| Arcadia1983 |
| | Titolo originale: Ecce bomboRegia: Nanni Moretti Cast: Nanni Moretti, Fabio Traversa, Luisa Rossi, Lina Sastri, Glauco Mauri, Piero Galletti, Susanna Javicoli, Cristina Manni, Simona Frosi, Luciano Agati, Agenore Incrocci, Carola Stagnaro, Lorenza Ralli, Paolo Zaccagnini, Maurizio Romoli, Vincenzo Vitobello, Giorgio Viterbo, Fabrizio De Taddeo, Mauro Fabretti Soggetto: Nanni Moretti Sceneggiatura: Nanni Moretti Casa di produzione: FIlmalpa/Alphabeta Casa di distribuzione italiana: SacherFilm Trama: Un gruppo di amici "sessantottini" passa il tempo riunendosi al bar o discutendo ai microfoni di una radio. Tra questi, Michele Apicella, studente universitario con contrastanti rapporti con la propria famiglia, con gli amici stessi e con le ragazze, con le quali é impacciato e timido. Tra ideali non realizzati e la noia di una Roma d'estate, che fa da sfondo al film, passa la denuncia della mancanza d'ideali e di stimoli, causa del disorientamento giovanile. (da FilmUp) Anzitutto mi scuso se è un topic doppione (ma in lista non ho trovato niente). Visto ieri pomeriggio, su Rai Movie, per intero: ne avevo visto i minuti iniziali qualche tempo fa, poi per motivi improrogabili dovetti fermare la visione. Conoscevo però alcuni dei momenti "cult" della pellicola: il "Vengo-o-non-vengo" di Moretti al telefono, la frase su Alberto Sordi, i presidenti della Reppublica/formazione della Grande Inter, il "faccio cose vedo gente" e vari altri (che sono tutti precisi e arrivano al momento giusto). Ammetto che è un film che mi è piaciuto dall'inizio alla fine (bellissima, probabilmente è uno dei finali più belli - o comunque, interessanti - che ho mai visto, non scherzo), con momenti perfetti (il sole che sorge a Ostia, come raccontare la disillusione di una generazione in due minuti di cinema), bei personaggi (anche se volutamente un po' forzati, penso a tutta la compagnia di amici di Michele), battute al fulmicotone (fa ridere, e a tal proposito dopo posto un articolo con dichiarazioni di Moretti al riguardo, ma è un'ironia molto amara: io, per esempio, ho riso al momento del bar, quando gli amici decidono cosa fare la sera, però poi ripensandoci m'è venuto uno sconforto...), segno di una sceneggiatura scritta in stato di grazia. Moretti, al suo secondo film, dirige bene, con il rigore e la pulizia stilistica che da sempre lo contraddistinguono (ma io lo conosco poco). E, inutile dirlo, il film è ancora oggi attualissimo. Voto: 8 L'articolo con le dichiarazioni di Moretti: http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/s...ni-moretti.htmlCITAZIONE ROMA - "Mi avevano raccontato di uno straccivendolo che andava in giro urlando così. Avevo un orribile titolo alternativo: Sono stanco delle uova al tegamino". Ecco perché Ecce Bombo: "Solamente un suono. Ma posso ripartire da prima?".
Prego, Moretti. "Dopo i primi tre corti avevo scritto la mia prima sceneggiatura, Militanza militanza.... Mi accorsi però che non solo era difficile farmela produrre ma anche solamente farla leggere. Dopo un po' di sale d'attesa capii che, anziché lamentarmi, avrei dovuto continuare a fare da solo. Ancora in superotto. Lasciai perdere questa storia di un gruppo della sinistra extraparlamentare che si avviava a diventare partitino. E scrissi un canovaccio, più semplice da realizzare in superotto, che era Io sono un autarchico. Alla fine del '76 esce al Filmstudio a Roma, diventa un caso e cominciano ad arrivarmi delle proposte. Avevo, già pronto, il solito Militanza militanza... A febbraio nasce il "movimento del '77" e io mi rendo conto che la mia sceneggiatura ha perso di attualità, perché il nuovo movimento è completamente diverso dalle vecchie organizzazioni di estrema sinistra. Scrivo allora tre soggettini: uno si chiamava Piccolo gruppo, sull'autocoscienza maschile, un altro Delirio d'agosto, sul mio personaggio e i suoi rapporti con la famiglia, le ragazze. Il terzo era una storia d'amore ambientata nell'università. Ecce Bombo nacque dalla fusione dei primi due. Ho girato il film a settembre-ottobre '77, non immaginando il successo che avrebbe avuto, né che stavo costruendo un personaggio che sarebbe poi tornato tante volte: Michele Apicella. Ero convinto di aver fatto un film doloroso, che raccontava una porzione di realtà molto circoscritta e poco rappresentativa della condizione giovanile italiana. Tutto mi aspettavo fuorché l'identificazione che poi c'è stata, anche da parte di persone lontanissime".
Pensava di aver fatto un film drammatico e per pochissimi: fu subito percepito come un film comico e come specchio di una generazione intera, o quasi. "Questa è la fortuna del cinema. E poi sarebbe ridicolo se il regista pretendesse di fare il censore, il controllore o il vigilante delle reazioni del pubblico. Dal momento in cui un film è proiettato su uno schermo il pubblico lo vede come vuole. Rivedendolo mi è saltata addosso la consapevolezza che quei personaggi oggi potrebbero essere miei figli: il mio, quelli di Fabio Traversa o di Paolo Zaccagnini. La stessa compagnia di amici di Io sono un autarchico".
Come già in Io sono un autarchico e nei film successivi qui c'è anche suo padre che era professore universitario di epigrafia greca. "Mio padre aveva molto talento come attore. C'era però un patto tra noi: non dovevo dare sue foto alla stampa, non dovevo metterlo nei titoli e neppure nei trailer. Ad ogni consiglio di facoltà i suoi colleghi lo prendevano in giro. Ma sono convinto che fosse invidia".
È vero o no che voleva sentirsi ed essere identificato come discendente di Fellini e fratello di Bellocchio? "Non mi aspettavo niente, e non mi proponevo di imitare o di essere erede di nessuno. (Tra l'altro angosciandomi molto durante le riprese, e non ho mai saputo cosa rispondere a tutti quelli che mi dicevano: "Una cosa si vede chiaramente: che vi siete divertiti un mondo!". No, per niente, nessuna allegria, nessuna felicità)".
Insomma come si trova a rivedersi? Non arrossisce per la presunzione o l'ingenuità di quel Moretti? "Io ho verso il film le stesse reazioni che avevo un anno dopo averlo fatto. Quello che mi emozionava mi emoziona oggi. Casomai ci vedo qualcosa in più. L'aver colto cose che mi apparivano ovvie, come l'emergere delle radio e delle tv "libere" (si diceva così, non sapevamo che sarebbero diventate tutt'altra cosa). E mi viene in mente un'altra cosa, che non c'entra col film: 30 anni fa c'era un'opinione pubblica che reagiva e si scandalizzava, oggi non esiste più. Si digerisce tutto e le due frasi più ricorrenti sono: "La coerenza è la virtù degli imbecilli", stupida e prepotente. E l'altra: "Io non voglio dare giudizi". E perché? Te lo ha vietato il dottore?".
Non è tipo da aver fatto un'indagine di mercato: perché far riuscire Ecce Bombo a quasi trent'anni di distanza? Che cosa le fa credere che oggi possa incontrare un pubblico. E quale? "Penso che possa raccontare quel periodo e anche qualcosa di come siamo ancora: i rapporti tra le persone, quelli familiari, il velleitarismo.... Tra parentesi: io i film sugli anni '70 li ho fatti negli anni '70, come sugli anni '80 negli anni '80, e non dopo, quando sarebbe stato più facile. E poi non è che voglio "occupare il mercato", ce ne stiamo tranquilli al Nuovo Sacher e in una ventina di altre sale".
Ogni iniziativa presa nella sua sala è sempre baciata dalla fortuna... "Forse non è solo fortuna. E approfitto per ricordare che la sera, dopo l'ultimo spettacolo al Nuovo Sacher, reciterò il monologo Caro diario, dai quaderni che scrivevo durante la lavorazione di quel film".
Ecce Bombo uscì a pochi giorni dal sequestro Moro. "L'8 marzo '78. La settimana dopo i brigatisti uccisero cinque uomini della scorta e sequestrarono Moro. È un clima che ricordo ancora molto bene".
È più difficile oggi cominciare di quando ha cominciato lei? "No. Oggi come ieri bisogna essere determinati, non bisogna fare del vittimismo, bisogna crederci al punto di chiudersi ogni altra via d'uscita o soluzione di riserva. Almeno: io ho fatto così".
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