo pigro per fermarmi”). E’ una lezione di realismo spregiudicato, dunque, quella che traspare con sin troppa evidenza in un tripudio di colori caldi d’interni, di costumi tratti dai dipinti della scuola americana, di carrellate sui banchi della Camera dei Rappresentanti dove democratici e repubblicani si scambiano i ruoli politici tradizionali, si contano con isterica suspense, s’interrogano sulla coscienza strattonata dall’interesse di classe. Spielberg non ha dubbi nello sfrondare l’agiografia lincolniana d’infimo grado per poterla rifondare sulle basi di un’intelligenza tattica spinta al di là della morale: se è necessario ricattare, corrompere o subornare psicologicamente un deputato avversario, il presidente non esiterà a farlo fare mantenendo il finto-bonario sorriso sulle labbra e l’aria accattivante del campagnolo del Kentucky vicino all’uomo della strada.
Eccolo stagliato contro le tende della sua magione sempre in penombra, inginocchiato per giocare col bambino e soprattutto seduto o in piedi a fronteggiare la moglie Maria (Sally Field) esacerbata dal lutto di un altro figlio perduto… Ed ecco, soggiogati dalla sua nobiltà d’animo senza fronzoli, gli assoli concessi al segretario di Stato Seward (David Straithairn) o al sarcastico e misantropo repubblicano Stevens (Tommy Lee Jones): purtroppo “Lincoln”, anche se vorrebbe mantenersi in linea –persino stilistica- con l’idealismo pragmatico propugnato in nome della democrazia, finisce per immiserirsi via via che i buoni un po’ birichini prendono il sopravvento sui cattivi incanagliti. La retorica spielberghiana, va da sé, ha profonde e ricche radici espressive, è figlia del melodramma primigenio alla Griffith (che non a caso dedica al presidente qualche immagine del capodopera “Nascita di una nazione” e tutto il suo penultimo film “Il cavaliere della libertà”) e ha qua e là la forza di librarsi –specie col montaggio alternato in sottofinale della seduta decisiva, con la gente che sbarra le asticelle dei sì e dei no nei più disparati ambienti- sulla staticità e la magniloquenza complessive. Però, peccato, l’ammirazione anche per i fan di Abraham-Barack stavolta non ha la chance di trasformarsi in emozione.

e un guzzano "fiume" (mi sa che ha un debole per Spielberg nonostante tutto):

CITAZIONE
Ho iniziato a guardare “Lincoln” come non si deve, pensando ad altro, dedicandogli la coda dell'occhio con cui si bada che dei bimbi diligenti non facciano danni in salotto sapendo bene che non ne faranno. Questo perché non amo i biopic (dicasi: biografie), meno che mai se iniziate tra il fango dei cannoni e (a lungo) proseguite tra quello della politica. Ma come ho potuto pensare che Sua Maestà Steven Spielberg girasse solo una – seppur monumentale – biografia? O meglio, la biografia di un uomo solo al comando senza descrivere magistralmente nel frattempo al comando di cosa e perché (famiglia, politica, etica, interessi, nazione, popolo, democrazia). “Lincoln” non sbaglia un tempo, un gioco di potere, un retropassaggio, una faccia. Inutile dire di Daniel Day-Lewis, attore maniacale che gira un film al lustro: questo l'ha rifiutato a lungo e poi vi si è immerso al punto da farsi chiamare Mr. President sul set persino dal regista più famoso del mondo. Ma ecco l'apprensione di Sally Field, l'oratoria farabutta di Tommy Lee Jones, le canagliate di James Spader, la fisicità belligerante di Joseph Gordon Lewitt e David Strathairn. Giunto al bivio tra Storia e Leggenda, Spielberg si fa umile e tira dritto come una diligenza che ha imboccato la pista giusta anche se non sa quale sia (quella di mezzo?). Retorica? Poca. Schiavitù stesa al sole? Meglio Tarantino, certo. Ma il 16esimo presidente degli Stati Uniti, qui ritratto nei pochi mesi cruciali in cui la Guerra Civile si combatté soprattutto a parole, ne esce come un monumento di determinazione e tormenti che arricchisce la Storia del Cinema, prima che la didattica. Spielberg cerca in lui un'umanità notturna (ai limiti del buio) che faccia da contrasto al chiarore degli ideali. Sono vezzi d'Autore. Il resto è un'opera possente scritta con mano avvolgente dall'autore di “Angels in America”. Darà fiato alle trombe patriottiche e agli Oscar al di là dell'oceano dove ri-giura Obama, ma è il Vecchio Continente il suo palcoscenico naturale. La landa frammentata alla quale fu detto che sarebbe stata beata se non avesse avuto bisogno di eroi. E non era vero.
 
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Arcadia1983
view post Posted on 21/7/2013, 12:44




gran film, non c'è nulla da dire.
 
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Arcadia1983
view post Posted on 9/1/2014, 10:29




up! in questi giorni è in onda su Sky: chi l'ha visto così può parlarne. io resto convinto che sia un capolavoro assoluto e che la sceneggiatura di Kushner sia tra le migliori di questi ultimi anni.
 
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yaniano
view post Posted on 10/3/2014, 13:56




Film discreto, sceneggiatura accettabile basata su schemi classici, anche se moooolto pesante all'inizio,così come la regia di Spielberg. La fotografia è molto scura, in alcune scene sono molto belli i chiaroscuri alla Caravaggio che si creano, mentre in altre il film è solo ombroso. Il classico film che vuole lasciarti col palese "insegnamento". Voto: 6.5
 
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Arcadia1983
view post Posted on 10/3/2014, 13:57




più passa il tempo, più lo ritengo un capolavoro assoluto. e la sceneggiatura di Kushner andrebbe studiata nelle scuole di scrittura cinematografica.
 
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view post Posted on 10/3/2014, 14:01
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Cinefilo Ad Honorem

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CITAZIONE (Arcadia1983 @ 10/3/2014, 13:57) 
più passa il tempo, più lo ritengo un capolavoro assoluto. e la sceneggiatura di Kushner andrebbe studiata nelle scuole di scrittura cinematografica.

Spiegaci perchè.

ps: io devo ancora vederlo e ovviamente non voglio divorziare da mia moglie propinandoglielo per forza.
 
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Arcadia1983
view post Posted on 10/3/2014, 15:08




CITAZIONE (marenarobros @ 10/3/2014, 14:01) 
CITAZIONE (Arcadia1983 @ 10/3/2014, 13:57) 
più passa il tempo, più lo ritengo un capolavoro assoluto. e la sceneggiatura di Kushner andrebbe studiata nelle scuole di scrittura cinematografica.

Spiegaci perchè.

l'ho trovato molto moderno nella sua classicità fordiana (Ford è uno dei maestri di Spielberg ed è stato uno dei cantori di Lincoln, cui ha dedicato Alba di gloria e altri momenti nei suoi film), e in più è una riflessione sul potere e sulla storia americana per nulla buonista o di propaganda, anzi. poi il comparto tecnico (costumi, scenografia, musica, montaggio), per non dire delle interpretazioni è di grande livello.
per quanto riguarda la sceneggiatura, a me piace perché i dialoghi sono splendidi: Lincoln parla per frasi icastiche, scolpite nella roccia, eppure subito dopo si lascia andare a battute (credo sia nella stessa sequenza che Lincoln cita Euclide - la battuta migliore di tutte - e racconta l'aneddoto sull'americano a Londra), perché il film gioca benissimo con l'alternanza dei registri (c'è quello politico, c'è quello comico e così via...), tutti i personaggi hanno il loro proprio modo di parlare e sono caratterizzati magnificamente in ogni particolare, problematizza la questione (Lincoln è messo in discussione da tutti, dal soldato di colore che incontra all'inizio, dalla moglie e dal figlio maggiore, dal segretario di stato interpretato da Strathairn, perfino da se stesso), racconta contro l'aspettativa del pubblico (il finale), è accurata (credo). infatti era la mia preferita tra le non originali agli Oscar dell'anno scorso.
 
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view post Posted on 9/5/2015, 09:04
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Maury, io oggi pausa pranzo. Scelto solo perchè l'hai detto tu.
 
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Merlino*
view post Posted on 9/5/2015, 10:05




OK.
L'avevo messo per ieri sera, poi avendo fatto tardi sono andato con un Cucumber, stamattina mi sono fatto un Fulci visto che che Emil mi ha invogliato e ora vado con questo per rispetto dei patti, buona co-visione :P
 
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view post Posted on 10/5/2015, 11:01
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Visto. Film più importante che riuscito (fino in fondo), più da studiare che da amare, da consigliare senz'altro ma non da rivedere (poi chissà).

Applausi per DDL ma Burp per Favino doppiatore, anche qua un parallelo obbligato con la serie "politica" del momento, House of Cards.
 
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51 replies since 1/12/2011, 13:55   508 views
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