| L'ALBERO SENZA FRUTTI by Clint94
Tratto da un libro di Camilleri, il nuovo film del veterano Andrew racconta la particolare storia d'amore tra due giovani, Nino e Minica, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, in una Sicilia povera e afflitta dalla guerra. La prima parte del film introduce i personaggi, racconta vari episodi della loro vita, fornisce un quadro accurato sui luoghi e sul modo di vivere dei protagonisti, due giovani innamorati che sognano di crescere un figlio, che però non riescono ad avere. Assistiamo così allo svolgersi dell'attività di casellante di Nino, alle ricerche dei due protagonisti del modo in cui risolvere il problema della nascita di un figlio, alle giornate che Nino trascorre insieme al suo amico Totò suonando nel locale del barbiere del paese per divertire i clienti. Ma la storia vera e propria, quella che dà anche il titolo alla pellicola (titolo davvero bello, mi piacerebbe sapere se è un'invenzione di Andrew, dato che il libro ha un titolo diverso), inizia a metà film, quando Minica subisce una terribile violenza che la segnerà per sempre. La storia d'amore, che inizialmente sembrava molto tradizionale e non particolarmente nuova, assume allora una dimensione molto più originale e interessante. Minica, impossibilitata ormai ad avere figli, segnata dal trauma fisico e psicologico subito, vuole diventare un albero per poter fare dei frutti. E Nino, con grande coraggio e umanità, deve cercare di assecondarla e allo stesso tempo di salvarla dai rischi che corre conducendo quel tipo di vita. La vicenda, che inizialmente sembrava leggera e divertente, si trasforma così in una storia d'amore delicata e commovente, con Nino che deve prendersi cura di Minica, vendicarla e sopravvivere ai vari avvenimenti della guerra. Una sceneggiatura ottima, quindi, che riesce a costruire dei personaggi tridimensionali, a raccontare una storia interessante ed emotivamente molto coinvolgente e a descrivere con chiarezza un mondo come quello della Sicilia degli anni '40. Ho apprezzato particolarmente il finale, pieno di speranza: era facile scadere nel patetico o fare un finale troppo tragico, ma Andrew ha superato con abilità questo rischio. Forse avrei preferito che Andrew tagliasse un po' di più la prima parte (tutte le vicende relative ai tentativi mancati di far nascere un figlio, le giornate con Totò) e si concentrasse maggiormente sulla seconda parte, che è quella davvero interessante; però, probabilmente, senza l'ampia introduzione della prima parte, la seconda parte non sarebbe stata così efficace. Alcune vicende secondarie, poi, sono un po' trascurate o fini a sé stesse (la parte relativa al soldato americano, per esempio, non si capisce bene dove voglia andare a parare). Ho fatto un po' di fatica, inoltre, nella lettura dei dialoghi in siciliano: alcune frasi ho dovuto rileggerle più volte prima di capire il significato e alcune (poche) parole non le ho capite proprio. Per i prossimi film, preferirei che il siciliano (usato giustamente, perché rende i dialoghi molto più realistici e credibili) sia un po' meno stretto: per chi, come me, abita da tutt'altre parti, rallenta la lettura e la rende meno scorrevole. Grammaticalmente, lo script è ben scritto. Se posso permettermi di dare un suggerimento a Andrew, però, direi che invece di “uno di quelli”, sarebbe meglio scrivere “uno di loro”: lo so che può sembrare una pignoleria, però ho trovato quest'espressione molto spesso e dopo un po' ha cominciato a darmi leggermente fastidio; anche se non è scorretto, credo che la forma da me proposta sia molto più bella da leggere. Notevole invece la caratterizzazione dei personaggi: Nino e Minica sono due protagonisti memorabili, due giovani umani e sinceri, spontanei, cui ci si affeziona in fretta. Fortuna e la Grimaudo forniscono due interpretazioni molto intense e rendono tangibili i sentimenti e le sofferenze dei due protagonisti: due scelte azzeccatissime, anche perché non scontate. Tra le figure secondarie, spiccano Michele Barrafato (un ambiguo e inquietante Enrico LoVerso, ottima scelta, anche questa non banale; la scena della sua morte è davvero cruda e terribile, ma resta impressa) e soprattutto Don Simone, il boss della zona, interpretato da un ottimo Burruano. Più scontato il personaggio di Totò. Buona la scelta di Salvatores: la storia è sicuramente nelle sue corde. Se fosse siciliano, sarebbe stato perfetto. Comunque, per una storia come questa, non saprei dire chi è più adatto di lui, tra i registi italiani. Sito graficamente non straordinario, contiene però tutto il necessario. La locandina è molto bella e suggestiva, una delle migliori di questo semestre. In conclusione, “L'albero senza frutti” è una delicata storia d'amore e un riuscito affresco di un'area e di un'epoca. Un film senza dubbio notevole, che riesce a coinvolgere ed emozionare grazie ad un intreccio originale e a dei personaggi molto umani. Non è il miglior lavoro di Andrew, ma è sicuramente un film molto sentito da parte del produttore e, finora, la miglior pellicola del semestre.
VOTO: 79%
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