Intorno a
Reboot s’era parecchia attesa fin dall’inizio, innanzitutto grazie alla massiccia campagna promozionale del produttore e poi perché questo era, secondo le dichiarazioni di Oren, il film in cui aveva investito di più in termini sia di denaro che soprattutto di impegno e passione. Bisogna dire che questo film segna una sorta di spartiacque con le pellicole precedenti, infatti è marcatamente superiore agli ultimi film di Oren.
La storia è piuttosto classica, non brilla per originalità, ma è comunque efficace perché tiene sempre viva l’attenzione, anche a prescindere dalle scene action.
Come già detto, questo film segna un deciso passo avanti nella produzione di Oren, direi un vero e proprio salto. Pur essendoci alla base un soggetto trito e ritrito, il produttore ha saputo dare freschezza a tutta la pellicola gestendo bene i tempi e il ritmo, pennellando in maniera adeguata i protagonisti, sistemando qualche twist interessante e infarcendo il tutto con scene action spettacolari e mai pesanti da leggere.
Ottimo quindi il ritmo della pellicola (io avrei tagliato un po’ solo la parte centrale della pellicola per accorciare il film), che inizialmente si prende i suoi tempi e non partorisce scene action a profusione “tanto per”. Quelle che ci sono, sono funzionali alla trama e in particolare allo sviluppo del protagonista che, in maniera piuttosto realistica, ci mette parecchio tempo ad accettare ciò che gli sta succedendo e soprattutto il suo passato. Già perché questo è uno dei pochi action in cui il protagonista cazzuto è anche genuinamente simpatico, o quantomeno non è il solito Rambo che spara battute becere da quattro soldi ogni 2 minuti.
Ci sono poi due ottimi colpi di scena: il primo in particolare (sulla reale identità di Alice) è quasi del tutto imprevedibile e prende davvero in castagna lo spettatore.
Nota di merito anche per i dialoghi, decisamente migliorati rispetto alle ultime prove di Oren, molto più fluidi e naturali.
Un difetto però questa divertente pellicola ce l’ha ed è il finale, o meglio il non-finale. Premetto che io davvero non sopporto questa mania Hollywoodiana di trasformare qualsiasi storia in una trilogia, con il risultato che spesso il primo film risulta monco, senza un finale o, nella migliore delle ipotesi, con un finale fiacco. Anche se si tratta di una saga a episodi, ogni pellicola dove avere un proprio arco narrativo che si apre e si risolve all’interno di quella stessa pellicola. Altrimenti non sono film cinematografici, ma episodi di una serie tv con puntate lunghe 1 ora e mezza. Oren forse si è lasciato contagiare o magari, come è già stato detto, si è affezionato molto alla storia e ai personaggi con il risultato che praticamente non ha dato un finale al suo film.
Per tutta la pellicola, i protagonisti non fanno che andare alla ricerca di quella valigetta e quando finalmente la trovano non ci viene neanche fatto vedere cosa c’è dentro; il passato di Erick rimane ancora totalmente avvolto nel mistero (praticamente ciò che sapevamo all’inizio è ciò che sappiamo alla fine), non ci viene rivelato nulla su ciò che avrebbe fatto Erick prima di somministrarsi il Morpheus (solo i due poliziotti fanno delle ipotesi, ma sono vaghissime). Qual’era il suo incarico? Perché è arrivato a una scelta del genere? Questo è un dettaglio fondamentale anche perché è la premessa di tutto il film, la causa scatenante dell’ostacolo (l’amnesia) che il protagonista deve superare. Non sappiamo quasi nulla sulla Federazione, sul perché sia sulle tracce di Erick in modo così spasmodico.
L’arco narrativo viene aperto ma neanche vagamente richiuso. E’ vero che Erick riacquista la memoria, ma il film non ci mostra cos’è che ritorna a ricordare e quindi per lo spettatore ciò è quasi irrilevante.
Tanti, troppi interrogativi che rimangono senza risposta. Capisco la voglia legittima di lasciare la curiosità nello spettatore per un eventuale seguito, ma qui praticamente vengono rimandate tutte le risposte e le soluzioni come fosse il pilot di una serie tv.
Vaughn dirige ottimamente una pellicola pienamente nelle sue corde, esalta le scene più spettacolari e riserva la giusta attenzione ai protagonisti. Il cast è ottimo per un blockbuster di questo tipo. Il migliore è ovviamente Cooper assolutamente perfetto per la parte. Brava comunque anche la Kunis. Gosling fa il suo lavoro ma il suo personaggio non mi ha colpito particolarmente. Simpatico Clooney in un ruolo divertente, e spero che i due poliziotti abbiano un ruolo più centrale nel prossimo episodio.
Musiche a volte buone e adrenaliniche, altre volte meno (avrei sostituito alcune canzoni con dei pezzi strumentali)
Locandina buona, soprattutto l’immagine scelta e lo stile del titolo. Avrei tolto solo le scritte in alto a sinistra.
In sintesi
Reboot è un film fresco, divertente, piacevole che deve intrattenere e lo fa alla grande, anche con un certo gusto evitando derive trash. Buoni personaggi (soprattutto il protagonista), ottime scene action, bel ritmo e un paio di ottimi colpi di scena sono i principali pregi della pellicola. Certo, l’amarezza per una finale inesistente che lascia praticamente tutto in sospeso c’è (devo ancora riprendermi
), ma non cancella la bontà di una pellicola che si fa apprezzare splendidamente per almeno il 90% della durata.
70/100Complimenti quindi a Oren che ha fatto un salto enorme rispetto agli ultimi film e con questa pellicola apre sicuramente una nuova fase.