| RECENSIONE DI MASTRUCCIO PER LA DREAMING STUDIOS Il secondo film presentato al Festival di Roma è “Il seggio vacante”, della Sunset Boulevard Films, tratto dall’omonimo romanzo di J.K. Rowling, creatrice del maghetto più famoso del mondo. Agnese si cimenta con una trasposizione impegnativa e difficile, dopo che le abbiamo tutti rotto un po’ le scatole con questa cosa, consigliandole di provarci, per capire meglio e sperimentarsi con la costruzione di una solida storia, con contenuti profondi e dialoghi più maturi. Il risultato è un film accettabile, certamente non privo di difetti, spesso i soliti difetti, ma che certamente le fanno compiere un gran balzo in avanti nella sua personale crescita come autrice di sceneggiature cinematografiche.
C’è da dire che, certamente, ha scelto di trasporre il romanzo più difficile e complicato che potesse trovare. La stessa Rowling, parlando del suo romanzo, ha detto che le viene difficile pensare ad un film su “Il seggio vacante”, mentre lo vedrebbe bene come un serial televisivo. Probabilmente non ha tutti i torti. Infatti il romanzo è una storia molto corale, con una moltitudine di personaggi, con intrecci parentali e sociali molto complicati, che non ha un vero e proprio protagonista. Il fulcro della storia è il paese inglese di Pagford, al centro di una lotta intestina fra tutti i personaggi per riuscire a prendere l’ambitissimo posto nel seggio del consiglio cittadino, lasciato vacante a causa della prematura morte di Barry. L’interesse della storia è dato dalla contrapposizione fra le diverse fazioni, e soprattutto dalla scoperta che la bella facciata di cittadina tipicamente english, con le sue belle case eleganti, l’antica abbazia e verdissimi prati ordinati e falciati quotidianamente, è solo un ipocrita velatura che copre nefandezze e odi razziali, gelosie e tradimenti, maldicenze infamanti e verità nascoste. Niente di originalissimo, sia chiaro, e probabilmente la realtà è che tutto il clamore suscitato dal romanzo è dovuto al fatto che l’autrice sia la stessa di “Harry Potter”, che usa qui un linguaggio totalmente diverso, pieno di riferimenti sessuali anche espliciti, con chiari intenti sociologici e di denuncia sociale. Fosse stato scritto da altri, sarebbe passato totalmente inosservato, almeno qui in Italia.
La sceneggiatura scritta da Agnese, evidentemente alle prese con la difficoltà di ridurre un romanzo molto corposo, si perde abbastanza presto nella ricerca di comprimere in molte meno pagine dell’originale tutta questa moltitudine di personaggi, tanto che si fa moltissima fatica a ricordare nomi, parentele, quale sia il rapporto di uno con l’altro, e certamente a dipanare questa confusione non aiuta il vedere chiamati diversi personaggi a volte col loro nome, a volte col cognome, ed un paio anche con i nomignoli. Penso che sarebbe stato meglio, se fosse stato possibile, tagliare ulteriormente situazioni meno importanti, eliminando così personaggi meno influenti nelle dinamiche e non fondamentali nel percorso narrativo. Io non ho letto il romanzo, ma immagino che ci possa essere ancora qualche situazione eliminabile, senza per questo influenzare negativamente la riuscita del film.
La parte creativa di Agnese si manifesta con l’inserimento, nelle dinamiche del racconto filmico, del fantasma di Barry, che fa da puntualissimo contraltare alle meschinità dei suoi compaesani, svelandone o rimarcando le ipocrisie, e suggerendo ai pochi personaggi positivi ciò che devono fare. E’ una trovata intelligente e suggestiva, anche se qualche volta l’intervento di Barry appare abbastanza superfluo, tanto è chiarissimo il marcio che ci viene raccontato.
Tecnicamente molto migliorata, Agnese denuncia però ancora una grave lacuna sintattica, grammaticale e lessicale. Certi errori sono da matita blu, e non si possono non fare notare. Non so quante volte abbia riletto lo script, ma se dovesse ancora cadere in questi errori, le consiglierei di farsi aiutare nella rilettura e nella correzione. Le case editrici si avvalgono dei cosiddetti “correttori di bozze”, perché, sia chiaro, nessuno è esente da imperfezioni, neanche i più famosi scrittori. Non è quindi una critica intrinseca al film, ma l’evidenziazione di una criticità non irrilevante, soprattutto alla luce della dichiarazione che la stessa Agnese ha fatto in passato circa il suo desiderio di fare di questa passione una vera e propria professione.
Stephen Frears alla regia è perfetto. Una scelta giusta, visti i suoi film anche recenti (The Queen). Il cast è ricchissimo di star mondiali, , a partire da Anthony Hopkins, continuando con Colin Firth, Helena Bonham-Carter, Kiefer Sutherland, Maggie Smith, Benicio Del Toro, e altri giovani, in primis Emma Watson. Devo dire che secondo me è un cast troppo all stars, per ruoli non così protagonisti, e alla fine si rivelano presenze troppo ingombranti. Inoltre credo che non sia stata scelta bene l’attrice per la parte di Sukhvinder. Samantha Barks, anche con i baffi e una vistosa peluria sulle braccia non potrebbe mai essere “un cesso”. Non era meglio, e più plausibile, scegliere qualcuna meno bella?
La colonna sonora, elemento distinguente in tutti i film di Agnese, è ricca di brani, praticamente quasi tutte canzoni, eccetto due. Questa volta mi sento di non condividere la selezione delle tracce, tranne quelle degli One Direction, direttamente interessate nella struttura del film tanto che Louis Tomlinson interpreta se stesso nelle scene dei sogni di Samantha. Magari mi sbaglio, ma mi è parso, questa volta, che la scelta dei brani canori sia stata fatta da Agnese più in base ai propri gusti personali che alle reali esigenze intinseche alle scene per le quali dovevano essere d’accompagnamento.
La locandina è ben fatta, e quell’aspetto anticato della fotografia rende bene ed evoca il clima delle ambientazioni del film. Il sito comprende le familiari pagine di cast, regia, curiosità, e un link al sito di Anobii per il libro, che risulta troppo scarno. Ce ne sono altri in rete molto più ricchi di commenti e recensioni.
Posso, quindi, concludere riconoscendo ad Agnese un gran coraggio, forse al limite dell’incoscienza, nell’aver scelto, per la sua prima trasposizione importante, un romanzo troppo difficile, troppo corale. Un osso duro anche per gli sceneggiatori più navigati. Ma tutto fa scuola, e perciò va bene così. I passi in avanti sono evidentissimi, e la ragazza ne farà di strada, eccome! Voto: 64/100
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