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The Grandmaster
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The Grandmaster, un film di Wong Kar-wai

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Merlino*
view post Posted on 20/9/2013, 23:26




locandina

The Grandmaster

Titolo originale: Yut doi jung si
Nazione: Hong Kong, Cina, France
Anno: 2013
Genere: Azione, Drammatico
Durata: 123'
Regia: Kar Wai Wong
Sito ufficiale: http://thegrandmasterfilm.com

Cast: Zhang Ziyi, Tony Leung Chiu Wai, Le Cung, Song Hye-kyo, Chang Chen, Woo-ping Yuen, Leung Siu-Lung, Julian Cheung
Produzione: Block 2 Pictures, Bona International Film Group, Jet Tone Production, Sil-Metropole Organisation
Distribuzione: Bim Film
Data di uscita: Berlino 2013
19 Settembre 2013 (cinema)

Trama:
Il film inizia con la storia di Ip Man (Tony Leung), il leggendario maestro di Bruce Lee e della scuola di kung fu Wing Chun, e si trasforma in un grande affresco di un'epoca e di un mondo scomparsi. Ip Man nasce a Foshan, nel sud della Cina, in una famiglia benestante. Sua moglie Zhang Yongcheng (Song Hye Kyo) è una discendente della dinastia Manciù. Come ogni appassionato di Wing Chun, frequenta il Padiglione d'Oro, un elegante bordello dove si incontrano i maestri di kung fu di Foshan, e dove anche le donne custodiscono alcuni segreti delle arti marziali. Nel 1936 la Cina è alle prese con alcune turbolenze politiche e con la minaccia della divisione. I giapponesi hanno invaso le provincie del nord-est, meglio note come Manciuria. Costretto a lasciare la Manciuria occupata, arriva a Foshan il Gran Maestro delle arti marziali della Cina del nord, Gong Baosen (Wang Qingxiang). C'è già stato in passato, per favorire gli scambi tra artisti marziali del nord e del sud, ma questa volta viene a festeggiare al Padiglione d'Oro il suo imminente ritiro. La cerimonia prevede una sfida e una sua esibizione di arti marziali con un uomo più giovane. Per assistere alla cerimonia arriva anche la figlia del vecchio maestro, Gong Er (Ziyi Zhang), unica erede della micidiale "tecnica delle 64 mani", dello stile Bagua, creata da Baosen. E qui incontrerà Ip Man. Chi ha le carte in regola per accettare la sfida del Gran Maestro? Di sfida in sfida, i maestri si misurano gli uni con gli altri. Nel frattempo, l'occupazione giapponese del nord-est prepara il terreno per un tradimento che sconvolgerà il mondo del maestro Gong. E costringerà sua figlia Gong Er a prendere una decisione che cambierà il corso della sua vita. Gong Er e Ip Man si incontrano di nuovo negli anni cinquanta, a Hong Kong: un nuovo mondo popolato da vecchie alleanze, risentimenti duri a morire e frammenti di vite e desideri passati. Ip Man vive anni duri e terribili, senza mai lasciarsi piegare dalle avversità. Apre una scuola di Wing Chun a Hong Kong, e ben presto conquista molti discepoli devoti (tra cui Bruce Lee) e diffonde questa forma di kung fu, che è ancora insegnata e praticata nelle scuole di arti marziali di tutto il mondo.

Sebbene Wilson Yip abbia realizzato tra il 2008 e il 2010 due lungometraggi incentrati sulla figura di Ip Man, leggendario maestro di Bruce Lee e della scuola di kung fu Wing Chun, pare che Wong Kar-Wai coltivasse l’idea di raccontarne la storia in un film già dal 1996; anno in cui, mentre stava girando in Argentina "Happy together", notò in un’edicola una rivista con la foto del protagonista di "Dalla Cina con furore" e "I tre dell’operazione Drago" in copertina.
Film che, con il Tony Leung di "Hard-boiled" nei panni, appunto, dell’insegnante cinese di arti marziali, ha visto la luce soltanto diciassette anni dopo per destreggiarsi tra la Cina del 1936, alle prese con alcune turbolenze politiche e con la minaccia della divisione, e quella degli anni Cinquanta, caratterizzata da una Hong Kong divenuta un nuovo mondo popolato da vecchie alleanze, risentimenti duri a morire e frammenti di vite e desideri passati.
Una nazione in cui, accompagnati da una voce narrante, assistiamo alla cerimonia per l’imminente ritiro di Gong Baosen alias Wang Qingxiang, Gran Maestro delle arti marziali della Cina del nord, alla quale partecipa anche la figlia Gong Er, ovvero la Ziyi Zhang de "La tigre e il dragone", unica erede della micidiale "tecnica delle 64 mani" e dello stile Bagua.
Ma, nonostante ad aprire la visione, subito dopo i titoli di testa, sia un combattimento che avviene sotto la pioggia, non aspettatevi il classico kung fu movie tempestato di botte da orbi e acrobazie fisiche, in quanto vi ricordiamo che a trovarsi dietro la macchina da presa è un cineasta tutt’altro che propenso all’exploitation su celluloide.
Un cineasta che, supportato anche dalla splendida fotografia di Philippe Le Sourd, come di consueto cura in ogni minimo dettaglio le immagini, tanto da conferirgli poesia, rischiando in più occasioni, però, di confondere lo spettatore nei confronti dell’evoluzione della vicenda, atta a ribadire, inoltre, che ogni sfida conduce verso una più alta vetta.
Quindi, con una messa in scena e una colonna sonora che rimandano, in un certo senso, a "C’era una volta in America" di Sergio Leone, quelle che prendono forma sono oltre due ore di pellicola che, al di là di uno scontro che si svolge accanto a un treno in corsa, tendono a privilegiare dialoghi e lenti ritmi di narrazione, fino a un’ultima sequenza posta durante i titoli di coda.
Oltre due ore di pellicola che, visivamente accattivanti e volte a ricordare che dobbiamo fare i conti con il destino perché, negli scacchi e nella vita, la mossa fatta non si cancella dalla scacchiera, riescono forse a risultare meglio comprensibili soltanto se fruite in seguito ai due succitati lavori di Yip.

Come ho già scritto in altro post questo è il film che più attendo di vedere tra quelli della nuova stagione cinematografica.
 
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Mr.Noodles
view post Posted on 21/9/2013, 00:11




è uno di quei film che dovrebbe durare almeno 2 ore e mezza
 
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Arcadia1983
view post Posted on 22/9/2013, 12:22




qua sta solo a Napoli, spero mantenga un'altra settimana così lo vado a vedere, sembra interessante.
 
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Mr.Noodles
view post Posted on 3/10/2013, 12:16




www.ondacinema.it/film/recensione/the_grandmaster.html

Dopo aver portato a vette inusitate l'arte stilizzata del suo cinema malinconico e sentimentale, Wong Kar-wai batté la strada americana con scarsi risultati: "Un bacio romantico" fu un insuccesso sia di critica che di pubblico, con appena un milione di dollari di incasso. Wong è così tornato a casa, dove ha ripreso in mano un progetto che coltivava da anni, a suo dire dall'epoca di "Happy Together" (1997): il racconto di Yip Man, noto in Occidente per essere stato il maestro di Bruce Lee.
Wong ha intrapreso la nuova esperienza con la solita maniacalità e "The Grandmaster" è diventata la sua ennesima odissea: accompagnato dal grande maestro di wushu Wu Bin, Wong ha attraversato la Cina e Taiwan raccogliendo informazioni e documenti d'epoca per realizzare quello che stava diventando il ritratto dell'epoca d'oro del kung fu cinese. Ventidue mesi di riprese e tre anni complessivi di lavorazione, con varie leggende come quella che vuole Tony Leung allenarsi per il ruolo da anni, riportando delle fratture alle braccia per ben due volte. In sede di sceneggiatura ha trovato il felice aiuto di Xu Haofeng, esperto di arti marziali oltre che regista che sta tentando di dare una lettura originale e storicistica al genere, il cui contributo è palese: l'opera è infatti intrisa di dettagli tecnici e di filosofia taoista (la massima "conosci te stesso, conosci il mondo, conosci l'umanità").

All'inizio del film, Yip Man (un misurato Tony Leung), paragonando alle stagioni il corso della vita, afferma che i suoi primi quarant'anni sono stati l'estate: siamo nel 1936 a Foshan, quando questo facoltoso artista marziale, outsider rispetto a i circoli che contano, ha la possibilità di diventare celebre sfidando Gong Yutian. Il vecchio maestro che ha unito sotto la sua guida le scuole del Nord e del Sud sceglie di ritirarsi e di trovare anche nel sud della Cina un uomo che divenisse punto di riferimento per tutti: la comunità si prodiga affinché a battersi con lui sia Yip che, infine, lo sconfigge in una sfida di destrezza. La figlia dell'anziano combattente, Gong Er, chiede e ottiene di vedere Yip Man per riscattare l'onore della sua famiglia, conosciuta per la sua imbattibilità. Gong Er e Yip Man si conoscono, si battono e il loro incontro finisce per essere un rendez-vous sensuale, fatto di mani che si toccano, abbracci, volti che si sfiorano: è qui che "The Grandmaster" cambia registro, passando dall'approfondimento storico-filologico sul kung-fu al melò wonghiano. Le due anime si intrecciano sullo sfondo di una Storia in subbuglio che vede susseguirsi lo scoppio della seconda guerra sino-giapponese, del secondo conflitto mondiale e, infine, la rivoluzione maoista che spingerà molti dissidenti a sbarcare a Hong Kong, colonia britannica. Come accennato, Wong non lavora semplicemente sul personaggio di Yip Man, ma si confronta con la fine di un'intera epoca, in cui i maestri del kung fu erano depositari di conoscenze, atletiche e spirituali, fuori dal comune, di un umanissimo senso dell'equilibrio spazzato via dall'incedere della Storia.

Chi credeva di ritrovarsi di fronte a un classico gongfupian, quale è ad esempio il biopic "Ip Man" di Wilson Yip, sarà giustamente spiazzato e forse deluso. Le coreografie di Yuen Woo-ping sono meravigliosamente artefatte, costruite sui dettagli e sui chiaroscuri della fotografia di Philippe Le Sourd (che cerca di seguire i passi del geniale Christopher Doyle), dalla saturazione cromatica dello scontro aperto dell'incipit, allo stepframing sotto la pioggia scrosciante (sottolineato da un attento sound design), passando per i ralenti che ci portano direttamente in contatto con l'interiorità dei protagonisti, col loro flusso di coscienza fatto di desideri, intenzioni e atti mancati. La sensibilità di Wong Kar-wai dona luce nuova agli scontri e ai personaggi del gongfupian, con una regia determinata a descrivere sia i plastici movimenti del corpo che gli sbalzi dell'anima: alla centralità del volto degli attori, si susseguono angoli di ripresa che talvolta li tengono fuori campo o ai margini dell'inquadratura, insieme a lampi di luce che ne oscurano i tratti. La narrazione frammentaria procede per ellissi, con alcuni andirivieni temporali, seguendo la vita dei due protagonisti per più di tre lustri. La parabola dell'amor de lonh, più potente perché espresso solo da gesti, allusioni e non-detti, lancia "The Grandmaster" nell'universo cinematografico wonghiano e, cronologicamente, balza agli occhi come accenni a quella storia di Hong Kong che confluirà in "In the Mood for Love"; nel personaggio di Gong Er, interpretato con intensità da Zhang Ziyi, si intravedono in filigrana diverse eroine wonghiane, in particolare proprio la Signora Chun di Maggie Cheung. Risiede in lei il cuore pulsante dell'opera, quello dove le tematiche care alla poetica dell'autore trapelano in superficie: Gong Er, votando la sua esistenza alla vendetta, rinuncia al matrimonio e a qualsiasi affetto, fino a essere fatalmente rosa dalle ferite del passato. Se in "2046" la mancanza di Su Li-zhen si riverberava in uno specchio ossessivo, che si rifletteva in molteplici amori, stavolta sia Wong che i suoi personaggi appaiono rassegnati all'impossibilità di una serenità sentimentale, davanti al dolore e ai sacrifici da sopportare per sopravvivere a un mondo dove si può solo rimpiangere un passato che non è più. Non è un caso che l'unico a trascendere il proprio tempo sia proprio Yip, il cui ruolo è spesso passivo rispetto agli altri personaggi, come d'altra parte appare superficialmente il suo stile di combattimento, il Wing Chun: soltanto la disciplina marziale è di sostegno per evitare di essere corrosi e distrutti dalle passioni più violente.

Le note che accompagnano lo spettatore nell'ultima parte, al triste commiato tra Yip Man e Gong Er, appartengono al "Deborah's theme" di Ennio Morricone: l'omaggio a "C'era una volta in America" è poi suggellato dall'inquadratura che vede Zhang Ziyi, drogata dall'oppio, lasciarsi andare a un sorriso come nel celebre finale del film di Leone. Inoltre, una curiosa analogia intercorre tra le due opere: com'è noto, Arnon Milchan rovinò la versione americana dell'ultima fatica di Leone imbastendo un montaggio che seguiva la vicenda in maniera cronologicamente lineare, così i Weinstein, meno aggressivamente, hanno imposto a Wong Kar-wai un cut più breve per la release internazionale. Così un film già di per sé contenuto (130' dalle 4 ore del primo montaggio) si è visto decurtato di altri preziosi minuti (anche la durata della versione proiettata nelle nostre sale è inferiore rispetto all'originale): la resa è inevitabilmente meno potente, soprattutto sul versante atmosferico-emotivo, poiché ci troviamo di fronte a uno di quei lavori in cui l'ambizione del regista deve dispiegarsi lungo un grande arco narrativo. Se di "C'era una volta in America" la versione integrale in Italia era uscita, questo non si può dire dell'opera di Wong che è rimasta in sala di montaggio. Superfluo aggiungere che, sebbene il formalismo wonghiano possa essere goduto solo sullo schermo cinematografico, la versione cinese vada recuperata per cogliere il vero senso dell'operato di Wong. Preghiamo anche perché esca al più presto un dvd con l'extended version, per capire la posizione nella storia di personaggi troncati dal poco minutaggio, come l'agente nazionalista "il Rasoio", la cui figura carismatica riesce a lasciare il segno pur comparendo solo tre volte, ma restando quanto meno oscura (forse conveniva eliminarlo del tutto). La sensazione è di trovarci di fronte al capolavoro mancato, dove all'innegabile fascino dello stile di Wong si aggiunge il mistero di un lavoro che, come a suo tempo "Ashes of Time" (1994), appare ancora in divenire.
 
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emilgollum
view post Posted on 23/2/2014, 11:47




Ma che film stupendo ho visto stanotte? Condivido i punti critici di Noodles però, perché si avverte soprattutto nella parte finale dei tagli che hanno fatto male al film. Se un film necessita le tre ore e mezza che duri il necessario! Dannati produttori.
Il C'era una volta in America di Wong Kar Wai con delle coreografie stupende e una Zhang Ziyi perfetta.
 
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yaniano
view post Posted on 23/2/2014, 13:07




sì, un bel film ma, come già detto da Peppe, poteva dare di più. Lo stile di Wong è inconfondibile e sempre ipnotizzante. Il film entra di diritto nei migliori 10 kung fu movie di sempre anche se lo farei entrare in questa categoria molto forzatamente. Voto: 7.5 .
 
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Clint1994
view post Posted on 23/2/2014, 13:38




L'avevo visto al cinema, pensavo anche di averne già parlato... Boh.

Comunque è un film visivamente pazzesco, di una bellezza mozzafiato, con immagini e musiche incredibilmente suggestive. La storia, però, almeno nella versione italiana, è quasi impossibile da seguire. Ci sono personaggi che appaiono dal nulla e poi scompaiono poco dopo, scene difficili da inquadrare... Insomma, sembra proprio che ci siano dei buchi tra una scena e l'altra. I tagli dunque si sentono e il film ce ne ha rimesso parecchio. Bisognerebbe vedere la versione integrale, che sicuramente sarà magnifica.
 
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yaniano
view post Posted on 23/2/2014, 13:49




CITAZIONE (Clint1994 @ 23/2/2014, 13:38) 
La storia, però, almeno nella versione italiana, è quasi impossibile da seguire. Ci sono personaggi che appaiono dal nulla e poi scompaiono poco dopo, scene difficili da inquadrare... Insomma, sembra proprio che ci siano dei buchi tra una scena e l'altra. I tagli dunque si sentono e il film ce ne ha rimesso parecchio.

esatto, io non ci ho capito un tubo.
 
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emilgollum
view post Posted on 23/2/2014, 13:59




la parte centrale con la guerra è tirata via. Hanno tentato di dividerlo a capitoli e a personaggio ma così è diventato anche didascalico. Insomma veramente poteva essere un capolavoro, ma non penso che la colpa sia di Wong Kar-Wai.
 
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Mr.Noodles
view post Posted on 23/2/2014, 23:01




io ho visto sia la versione cinese che quella italiana e la prima è sicuramente quella migliore. la parte occidentale è più didascalica e molto meno suggestiva. comunque si deve rivedere, eh. in realtà si segue abbastanza
 
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Andrew.
view post Posted on 30/3/2014, 18:44




Visto.
Ho alternato momenti di eccitazione per le scene spettacolari, ad altri di sonno profondo.
Tant'è che non sono riuscito nemmeno a finirlo, a un certo punto mi son reso conto che della trama non mi stava interessando nulla e ciò che aspettavo erano solo le scene d'azione, per cui ho preferito tagliare il discorso a metà film.
 
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view post Posted on 25/9/2015, 08:26
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Cinefilo Ad Honorem

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Stasera su LaEffe, ma non mi attira.
 
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Merlino*
view post Posted on 25/9/2015, 09:52




Io alla fine mica l'ho visto :(
 
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emilgollum
view post Posted on 25/9/2015, 21:55




non parlo di Merlino eh, ma certe volte vi fate intrappolare da certi pregiudizi sul cinema orientale... il film si segue benissimo, non capisco le difficoltà nel finirlo. Boh.
 
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13 replies since 20/9/2013, 23:26   108 views
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