| RECENSIONE DI MASTRUCCIO PER LA DREAMING PRODUCTION
Con grandissimo ritardo, mea culpa (Amnésia mi ha assorbito tanto tempo), arriva la mia recensione per questa pellicola di Arcadia, presentata al L&S Contest 2012. “Don Giovanni” è un breve film tratto dal testo teatrale. L’aver conservato questa struttura narrativa è, nel contempo, la sua forza e il suo limite: sono da ammirare i dialoghi, estremamente taglienti e ben descrittivi dei caratteri dei personaggi (come un testo teatrale deve essere); alla fine, però, questi stessi dialoghi teatrali tolgono molto del carattere cinematografico che ci si sarebbe potuto attendere da una trasposizione. La storia si sviluppa praticamente un’unica ambientazione, la casa del patriarca di famiglia Jonathan Dante, vecchio e ormai disabile sceneggiatore per una major hollywoodiana. In occasione del suo settantesimo compleanno, la moglie organizza una reunion familiare. Facciamo così la conoscenza dei due figli Dick e Bruno (con famiglia appresso), Il primo è un talentuoso pianista omosessuale, che ha gettato alle ortiche una promettente carriera per dedicarsi all’insegnamento in una palestra (lavoro che ha perso per aver avuto una relazione con un suo allievo); il secondo è un attore alcolizzato e col fegato ormai consumato da una cirrosi, che ha deciso di rifiutare una parte molto importante per una serie televisiva, per ritrovare se stesso e la propria salute lontano dalla famiglia, moglie e figlia poco più che adolescente, lasciandoli praticamente sul lastrico. Con entrambi i figli, il vecchio padre ha un pessimo rapporto, ben descritto dai continui dialoghi contraddistinti da un feroce sarcasmo. Dialoghi molto efficaci, senza dubbio. La delusione del protagonista nei confronti dei figli, già chiara fin da quasi subito, nasce dalla convinzione che abbiano fatto scelte professionali e di vita che non corrispondono alle sue aspettative; non è celato, però, un senso molto personale di amore paterno, che si manifesta nelle ultime inquadrature. E’ una famiglia disastrata, dove non esiste comunque l’ipocrisia. Ci si dice tutto, in faccia e senza timore di ferire l’interlocutore. Proprio questo, paradossalmente, aiuterà, alla fine, i due figli ed il padre a iniziare un percorso di ricomposizione e riavvicinamento. Sceneggiatura impeccabile, scrittura tagliente e scorrevole, sicuramente la scelta di attenersi scrupolosamente ai dialoghi della piece teatrale ha aiutato Arcadia a costruire un film godibile. E’ certamente condivisibile l’opinione degli atri colleghi, che hanno sottolineato come sia troppo veloce il passaggio dalla tensione familiare della sera prima, alla riappacificazione del mattino successivo, senza alcun momento di confronto e chiarimento. Sarebbe stato opportuno inserire qualche scena in più per completare ed arricchire il racconto. Il cast è molto buono. La parte del leone la fa, ovviamente, Al Pacino. Il ruolo del vecchio patriarca gli calza a pennello, e lui, conscio della propria grandezza, si lascia andare ai suoi noti istrionismi, soprattutto quando c’è da tagliare a fette le vite dei figli. Diane Keaton interpreta la moglie Kate; è brava, ma mi è parso che la scelta di un’attrice di così alta e forte personalità non fosse l’ideale per un personaggio che, invece, è estremamente mite e non esplode mai, nemmeno alle più feroci intemperanze verbali dei propri congiunti. David Duchovny e Guy Pierce sono i due figli, loro si, credibili ed adatti al ruolo assegnatogli. Completano il cast la bella Naomi Watts e Ewan Rachel Wood, brave a calarsi nei ruoli secondari della moglie e della figlia di Bruno. Una piccolissima parte è assegnata a Steve Buscami, nel ruolo del vicino di casa, i cui gatti sono vittime del folle cane del vecchio sceneggiatore. Una parentesi divertente nel racconto, che gli dona un briciolo di divertimento. Le pochissime musiche classiche accompagnano correttamente uno script tutto dialoghi. Di più sarebbero state inutili. La locandina è di stampo letterario (sembra la copertina di un libro). Il sito è “da minimo sindacale”.
VOTO: 68/100
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