Recuperato grazie al dvd uscito in edicola con Panorama, proprio due giorni prima degli Oscar.
A differenza di "Avatar" (altro film che ho apprezzato molto dal primo momento, anche senza ritenerlo il 2001 della situazione
), The Hurt Locker non è un film dai facili entusiasmi. E' un'opera molto lucida e scarna, che con occhio documentaristico (ma anche un certo acume psicologico) ci mostra la quotidianità della guerra, che è assurda proprio nel suo essere quasi monotonamente adrenalinica, sempre insomma in bilico sul filo della tragedia. In questa situazione non c'è quindi esaltazione, nè tantomeno retorica... nè in un senso (retorica pro-bellica e patriottarda) nè facilmente hippie-pacifista. Lo definirei neorealista nel suo limitarsi a mostrarci la guerra ma soprattutto gli effetti che provoca su persone assolutamente normali. In tutto questo il protagonista non è altro che uno zelante soldato che fa bene il suo mestiere, nè guerrafondaio nè stonianamente pacifista, che però rimane a tal punto assuefatto da questa realtà distorta da non riuscire poi a reintregrarsi in una normalità quotidiana che non è più però il suo mondo.
A tal riguardo, molto bella (e anche questa molto asciutta e priva delle catartiche prese di coscienza in stile Nato il 4 luglio) la scena del supermercato, col protagonista che si trova improvvisamente smarrito davanti a uno scaffale pieno di decine di tipi di cereali. Quale scegliere?
Per lui l'effetto straniante è talmente totale che è ben più facile la scelta, cruciale, tra due semplici fili di colore diverso di una bomba che sta per esplodere.
E così spiega il finale, che certa critica ha giudicato un po' ambiguo, vedendo in esso un messaggio "patriottico", dimostrando così di non aver visto il film o di averlo visto e non averlo compreso davvero.
Bel film quindi, che non suscita (facili?) entusiasmi e non fa gridare al capolavoro, ma che fa riflettere (e non poco) anche dopo la visione.
Tra questo e Avatar secondo me nessuno dei due avrebbe demeritato: sono due film molto diversi tra loro proprio come "carattere" e il fatto che l'Academy abbia scelto il livido realismo di questo al respiro epico-colossale di Avatar denota sicuramente una scelta "impegnata", che ha teso a premiare il film meno popolare e più dall'aspetto "indie".
Ottima la regia della Bigelow, che dona incredibile dinamismo anche ad azioni statiche, con movimenti di macchina che hanno il pregio non da poco di esprimere il tumulto interiore dei personaggi stessi.
Se tra questo film e Avatar avrei accettato di buon grado qualsiasi verdetto, devo dire che ho "tifato" fin da subito per la Bigelow alla regia, perchè merita sul serio.