| LARGO AL FACTOTUM! Le recensioni di Francis Delane
Mastruccio si era già avvicinato fuggevolmente all'horror con il finale a sorpresa di Mind the Gap, che nella sua efficacia spettacolare sembrava preannunciare questo debutto del produttore ufficiale nel genere. Ne preparava anche i toni, dichiarando a quale tipo di horror Mas voleva ispirarsi: quello di natura più psicologica, per certi aspetti più thriller che horror vero e proprio, senza alcun elemento fantastico e con una presenza moderata di sangue, solo nei punti necessari. L'occasione è stata infine fornita dall'incontro fra il produttore e il romanzo di Peter Straub (che, lo dico subito, mi manca), che ben si presta alle atmosfere e allo stile della vena "crudele" di Mastruccio, quella per intenderci che comprende due 'perle nere' come La variante di Luneburg e Ivan il terribile. In un certo senso, anzi, c'è da dire che questo film li mette assieme, unendo l'adolescenza travagliata e difficilissima del secondo con la malvagità razionale e quasi tranquilla del primo.
In sostanza, il film racconta l' "educazione sentimentale", per dirla con Flaubert, di un serial killer, per opera di una figura affascinante e inquietante di zio, cui Ewan McGregor dona una bonomia e una spontaneità che fanno a pugni (in senso buono, anche se a tratti risulta difficile immaginarselo) con le sue azioni efferate. Il film segue l'evolversi di questa malvagità interiore, mai spiegata e quindi apparentemente immotivata, dall'infanzia, con le prime torture sui gatti, fino alla fine dell'adolescenza (la scelta finale del college). E' proprio questa malvagità immotivata il punto forte del film, quello che provoca la maggior tensione nello spettatore. Non siamo in presenza di una famiglia disfunzionale (anche se si potrebbe pensare a una madre troppo apprensiva e a un padre superficiale, però sono solo accenni non confermati), né in situazioni di povertà e miseria, e nemmeno in presenza di difetti fisici o psicologici che provochino emarginazione in contesti come la scuola: per questo, di primo acchito, la malvagità senza fini e senza motivazioni di Keith colpisce lo spettatore come un pugno nello stomaco. Le scene con Miller (il povero Isaac Hempstead-Wright, che in puro stile Stark continua a farsi torturare), da questo punto di vista, sono agghiaccianti, anche grazie alle accurate descrizioni della sceneggiatura. Sono inoltre rese più spaventose dal fatto che non le vediamo per davvero, le scene di tortura (a parte quella sessuale, ma lì è di tipo diverso la tortura), esse ci vengono suggerite, così che la mente possa galoppare (in)disturbata.
Tuttavia, bisogna dire che esaurito il primo attimo di paura la sensazione che resta è effettivamente di un'incompiuta. Incredibile ma vero, a fine lettura si rimane con il desiderio di saperne di più, non si è affatto sazi degli orrori che si sono visti. Non è desiderio di una punizione del colpevole (c'è, ma ci abbiamo fatto il callo alla sua delusione), né negazione di ciò che si è detto sopra sulla malvagità immotivata. E' però la sensazione che di tutto questo si sia resa soltanto la superficie, che ci potesse ancora molto da lavorare in questa direzione. Ad es., i rari momenti di soprassalto morale di Keith, come la scena nella caffetteria, potevano essere allargati un po' di più, perché sono gli unici momenti in cui la sua discesa verso il male si muta da inclinazione caratteriale a vera e propria scelta morale, e non dico che siano per forza la cosa più interessante, ma certo potevano fornire delle buone occasioni. Oppure, mi sarebbe piaciuto osservare come Keith avrebbe reagito di fronte ad altre situazioni, magari altre vittime oltre al povero Miller. Sono comunque tutte cose che, sono consapevole, potrebbero essere più una critica al romanzo di Straub che all'adattamento di Mastruccio, il quale dopotutto ha solo portato sui nostri schermi una storia non originale: non è però una bella cosa, mai, che un film anche virtuale lasci lo spettatore con un senso di vuoto.
Ottima la scelta di Polanski, per cui la malvagità, la sua presenza ossessionate e grottesca, la violenza intesa come devianza mentale, sono sempre stati temi centrali di indagine. Cast molto ben scelto, dove spiccano sia McGregor sia il giovane Kodi Smith-MacPhee, ma dove tutti si fanno notare in qualche modo. Musiche sempre in tema, che mi hanno consentito per la prima volta di poter sperimentare, grazie alle mie casse di recente acquisizione, l'effetto sfumatura (vi consiglio di provarlo). Sito curato e pieno di curiosità.
VOTO: 7. Non un debutto folgorante, ma certo un solido film di genere che stabilisce un buon punto di partenza per ulteriori approfondimenti del genere, che ci auguriamo avvenga al più presto.
|