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War Horse, di Steven Spielberg, Incredibile: Ck anticipa la realtà!

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marenarobros
view post Posted on 20/7/2013, 15:01 by: marenarobros
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Questo pure mi manca come tutta l'ultima produzione di SS ma devo dire che mi attirano tutti (forse è la paura di restarne deluso). Gaetano anticiò il suo maestro con Cavallo nero carbone: geniale.

Valerio Caprara:

CITAZIONE
Un film grandioso, che si porta dietro interrogativi non meno voluminosi. “War Horse”, a prescindere dalle sei nomination agli Oscar, è, infatti, un superspettacolo per tutti contrassegnato dal marchio inconfondibile di Steven Spielberg. Uno Spielberg al cento per cento, classico, ingenuo e favolistico come nel clou degli anni Ottanta, volutamente smodato nel riproporsi come cantastorie indifferente ai dogmi dell’avanguardia. La chiave per valutare la trasposizione a tutto schermo del bestseller per ragazzi di Michael Morpurgo (editato in Italia da Rizzoli) sta proprio in questa vocazione, in questa scelta consapevole e a suo modo provocatoria: anche chi patirà il sovradosaggio degli effetti, la prevedibilità del congegno epico-sentimentale, la retorica (in senso classico hollywoodiano) di fotografia & musica, non potrà non ammettere che re Steven ci crede sino in fondo e la sua maestria registica non sgarra, in questo senso, neanche il più trascurabile dei movimenti della macchina da presa. Ed è un merito e non un’aggravante il fatto che il protagonista dell’odissea nei gironi sanguinari della prima guerra mondiale sia un maestoso purosangue baio. Un tipico prodotto Disney si può dire, ma in realtà Joey non è presentato nelle sembianze animali antropomorfe, bensì come personaggio autonomo e speciale, portatore di una “volontà” e uno “spirito” che si contrappongono naturalmente, fisicamente alle infamie innanzitutto della guerra e per metafora del mondo.
Emozioni senza remore, scene di massa impressionanti, fatalità, lacrime e gioie in stile “Via col vento” o “Il dottor Zivago”, 146 minuti tutti di slancio che iniziano negli edenici skyline del Devon, dove il puledro viene acquistato da un fittavolo sognatore e allevato con spasmodico amore dal suo figliolo Albert. Assediato dai debiti, il padre di famiglia è costretto a vendere l’ormai imponente Joey all’esercito inglese che si prepara a immergersi nei massacri della Grande Guerra: una sorta di simbolico calvario, nel cui corso il quadrupede passerà più volte di mano, caricherà i mitraglieri del Kaiser, sfuggirà per miracolo agli sterminati eccidi umani e animali, vivrà un incredibile intervallo di tranquillità presso una fattoria francese e si esibirà in sottofinale in una straordinaria sequenza di geniale contraddizione pacifista destinata a restare tra la scene-cult di Spielberg. Per rendere un film così commovente, albe e tramonti compresi, bisogna certo andare sopra le righe, svegliare il fanciullino che ci portiamo dentro, fare accuratamente rispecchiare tutti i caratteri nel proprio alter ego romanzesco, ridurre il messaggio nelle dimensioni di una semplice, ma non semplicistica parabola esistenziale. Spielberg, insomma, si conferma Spielberg tra il disincanto degli smaliziati e la gratitudine del pubblico.
 
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