CITAZIONE
La scelta di estromettere parti della vita artistica di Totò è dovuta al fatto, molto semplicemente, che volevo mettere al centro del film l'uomo e non tanto l'artista, che comunque c'è, ed in maniera anche molto estesa.
Peppino De Filippo non è rappresentato nella fiction, perché nel periodo storico che racconto (il De Curtis anziano e vicino alla morte) non è una figura importante quanto lo era stata invece negli anni precedenti e soprattutto nel periodo dei film della serie "Totò, Peppino, e...).
Il De Curtis attore cinematografico lo si vede nel periodo che racconto (infatti Pasolini è di quegli anni lì), e non ho visto utile, nella logica del pecorso narrativo, la presenza di scene che raccontassero il "making" di film di altri anni che io non ho inteso raccontare. Come dice giustamente qualcuno, di questi film vediamo in tv, anche in questi giorni, la riproposizione continua in tutte le ore. E comunque, volevo rendere visibile l'idea che lui aveva circa la propria carriera cinematografica, che riteneva infinitamente meno valida di quella teatrale. A ragione, perchè tutti quelli che hanno avuto la fortuna di vederlo in teatro hanno potuto testimomiare (ne ho lette moltisisme) che il Totò cinematografico era appena un decimo "potente" e geniale di quello che agiva sulle tavole del palcoscenico. Se ci infilavo varo "making" e scene del Totò cinematografico, tutto ciò non potevo naturalmente ottenerlo.
Io capisco questo punto di vista, ma a me continua a sembrare che in tal modo il risultato sia parziale, e che in realtà non faccia affatto comprendere chi fosse Totò.
Tanto per cominciare, il Totò cinematografico non è quello pasoliniano: Pasolini ha preso Totò nei suoi film alla fine della carriera e ne ha fatto una versione sua, bellissima, ma sua, e nemmeno particolarmente amata dal pubblico. Il Totò cinematografico, quello che poi è passato ai posteri e che continuamente rivediamo in televisione, è quello dei film prima, dei "Totò e Peppino" e delle farse, ma anche delle bellissime commedie pre-all'italiana come
Totò e Carolina di Monicelli. Quello è il Totò amato dal pubblico, anche perché è quello che più fedelmente rende almeno l'ombra di quello che era in teatro: Pasolini è stato solo il gran finale.
Quanto a voler rendere visibile l'idea che aveva lui della sua carriera cinematografica, ci sei riuscito perfettamente, ma non hai spiegato per niente da cosa derivava e perché, come si era sviluppata attraverso la lavorazione dei film, e soprattutto perché allora Totò faceva film. E' tutto molto sottinteso nel tuo film, molto "detto", ma poco "spiegato", e invece della spiegazione c'è bisogno, perché - a parer mio - è quella la parte più interessante.
Sull'uomo e sull'artista, ho già detto come la penso: non sono separabili, semplicemente. Antonio De Curtis senza Totò è un vecchio napoletano antipatico e pessimista, Totò senza Antonio De Curtis è una macchietta. Andavano raccontati entrambi, nella loro complessa e difficile interazione (che sarebbe stata MOLTO interessante da raccontare), se si voleva rendere un ritratto completo di Totò.
E per quanto riguarda il rapporto teatro-cinema, io sono giunto a questa conclusione: sì, Totò in scena poteva anche essere più potente, ma del Totò teatrale non ci è rimasto nulla, se non le scene finite nel cinema, che in tal modo lo preserva. Per noi, oggi, Totò è un volto cinematografico, cui il teatro fa "solo" da prologo e spiegazione. Il vero rapporto che interessa a uno spettatore d'oggi è quello fra Totò e il cinema, perché ha visto i film e conosce quel Totò. Si deve dirgli che Totò preferiva il teatro? Sì, perché è la verità. Si deve allora non far vedere come ha vissuto il suo rapporto con il cinema perché quello non è il "vero" Totò? No, perché alla fin fine l'immaginario del pubblico è quello.
Quanto a DeNiro, secondo me ci sta, quindi qui non dico niente.