| Io inizio a non leggere più nulla ma raccolgo qui articoli e recensioni: CITAZIONE ROMA - L’inquadratura della Sistina ricostruita in studio, alle spalle dei cardinali riuniti in conclave, non si alza mai fino al Cristo di Michelangelo nel Giudizio Universale. Magari non c’è nessun motivo particolare, magari la ricostruzione in studio sarebbe stata troppo complicata. O forse è una forma di pudore, un po’ come quella Crocifissione nella quale Renato Guttuso, almeno all’epoca non credente, dipinse il Golgota senza ritrarre il volto di Cristo, coperto dal braccio della croce d’un ladrone. Di certo c’è molto pudore, anche stilistico, nel modo in cui Nanni Moretti rappresenta in Habemus Papam la Chiesa e le sue gerarchie. Non una banale o furba «prudenza» diplomatica, tanto per evitare discussioni. Piuttosto uno sguardo attento e colto, di rispetto laico, anche sui volti puliti delle suore e dei sacerdoti che appaiono come comparse. È davvero raro che il cinema offra un’immagine della Chiesa così aliena dai tópoi che pullulano nei cosiddetti «blockbuster» hollywoodiani: porporati callidi, trame, invidie, carrierismo, veleni.
SEQUENZA SIMBOLO - In un’opera incentrata sul senso umano di inadeguatezza, la sequenza-simbolo è forse la carrellata sui porporati che nel conclave, durante lo scrutinio, pregano di non essere eletti, «Signore, fa’ che non sia io». Certo, si tratta di una «commedia», come l’ha definita lo stesso Moretti. E nel film si susseguono situazioni buffe, si vedono cardinali che giocano a pallavolo o a carte (e uno s’arrabbia col compagno perché non ha sparigliato), fanno puzzle prima di andare a dormire o cercano di uscire dal Vaticano (invano: finché il Papa non si mostra ai fedeli, devono restare tutti lì) per fare colazione a Borgo Pio e andare a vedere una mostra di Caravaggio. Ma non c’è mai derisione, semmai l’ironia di Moretti (“cardinale, non si gioca più a palla prigioniera da cinquant’anni!”) vira al sarcasmo verso gli psicoanalisti e (soprattutto) i giornalisti. Lo sguardo sui cardinali, piuttosto, appare affettuoso, anche le piccole ingenuità e fragilità hanno l’effetto di renderli più vicini e mostrarli per ciò che sono: esseri umani, come tutti. Quando i porporati s’interessano delle quotazioni dei bookmakers, la soddisfazione di chi scopre d’essere stato messo ai primi posti è infantile quanto la delusione del cardinale che viene a sapere di non esser stato nemmeno preso in considerazione. Ma nessuno ambiva a diventare pontefice, all’elezione del cardinale Melville segue il sollievo umanissimo degli altri, nemmeno il cardinale che era favorito ci resta male ed anzi apparirà come il più sinceramente angosciato per il travaglio del nuovo Papa.
LA FEDE DI MORETTI - Resta quella sorta di velo sul volto di Cristo, in tema di fede Moretti è sorvegliato e agisce per sottrazione: l’esistenza di Dio, il dilemma se siamo o meno nell’universo per caso, è uno scambio di battute durante il torneo vaticano di pallavolo; salvo allo scrutinio, non vediamo mai i cardinali pregare; però nel suo vagare per Roma vediamo il Papa entrare (in incognito) in una chiesa. «Ha problemi con la fede?», gli chiede lo psicoanalista interpretato da Moretti. E lui risponde di no: non è che non creda più in Dio, non crede più in se stesso. Il senso d’inadeguatezza, appunto. Dalla finzione alla realtà, anche Benedetto XVI raccontò d’aver provato «un vero choc» nel libro intervista «Luce del mondo»: «Sì, in effetti il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce...». Anche se poi aggiunse: «Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po’ di pace e di tranquillità. L’unica cosa che sono riuscito a dire, a chiarire a me stesso è stata: "Evidentemente, la volontà di Dio è diversa, e per me inizia qualcosa di completamente diverso, una cosa nuova. Ma Lui sarà con me..."». CITAZIONE ROMA - «Ma chi altro è in concorso?». Nanni Moretti presenta alla stampa il suo Habemus Papam e, scopre, durante la conferenza stampa convocata, a sorpresa, poche ore prima, di essere in concorso sulla Croisette insieme a Paolo Sorrentino. Con una di quelle inversioni di ruoli a cui il regista ci ha abituato negli anni le domande le fa lui: «Scopro ora che mi hanno selezionato? Ma chi sono gli altri? Qualcuno lo sa?». «Soddisfatto, rilassato, particolarmente di manica larga con i giornalisti («Quasi ogni lettura è lecita. Quasi»), Moretti è pronto a darsi in pasto alla curiosità che – da due anni – sta circondando questa pellicola. «Ho lavorato molto a questo film e una decina di giorni fa, quando abbiamo iniziato a ragionare sulla presentazione del film, ero stanchissimo. Poi io sono uno di quei registi che quando parla dei propri film fa confusione». Però, dice ci ha pensato e ha preferito convocarla la conferenza stampa: «in fondo, dato faccio un film ogni...». Coro dei giornalisti in sala «...morte di papa». «Ecco, l'avete detto voi».
INADEGUATEZZA - La storia di un uomo in crisi (Michel Piccoli), che, incidentalmente, è chiamato dalla storia a fare il papa («Sono stato scelto ma questo mi schiaccia. E mi confonde. In questo momento la chiesa ha bisogno di una guida che abbia per tutti capacità di comprensione. Ho capito di non essere in grado di sostenere il ruolo che mi è stato affidato»). Per non rovinare il gusto agli spettatori non è il caso di raccontare una trama finissima e tutta da godere. «Volevo raccontare un personaggio fragile, che si sente inadeguato rispetto al ruolo che deve ricoprire, però all’interno di una commedia dove si muovo anche altri personaggi, altre situazioni. Il sentimento di sentirsi inadeguati penso capiti a tutti i cardinali quando vengono eletti papa». La curiosità generale, ovvero come sarà accolto il film dalla gerarchie vaticane, non lo sfiora. «Non penso a nessun tipo di pubblico quando un giro un film. Quando ho girato La stanza del figlio non pensavo agli psicoanalisti, per questo non ho pensato ai cardinali. Come lo giudicheranno non è tra i miei primi 500 problemi in questi giorni». In soccorso al papa in crisi di identità viene chiamato lo psicoanalista Brezzi, accolto in Vaticano dal portavoce Jerzy Stuhr: «Dobbiamo fare qualcosa, subito. Perché lei è il più bravo». «Che condanna, me lo dicono sempre...». Battuta che giustifica la domanda: quanto c’è di Moretti nel suo personaggio? «C’è un po’ di me in tutti e due: nel mio e anche in quello di Michel Piccoli. Però voglio chiarire che io, a differenza di quanto ipotizzato, non ho mai pensato di intere fare io il papa depresso. Mai stato neanche in discussione».
WOJTYLA & MELVILLE - Conferma invece l’impressione, espressa da un giornalista polacco, che i riferimenti reali (gli unici riconoscibili) vadano ricondotti a papa Wojtyla (il film inizia proprio con i funerali di Giovanni Paolo II) tra cui quello che Melville (questo il nome del cardinale interpretato da Piccoli, nome rubato a uno dei registi a cui Moretti dedicò una retrospettiva come direttore del festival di Torino) è appassionato di teatro ed avrebbe voluto fare l'attore. «Chi vede in questo personaggio dei riferimenti a papa Wojtyla, non posso dire che sbaglia». Sbaglia, invece, spiega Moretti, chi prova a leggere il film in chiave di attualità politica. «Cosa penseranno i francesi dell’Italia vedendo il film? Non è che io attraverso i miei film sento il dovere di raccontare l’Italia ai francesi o ai portoghesi. Racconto le storie che sento l’urgenza di raccontare». E, a proposito di urgenza di racconto, Moretti non si tiene e approfitta di una domanda per regalare un aneddoto. Sul set c’è stato più incidente – compreso un attrezzista salvo per miracolo (…) e Franco Graziosi che ci ha rimesso un femore - e, ogni volta, si finiva al Pronto soccorso dell’Ospedale Santo spirito. «Siamo arrivati con Graziosi con l’ambulanza: “Oh, ma che state a gira’ un film de guera?».
SITO & QUIZ - Poche ore e il film sarà non più materia di curiosità giornalistica, ma di dibattito dei morettiani doc. Per loro da giorni online c’è un sito che man mano svela un pezzo, impersonificato da un cardinalino. «Il sito del film Domenico Procacci che coproduce con Fandango lo considera come lancio, io, invece, come extra. Magari tra qualche settimana metto qualche ciak tagliato, qualche scena». Ci sarà anche un piccolo regalo. «Tra un paio di settimane ci metto un gioco. Ho fatto un filmino con quaranta film amati ad me come spettatori. Metterò un premio per chi li indovina tutti: venti sono facili, dieci difficili, cinque molto difficili e cinque impossibili. Impossibile che qualcuno indovini: dovrebbe essere nella mia testa. Glielo sconsiglio». Habemus Nanni. CITAZIONE ROMA - Spesso la genialità di un autore è racchiusa nei dettagli della sua opera. E la grandezza di Habemus Papam - ultimo, attesissimo film di Nanni Moretti, da domani nelle sale - la si coglie già dai primi minuti di pellicola. E precisamente nella scena in cui gli oltre cento cardinali riuniti in conclave, per l'elezione di un nuovo pontefice, cominciano silenziosamente, e contemporeaneamente, a pregare: chiedendo tutti insieme a Dio non di essere scelti, ma di non essere scelti per il soglio di Pietro...
LE IMMAGINI 1 - IL TRAILER 2
Una sequenza spiazzante, suggestiva, sorprendente. Che chiarisce subito il tema affrontato dal regista: quello della riluttanza, dell'inadeguatezza. Perché questa invocazione collettiva e rinunciataria, da parte di alti prelati di solito rappresentati come troppo santi (nelle fiction agiografiche) o troppo ambiziosi (vedi Angeli e demoni), prelude alla storia dell'uomo che poi viene da loro eletto. Un personaggio che potremmo definire, con una celebre categoria sociologica, un eroe della ritirata: asceso a uno dei poteri più immensi e arcani del Pianeta, decide di rifiutare questa responsabilità. "Volevo raccontare la storia di qualcuno che si sente inadeguato - spiega il regista - e volevo farlo in chiave di commedia. L'inadeguatezza, se non è paralizzante o autodistruttiva, è un sentimento che consiglio a tutti noi".
Ma il senso del film - presentato oggi a Roma, in un'affollatissima anteprima stampa - non è solo nella parabola del suo papa protagonista, interpretato in maniera straordinaria da Michel Piccoli. E' nelle vicende parallele sue e dell'altro personaggio principale, lo psicoanalista ateo interpretato da Nanni Moretti, convocato in Vaticano dopo che una crisi di panico del pontefice neo-eletto porta a un congelamento della proclamazione. Uno, Piccoli, è dominato dal sentimento di non essere all'altezza del compito che gli è stato affidato. L'altro, Moretti, è invece un professionista sicurissimo di sé, che dice in continuazione di essere il terapeuta "più bravo di tutti". I due si incontrano, sullo schermo, solo una volta, nella sequenza (già ampiamente vista dal trailer) in cui l'uno chiede all'altro "ha problemi con la fede?". Poi le loro strade si separano: il papa fugge e si perde nelle strade di Roma, incontra la psicoanalista Margherita Buy, cerca di ritrovare il suo antico amore, il teatro. Moretti invece resta progioniero nella Santa Sede, insieme ai cardinali del Conclave (il portavoce vaticano, interpretato da Jerzy Stuhr, riesce a tenere tutta la faccenda segreta all'esterno): comincia a intessere un rapporto con loro, tiene conciliaboli sul non mischiare ansiolitici e sonniferi, organizza tornei di pallavolo... Fino a quando non arriva il gran rifiuto papale.
Una pellicola bella, intensa, apprezzatissima dalla platea di giornalisti. In cui gli uomini di Chiesa vengono raccontati tutti con affetto, descritti nelle loro umanissime ma non eccessive debolezze (ad esempio l'australiano che vuole disertare il divieto di non uscire dalla Santa Sede per andare a vedere le Scuderie del Quirinale). E in cui l'unico fastidio a proposito del Vaticano emerge quando il personaggio di Moretti parla con ironia del fatto che lì la benzina costa meno e si trovano farmaci impossibili da reperire altrove. Quanto allo stile, siamo effettivamente di fronte a una commedia: il film, in molti momenti, fa ridere. Soprattutto nelle parti in cui in scena c'è il regista.
Subito dopo la proiezione in anteprima, è il momento della conferenza stampa. Con un Moretti più loquace del solito, ma deciso a parlare solo della sua opera: niente politica, insomma. Interpellato su quanto c'è di lui nella storia che ha raccontato, sostiene di sentirsi in una via di mezzo tra i due protagonisti, lo psicoanalista "più bravo di tutti" e il Papa che non si sente adatto: "C'è qualcosa di me in tutti e due i personaggi - rivela - anche se non ho mai pensato di interpretare io il ruolo di Piccoli".
Questo sul piano psicologico. Ma il film, con una grande ricchezza registica e scenografica, mette sotto i riflettori anche un mondo affascinante e segreto come quello dei vertici cattolici. "Ho cercato di rispettare la verosimiglianza, nei rituali vaticani - racconta ancora Moretti - per la scena del giuramento delle guardie svizzere abbiamo preso un consulente. Per il resto, abbiamo guardato documentari. La sceneggiatura del film l'ho fatta leggere a monsignor Ravasi, il 'ministro della Cultura' della Santa Sede: il mio rapporto con loro si è esaurito qui. Non mi interessano le reazioni che il film avrà in quegli ambienti: non penso a nessun tipo di pubblico quando giro qualcosa. Ad esempio negli ultimi anni spesso abbiamo letto di scandali che riguardavano la Chiesa: ma io ho preferito non farmi travolgere da quei fatti. Il mio film è un'altra cosa". E alla domanda se se vorrebbe che papa Ratzinger vedesse la pellicola, risponde laconico: "Se vuole...".
Ultima annotazione: il film è stato selezionato, in concorso, al Festival di Cannes, unico italiano insieme a This must be the place di Paolo Sorrentino (che però è una produzione internazionale). "E ' un posto che conosco da anni - ricorda Moretti - ci sono stato per la prima volta 33 anni fa in gara con Ecce bombo: spero che aiuterà anche Habemus Papam. Ma non credo che i francesi aspettino i miei film per farsi un'idea dell'Italia: anche perché io faccio un film ogni morte di...".
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