| RECENSIONE DI MASTRUCCIO PER LA DREAMING STUDIOS Dopo la grande abbuffata di Awards, Clint decide di proseguire sullo stesso solco tracciato da "L'ultimo sguardo" e "Lo sconosciuto n. 89", realizzando un altro film noir che trae spunto da una storia non sua, estrapolata da un anime, ma che viene sviluppata in modo che potremmo definirlo praticamente un originale. "La guardia del corpo" appartiene a quel genere di film che predilige l'intensità dei rapporti umani rispetto alle tipiche scene action, che peraltro non mancano. Infatti l'autore si concentra sui due protagonisti, il gangster Charlie e la "pupa" Amelia, descrivendo in modo coinvolgente il percorso che li vede via via sempre più uniti e affiatati, fino all'epilogo finale che chiude la storia, ed arricchendoli di un background ricco e sfaccettato, con dolorosi episodi del passato che riemergono grazie all'ausilio di puntuali flash-back.
Detto ciò, e rimarcando la ormai assodata bravura di Clint nel saper destreggiarsi come nessun altro collega negli ambienti noir, dobbiamo però far notare che lo script, pur ricchissimo di dettagli di inquadratura e descrizioni di atmosfere e ambientazioni, mostra parecchie grosse forzature, alcune abbastanza inverosimili, fatte notare dai miei predecessori e che quindi non ripeto, e una quantità fin troppo evidente di situazioni che sanno troppo di "clichè", e quindi, alla fine, di "già visto". Se nei precedenti noir di Clint ho assecondato l'uso a piene mani di stereotipi di genere, per questo ulteriore noir mi sento di denunciare una certa stanchezza, e un'assenza di novità e sperimentazione che diano nuova linfa ad un filone che, alla lunga, sta diventando piuttosto uguale a sè stesso.
Di Marc Forster ho visto "Neverland" e "007-Quantum of Solace", due pellicole totalmente diverse fra loro. La sua regia è apprezzabile, ma ho notato una certa freddezza nei tagli di inquadratura che qualche perplessità me l'hanno fatta sorgere. Tutti quei dettagli tecnici dei piani e dei campi, non inseriti nelle descrizioni drammaturgiche, ma scritti come meri tecnicismi di ripresa, fanno sì che, in certi momenti, sembra di leggere solo una sceneggiatura cinematografica e non un film cinematikino, malgrado l'ottima colonna sonora ricca ed adeguata. Probabilmente è una scelta che Clint ha fatto per dare al film un taglio duro e freddo, ma alla lunga la lettura risulta leggermente appesantita.
Il cast è buono, e si avvale delle ottime interpretazioni dei due protagonisti, Tom hardy ed Eva Green, sicura candidata nella cinquina ai prossimi Awards. La locandina fa pienamente il suo dovere con una bella grafica e il sito non è nulla di insolito e nuovo, ma risulta funzionale. Voto: 70/100 Dei "noir" di Clint, questo è certamente quello di tono minore, forse il capitolo, per il momento, conclusivo di un ciclo che gli ha dato enormi soddisfazioni. Un nuovo film di questo genere da lui tanto amato, se mai vorrà realizzarlo (ci sono dubbi?), dovrà però avere più freschezza, percorrere strade diverse e, perchè no, sperimentali. Ne ha le capacità e l'inventiva.
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