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La prima linea, di Renato De Maria

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view post Posted on 5/11/2009, 17:59
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Cinefilo Ad Honorem

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MILANO - «Il film che trasforma i brigatisti in eroi». «Una storia contro il revisionismo filo-brigatista». Qual è il titolo del Giornale di Feltri? Il primo. E quale quello del Fatto quotidiano di Padellaro? Il secondo. Ovvio. La Prima Linea (nelle sale dal 20), il film sul terrorismo di Renato De Maria, tratto dal libro Miccia corta di Sergio Segio (ex comandante Sirio del gruppo terroristico), che racconta l’assalto al carcere di Rovigo, anno 1982, per liberare quattro «detenute politiche», si muove su una materia liquida, da maneggiare con cura.

La polemica è viva da tempo. Ieri ennesimo round, il confronto indiretto tra Feltri e Padellaro sul film con protagonisti due troppo belli per essere terroristi: Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno. Nel suo articolo il Giornale dà voce ai familiari delle vittime. A Giuseppe Galli, figlio del giudice Guido: «Della serie il bandito fascinoso che va a liberare la sua bella». Mariella Dionisi, vedova dell’agente Fausto: «La storia ce la raccontano gli assassini, i carnefici, i killer, non chi ha subito. Questi film finiscono per trasformare gli assassini in eroi». C’è però anche il pensiero di uno dei capi di Prima Linea, Maurice Bignami: «Non credo che si possa censurare un film solo perché parte da un libro di Segio».

Altro registro sul Fatto quotidiano, dove Luca Telese ragiona: «Quando a scrivere sono gli ex della lotta armata, i terroristi diventano sempre ragazzoni generosi, sognatori in buona fede, gente che si è abbandonata solo a qualche eccesso di troppo: è la piaga del revisionismo filo-brigatista». Per concludere: «Per la prima volta, il pubblico ha assistito al ribaltamento di questo schema» e vede «non una trionfalistica azione di guerra, ma una lenta e inesorabile discesa agli inferi». Insomma «un poema dolente e triste che rifiuta qualsiasi apologia della lotta armata».
 
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emilgollum
view post Posted on 5/11/2009, 18:01




Mi interessa davvero molto.
 
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view post Posted on 16/11/2009, 10:35
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Cinefilo Ad Honorem

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Il film di cui tutti hanno parlato e nessuno ha ancora visto. Mai frase di lancio (chi ha visto il trailer?) fu più azzeccata.

Una rassegna stampa sterminata, a una settimana dall'uscita (il 20 novembre, ci andrò senz'altro).

CITAZIONE
La prima linea', Lucky Red rinuncia ai fondi statali
Andrea Occhipinti, propretario della Società di produzione e distribuzione cinematografica Lucky Red, rinuncia al finanziamento statale per il film 'La prima linea' dopo le polemiche suscitate dalla sovvenzione al lungometraggio che racconta la storia del terrorista Sergio Segio, uno dei fondatori di Prima Linea.

"Abbiamo prodotto il film con l'intento di raccontare un capitolo importante e doloroso della storia recente del nostro paese, convinti che il cinema debba anche offrire spunti di riflessione sull`identità di una nazione. Consapevoli della delicatezza del tema, - spiega in una nota - abbiamo messo tutto il nostro impegno per rispettare la verità storica, la memoria e la sensibilità delle persone che da quella stagione di sangue sono rimaste colpite".

Per Occhipinti nel sovvenzionamento del film "non ci sarebbe stato nulla di male: un paese maturo non ha paura di guardare nel proprio passato". "Ma la polemica ha preso il sopravvento. Il finanziamento statale dato dal ministero per i beni e le attività culturali è legittimo, sulla base della legge vigente e della nostra carta costituzionale, così come legittimo è il fondo pubblico erogato dal Consiglio d'Europa (eurimages). Malgrado questo, per sgombrare il campo da ogni possibile strumentalizzazione, abbiamo deciso - prosegue la nota - di rinunciare al sovvenzionamento statale italiano".

"Domani il film sarà presentato alla stampa. Vorremmo che da questo momento l'attenzione di tutti si concentrasse esclusivamente sul film in quanto tale, sui suoi contenuti artistici, umani e storici. Più di ogni altra cosa, ci sta a cuore la dignità del nostro lavoro - chiude Occhipinti - e la speranza che il pubblico possa valutare il film senza inutili filtri polemici".

CITAZIONE
ROMA - Strano e complicato destino quello di La Prima linea di Renato De Maria, film liberamente tratto dal libro Miccia corta di Segio Segio. Da un lato le associazioni delle vittime del terrorismo hanno a lungo contestato i finanziamenti pubblici a un'opera ispirata al racconto di un pluriomocida (soldi a cui il produttore, Andrea Occhipinti, ieri ha pubblicamente rinunciato). Dall'altro, però, lo stile cupo, asciutto, non giustificazionista della pellicola non piace nemmeno al protagonista: Segio, appunto. Che dopo averla vista scrive di averla trovata "maccartista", "addomesticata" e "orfana di padre e madre", senza riferimenti alla "rottura rivoluzionaria" e al "movimento del '77".

Con queste premesse, è chiaro che all'anteprima stampa del film, questa mattina a Roma - dopo un passaggio al Festival di Toronto - c'è una platea di giornalisti da grandi occasioni. Con inevitabili strascichi critici. "Sono polemiche che ci possono stare - spiega con filosofia il regista - non mi sconvolgono più di tanto. Ma credo che averci fatto girare in questo clima sia stato grave, hanno tentato di non farcela proprio raccontare, questa storia".

Vediamolo, questo oggetto di scandalo. Dopo un breve inizio che illustra il clima degli anni Settanta, la strategia della tensione, il protagonista Riccardo Scamarcio (il personaggio si chiama Sergio, sullo schermo il suo cognome non viene pronunciato) racconta la sua storia all'interno di Prima linea. E così - concentrandosi soprattutto sull'assalto dell'82 per liberare dal carcere di Rovigo la sua compagna Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno) - si dipana la sua storia di militanza: dalle azioni dimostrative alla scelta della clandestinità.

L'approdo è la violenza contro le persone. Prima le gambizzazioni, poi gli omicidi politici come quello del giudice Alessandrini. Il punto di non ritorno arriva quando ammazza un affiliato di minore importanza, reo di avere parlato con gli inquirenti dopo l'arresto. Ma dopo tocca a Susanna finire in manette: e allora Sergio riforma un gruppo e riesce a farla evadere. Utilizzando armi pesanti e venti chili di esplosivo: la deflagrazione uccide un passante innocente. In seguito entrambi vengono arrestati: lui ha solo 26 anni.

Questa la storia. Raccontata con tono asciutto, con una sorta di fissità e di gelo emotivo che è la cifra stilistica scelta da registi e protagonisti. "Ci siamo tanto documentati - spiega De Maria, in conferenza stampa - abbiamo letto libri, visto La Notte della Repubblica di Sergio Zavoli, incontrato a lungo Segio e la Ronconi. La spiegazione che mi sono dato per le loro azioni è questa: la separazione dal mondo in cui hanno vissuto, dal momento in cui sono entrati in clandestinità". Come dice a Sergio, sullo schermo, l'amico Piero: "Siete la prima linea di un corteo che non vi segue".

Un'interpretazione, questa, avallata dalla Mezzogiorno: "Questi due personaggi - dice - avevano come una camera d'aria tra loro e la loro sfera emotiva. Un muro: l'ideologia". L'attrice poi liquida con fastidio le critiche sull'aver scelto due interpreti belli e carismatici per i terroristi: "Sono polemiche gratuite, basate sul nulla". Quanto al fatto che non si fanno analoghi film su un altro tipo di terrorismo, quello di destra, lei ha un'opinione ben precisa: "Essendo il nostro un Paese essenzialmente di destra, la sinistra si sente sempre in dovere di giustificarsi, mentre la destra ha l'arroganza di non farlo".

Parole forti, le sue. Che però impallidiscono, rispetto al Segio scatenato di questi giorni: qualche giorno fa ha scritto una e-mail a Repubblica.it ritenendo le parole contenute in un articolo sul film "gratuite e offensive"; e poi - nella nuova prefazione al suo libro - ha sconfessato totalmente la pellicola. Snocciolando una serie di accuse a cui Occhipinti replica: "Non è vero che abbiamo fatto concessioni ai parenti delle vittime: gli unici ad aver letto la sceneggiatura sono stati i membri della commissione del ministero, per ottenere il finanziamento pubblico. Io l'ho mandata solo, privatamente, al figlio di Alessandrini. Non è vero che abbiamo cambiato il titolo per pressioni esterne. E non è vero che abbiamo introdotto il personaggio di Piero (una solta di coscienza critica del protagonista) per far piacere al ministero".

Ma in fondo i realizzatori di La Prima linea dovrebbero essere lieti della scontentezza di Segio, che prova, in controluce, l'autonomia del loro lavoro. E un po' stupisce l'amarezza con cui un grande sceneggiatore come Sandro Petraglia parli oggi delle critiche ricevute dall'autore di Miccia Corta: "Siamo molto dispiaciuti, siamo stati leali con Sergio e Susanna. Sembravano contenti, il rapporto con loro era franco e aperto". Poi i due hanno cambiato idea dopo aver visto - prima dell'anteprima stampa di oggi - il film. Gli spettatori, invece, dovranno aspettare il 20 novembre.

CITAZIONE
Il cinema non ha risposte per noi
figli delle vittime del terrorismo
di BENEDETTA TOBAGI (nota di Pap: figlia di Walter Tobagi: http://it.wikipedia.org/wiki/Walter_Tobagi)

Il cinema non ha risposte per noi figli delle vittime del terrorismo

La locandina, a metà tra Pellizza da Volpedo (manca solo il bimbo in braccio alla Mezzogiorno) e la pubblicità di una nota marca di jeans, mi aveva preoccupato. Il trailer, sesso pistole e sguardi d'amore, ancor di più. Il film è diverso. Dolente, plumbeo, non estetizzante: una discesa agli inferi. La Prima Linea non è la semplice trasposizione di "Miccia corta"; non è apologetico. C'è il senso del fallimento. Capto un umore diffuso tra i primi spettatori: dopo tante polemiche preventive, giudizi positivi, meglio di quanto ci si aspettasse. Mi chiedo: meglio di che cosa, però?
Premetto: vederlo, per me, figlia di una vittima del terrorismo, è stato molto doloroso. Ho accettato di farlo perché prometteva spunti per una riflessione sui nodi irrisolti della nostra storia recente. Dovevo vederlo, il primo film sul terrorismo che esce dalla claustrofobia - gli appartamenti, le famiglie, il privato del riflusso - e affronta un pezzo della storia di Prima Linea, la seconda banda armata italiana, attraverso la vicenda di due dei suoi protagonisti.

Alle spalle, un apparato produttivo solido ed ecumenico che include i fratelli Dardenne, un'eccellenza del cinema europeo. Il regista Renato De Maria rifiuta il registro "poetico" di Buongiorno Notte, vuole ancorarsi alla realtà. Rivendica lo sforzo di evitare il "morocentrismo" che ha afflitto la narrazione cinematografica del terrorismo italiano, per interrogarsi sulle ragioni della tragedia di "tanto dolore arrecato, tanta dissoluzione di giovinezza".

L'intento è "raccontare un capitolo importante e doloroso della storia recente del nostro paese - spiega il produttore Occhipinti - nella convinzione che il cinema debba offrire spunti di riflessione sull'identità di una nazione abbiamo messo tutto il nostro impegno per rispettare la verità storica, la memoria e la sensibilità delle persone".

Alla luce di queste premesse mi pare un film "mancato", che si smarrisce tra privato, la love story tra i protagonisti, e pubblico, nascita e declino di una banda armata nel contesto dell'Italia degli anni Settanta. Manca il coraggio di un pensiero, una chiave interpretativa. Molti i temi sfiorati senza percorrerli fino in fondo: l'inconsistenza ideologica di Prima Linea; le dinamiche del "gruppo chiuso"; la scissione che consente a un uomo e una donna di amarsi teneramente e uccidere a ripetizione. Non c'è lo sforzo di ricostruzione complessiva de La Banda Baader-Meinhof, storia della Raf e del suo impatto sulla società tedesca. Nel cinema, Germania batte Italia 4 a 3 sin da Anni di Piombo della Von Trotta (1982).

Una sceneggiatura efficace impone tagli, sottolinea il regista. Sceglie tre delitti "simbolo": la gambizzazione del caporeparto di una fabbrica, l'uccisione di un "traditore" (il giovanissimo William Vaccher) e l'omicidio Alessandrini. Ma la verità storica patisce gravi mutilazioni. All'interno del percorso del film segnalo tre "buchi" che mi hanno stupito. Tra l'omicidio Vaccher e il primo arresto di Ronconi, cioè tra il febbraio e il dicembre del 1980, assistiamo a un colloquio lacerante: Segio vuole uscire dall'organizzazione, Ronconi no. Nella realtà, a marzo Segio uccide il giudice istruttore Galli. Nel film non c'è traccia di lui, non esiste. Quale storia, quale evoluzione del personaggio ci raccontano? Secondo: 1975, interno romantico, margherite gialle, nascita di un amore e di Prima Linea. Susanna Ronconi spiega a Segio che "prima studiava". Forse prima di entrare nelle Br e partecipare al primo omicidio da loro rivendicato a Padova (uccisero i militanti missini Mazzola e Giralucci, nel giugno1974). Il film accenna alle posizioni critiche dei piellini verso i brigatisti, ma "dimentica" l'origine della protagonista. Sarebbe stato un modo interessante di raccontare il rapporto tra le organizzazioni. Terzo: la sequenza dell'omicidio Alessandrini, straziante. Il repertorio dei funerali restituisce lo sdegno di un paese intero (pare che questa aggiunta sia frutto dell'incontro con le associazioni dei familiari delle vittime organizzato dalla Direzione cinema del Ministero, che tutti i protagonisti riferiscono esser stato sereno). Hanno sparato in due, e, parafrasando un vecchio numero di "Lotta continua", "a questo punto manca un figlio": Marco Donat-Cattin, rampollo del notabile Dc. Tra i (pochi) libri su Prima Linea brilla ineguagliato L'Italia nichilista di Stajano (1982), che racconta il terrorismo e una certa Italia attraverso la sua storia: auspico che qualche cineasta ne tragga un film che gareggi col Divo di Sorrentino.

Pur smarcandosi dalla sua interpretazione, mi pare che il film sconti, il vizio d'origine di avere Segio come fonte prima d'ispirazione, quanto meno nella selezione degli eventi e nella costruzione debole della psicologia dei protagonisti, che si muovono come ipnotizzati nella spirale di un fato ineluttabile: è sempre così nelle storie di vita dei terroristi narrate a posteriori, ma applicato alla ricostruzione delle loro azioni li fa apparire come automi, o alieni. La perizia degli sceneggiatori, l'ottima fotografia, il mestiere del regista, non bastano a colmare il senso di insoddisfazione per l'assenza di un ragionamento più profondo sul senso degli eventi nel contesto. Il cinema si giova solo in parte del sofferto percorso di evoluzione della narrazione scritta degli anni di piombo.

In questo film si specchia tutta intera la fatica dell'Italia di cimentarsi con la tragicità, la complessità e le contraddizioni del terrorismo italiano. Il cinema come arte, linguaggio, pensiero può volare alto sopra i limiti della cronaca per interrogarsi sulle contraddizioni della storia e dell'animo umano. Il mondo ci invidia il Neorealismo, che ha saputo raccontare l'alba della nostra Repubblica, un'impresa da far tremare i polsi. Sorrentino e Garrone hanno raccontato in modo illuminante squarci della criminalità organizzata. Sul terrorismo ancora si fatica persino a raccontarlo come cronaca. La Prima Linea ha evitato i rischi paventati alla vigilia. Ma c'è bisogno di più coraggio. E forse cominciare raccontando le Br e Pl come ha fatto Uli Edel con la Raf tedesca. E senza cancellare dal copione uomini come Guido Galli.

© Riproduzione riservata (13 novembre 2009)

CITAZIONE
Quei volti troppo belli per il Male
Ma «La Prima Linea» non è un film indulgente

Per la storia non conta che i terroristi fossero belli o brutti, fascinosi o repellenti. Per il cinema sì: l’intensità dei volti, l’espressività di uno sguardo, l’aura seduttiva di un personaggio sono tutto. E dunque (visto che le polemiche sono esplose prima ancora che il film fosse visto), c’è da dire subito che nei dialoghi, nelle scene d’azione, nelle confessioni dolorose, nella costruzione della trama, «La Prima Linea» non è affatto indulgente con il terrorismo

Non romanticizza le nefandezze di un gruppo di assassini che decise, nell’incendio ideologico che infiammò l’Italia degli anni Settanta, di ammazzare serialmente la gente perbene nel nome di una chimera allucinata di «giustizia proletaria». Ma se ai terroristi si regala il viso di Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, una patina di glamour rende più emotivamente soffici le loro cattive imprese. E il fascino del Male, si sa, gioca brutti scherzi. Non c’è nessuna grandezza nello Scamarcio-Segio che racconta l’omicidio del giudice Alessandrini, un piccolo grande eroe che accompagnava ogni mattina suo figlio a scuola a bordo della sua utilitaria e che venne trucidato mentre si recava, come ogni giorno, al suo posto di lavoro. Non c’è nessun trasporto auto-eroicizzante quando descrive il commando, con la Susanna Ronconi-Giovanna Mezzogiorno che preme con gelida imperturbabilità il grilletto assassino, che in un agguato al buio punisce con la morte il ragazzino fragile e impaurito colpevole di aver passato qualche informazione al nemico: l’esecuzione capitale di un poveretto marchiato d’infamia come «spia», e proprio quando il terrorismo, minato dal pentitismo, aveva imboccato la sua parabola discendente.

E anche l’assalto al carcere di Rovigo in cui il gruppo capitanato da Segio promuove a mano armata l’evasione di quattro detenute di Prima Linea, la Ronconi in testa, non ha nulla di avventuroso, appassionante, cinematograficamente avvincente. I protagonisti sono oramai dei burocrati del terrore che sbrigano la loro mansione uccidendo incidentalmente un povero pensionato che passeggiava con il suo cane. Un altro innocente. Un’altra vittima di una guerra dichiarata unilateralmente e che colpiva con ferocia fredda magistrati, poliziotti, giornalisti, dirigenti d’azienda massacrati come simboli di un potere da abbattere. L’ideologia, nel piccolo gruppo autistico che ha spezzato ogni legame con la realtà, viene applicata con ferrea coerenza, con maniacale ossessione, senza un briciolo di umanità comune, in un’atmosfera di lugubre tristezza, avvalendosi delle formule trite di un lessico povero, legnoso, disincarnato, miserabilmente dottrinario. Dice il Segio con il volto di Scamarcio (e lo dice nell’89, nell’anno in cui crolla rovinosamente il comunismo) che i terroristi, «militanti rivoluzionari» nel loro gergo, pensavano di rappresentare l’alba di un mondo nuovo, ma non erano che il tramonto del mondo vecchio che esalava così, nell’assurdo del sangue e della morte somministrata con l’indifferenza dell’arbitrio soggettivo. Pensavano di fare la rivoluzione e invece seminavano solo lutti e dolore. Vivevano incapsulati nel loro mondo parallelo: l’universo reale, con loro, svaniva e perdeva ogni senso. Perciò era più semplice uccidere persone non più reali, ma maschere di un gioco crudele e irreale. Però quei volti, nel film che non è solo un documentario, ma prende vita in una trama e nei suoi personaggi, sono troppo belli e seducenti per non apparire in contrasto con la tetra valenza mortifera del terrorismo italiano.

Naturalmente Scamarcio-Segio e Mezzogiorno-Ronconi si amano. Un amore scomodo, logisticamente impossibile, scandito dai tempi soffocanti della clandestinità. Ma basta quel poco per restituire non un frammento d’umanità (perché no? Questa non sarebbe indulgenza, ma senso della vita) ma un barlume di fascino a due ragazzi che stanno sì sprecando orribilmente la loro esistenza eppure, quando non sparano, non preparano agguati, non pedinano innocenti per annientare poveri padri di famiglia, sono due ragazzi inquieti e sensibili che hanno dirottato la loro passione sincera su obiettivi sbagliati. Un loro coetaneo, come chi scrive, può non restarne impressionato. Ma non si sa che impressione ne possa ricavare chi, con qualche anno di meno (anzi, con parecchi anni di meno) stravede per Scamarcio e la Mezzogiorno, pieni di fascino e con quegli occhi così belli. Il cinema non può che essere questo, del resto. E la sua storia è piena di grandi e fascinosi attori che sullo schermo hanno rappresentato il Male. La storia del terrorismo, invece, è stata solo Male. Irrimediabile. Non riscattabile: quando si uccide, chi è ucciso lo è per sempre.

Pierluigi Battista

CITAZIONE
La prima linea: eutanasia di un amore armato
Un viaggio onesto nel mondo del terrorismo italiano.

La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La prima linea: eutanasia di un amore armato La zona grigia
Liberamente ispirato al romanzo "Miccia Corta" e alla vita (e all'amore) di Susanna Ronconi e Sergio Segio, La prima linea di Renato De Maria racconta i drammatici eventi che colpirono l'Italia negli anni Settanta e hanno per protagonisti un uomo e una donna, membri del gruppo armato di sinistra Prima Linea. Partendo dal gennaio del 1982, giorno stabilito per l'evasione della Susanna di Giovanna Mezzogiorno dal carcere di Rovigo, e procedendo a ritroso, il film di De Maria mette in scena la brutalità nella quale sfociarono le iniziative dell'organizzazione terroristica e mette a tacere le polemiche e le speculazioni sterili che hanno preceduto l'uscita ma soprattutto la visione del film. Scritto da Sandro Petraglia e Ivan Cotroneo, prodotto da Andrea Occhipinti e dai fratelli Dardenne, La prima linea riferisce, senza celebrarle, le gesta di "cattivi" reali, eludendo i meccanismi di fascinazione e di emulazione da parte dello spettatore. De Maria si è evidentemente posto la questione dei processi di identificazione, dimostrando di comprendere bene l'appeal esercitato dai suoi protagonisti. Nonostante i ripetuti (e inquietanti) tentativi di "affondamento" del film, La prima linea di De Maria vedrà stelle e schermo e farà appello al solo giudizio del suo pubblico. A Roma per presentare il loro film, il regista, gli attori, gli autori e i produttori hanno discusso le modalità di rappresentazione della criminalità.

Fonti e consulenze
R enato De Maria: Siamo partiti dalla pubblicistica, abbiamo letto tutti i libri scritti dagli ex brigatisti o dai giudici che all'epoca condussero le indagini su di loro. Successivamente abbiamo guardato e riguardato il lavoro di Zavoli, La Notte della Repubblica, che includeva un'intervista a Sergio Segio, e naturalmente abbiamo incontrato Susanna Ronconi e Sergio Segio, sviluppando un rapporto diretto e umano con loro. Nel 2006, anno di pubblicazione del libro di Sergio (Miccia corta), rimasi fulminato dall'impianto narrativo del suo testo, già così cinematografico, che accantonai un precedente progetto per farne subito un film. Mi piaceva il suo tono crepuscolare, che coglieva bene la fine di un'epoca e di un'esperienza terribile di lotta armata.

Interpretando Susanna
G iovanna Mezzogiorno: Non è stato facile interpretare una donna come Susanna Ronconi, altrettanto trovare un modo di approcciare il mio personaggio. Prima di pensare a come impostare il mio lavoro mi sono guardata intorno, ho osservato le interpretazioni di altri colleghi e ho notato che i terroristi al cinema vengono rappresentati o in maniera eccessivamente romantica o con estrema durezza, io ho cercato di trovare la giusta via di mezzo. Susanna, in quegli anni, fu una donna determinata, spietata e sempre coerente con le sue idee politiche, ho cercato perciò di mettere insieme la donna vitale ed energica di oggi con quella del passato, di restituire la sua totale estraneità dalla realtà, per lei e per Sergio non esisteva nulla al di là del loro nucleo ed è stato anche questo a determinare il fallimento della loro azione. Tra il mio personaggio e i suoi sentimenti c'è il muro dell'ideologia, è questo filtro a permetterle di uccidere e di fare tutte quelle cose che lei credeva andassero fatte.

Interpretando Sergio
R iccardo Scamarcio: Per costruire il mio personaggio sono partito da un'intervista a Sergio Segio vista nella trasmissione di Zavoli. In quell'intervista colsi il suo essere portatore di una sorta di implosione, intuizione che mi fu confermata dopo il nostro incontro. Sergio Segio è una persona logica che fa analisi lucide con un tono della voce sempre pacato. Mi sono perciò lasciato ispirare da quel tono e da quella implosione. Il mio è un personaggio che prende coscienza della sconfitta, la sua vita è una lunga agonia che lo condurrà fuori dal gruppo armato e dentro il carcere.

Non ho l'età
R enato De Maria: Uno dei motivi che mi ha spinto a girare questo film è senza dubbio legato alla giovane età di Susanna e Sergio. Quando nel gennaio del 1982 Sergio decise di liberare Susanna dal carcere di Rovigo, dove era detenuta insieme ad altre tre compagne, aveva soltanto venticinque anni, questo vuol dire che quando entrò nelle fila di Lotta Continua ne aveva appena diciotto e ancora che commise i suoi atti terroristici tra i ventuno e venticinque anni. Prima di pormi il problema della pietas, mi sono chiesto perché fosse accaduto tutto questo, volevo capire come dei ragazzi tanto giovani potessero scegliere la lotta armata, entrare in clandestinità e allontanarsi dalla vita e dalla realtà, vivendo in una dimensione paranoica di scontro tra loro e lo Stato. Il mio film lavora molto sulla separazione, i miei protagonisti sono sempre dietro a un vetro, a una finestra, a un muro, perché volevo rendere visibile la loro separazione dal mondo e dai loro sentimenti.

Il contesto storico (semplificato)
S andro Petraglia: Il nostro film resta dentro la storia dei personaggi, scaricando il contesto, la tensione e la sensazione che l'Italia potesse fare in quegli anni la fine del Cile. La storia del nostro Paese è assai complessa e naturalmente gli ex terroristi sono interessati a raccontare il contesto perché questo in parte "giustificherebbe" il senso del loro agire. Noi al contrario volevamo fare un film semplice, scrivere la storia di due ragazzi che avrebbero potuto fare una vita diversa e invece scelsero l'integralismo dell'ideologia, passando dalla linea difensiva a quella offensiva. Per parlare correttamente degli anni di piombo avremmo dovuto avvalerci dei contributi degli storici ma noi abbiamo scelto altrimenti, mostrando il protagonista in carcere e ascoltandolo parlare di lui al passato. Questo incipit ci ha permesso di costruire tre fasi temporali e tre fasce di racconto.

Produttori di prestigio
L uc Dardenne: Fin dalla prima lettura siamo rimasti sedotti dalla sceneggiatura. L'Italia è uno dei pochi paesi che ha il coraggio di raccontare attraverso il cinema la sua storia. Ci piaceva che Renato De Maria decidesse poi di farlo attraverso il racconto della vita di un uomo. Un uomo consapevole di essere un assassino che voleva un mondo migliore. Trovavamo interessante il punto di vista del regista, l'idea di mettere un personaggio fuori dalla realtà e poi di restituirlo a quella stessa realtà dopo l'omicidio di un giudice, presentato nel film come un padre. La prima linea non è un tribunale, il film si limita a raccontare la storia di un essere umano.

Finanziamenti declinati
Luc Dardenne: In tempi di corse ai finanziamenti europei e statali, veder un produttore rinunciare a una sovvenzione è quantomeno atipico, la decisione di Andrea Occhipinti è senza dubbio storica. Il suo è un atto di fede, Andrea crede in questo film e vuole che questo film venga visto, al di là delle polemiche.



Edited by marenarobros - 16/11/2009, 10:52
 
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Arcadia1983
view post Posted on 16/11/2009, 11:06




Sì, ho visto giusto ora il trailer e pare interessante. La visione ci sta.
 
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emilgollum
view post Posted on 24/11/2009, 19:34




Nessuno va a vederlo. Io conto di andare giovedì. (Prima Coppola)
 
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Arcadia1983
view post Posted on 28/11/2009, 11:54




L'ho visto Mercoledì. Un film decisamente interessante. La cosa che mi è piaciuta di più è il fatto che il film racconta la vicenda senza giudicare (se non forse nel finale) esponendo i fatti nudi e crudi, senza distogliere lo sguardo dalle scene più violente (gli omicidi, per esempio). Per non parlare poi del fatto che i terroristi vengono visti (per quel che ne posso sapere) realisticamente: senza un dubbio, un tentennamento (cosa che investe anche i rapporti sociali, vedi il rapporto tra Sergio e la sua ragazza). Veramente una bella sorpresa. E comunque Scamarcio dimostra (non so se l'ho detto qua sul forum, dal vivo sì) che il talento ce l'ha: dovrebbe scegliersi i copioni con maggiore cura.
 
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emilgollum
view post Posted on 28/11/2009, 12:26




CITAZIONE
E comunque Scamarcio dimostra (non so se l'ho detto qua sul forum, dal vivo sì) che il talento ce l'ha: dovrebbe scegliersi i copioni con maggiore cura.

Per il momento sceglie copioni per fare soldi, e copioni più per un pubblico esigente, niente di meglio per un attore.
 
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Arcadia1983
view post Posted on 28/11/2009, 12:44




CITAZIONE (emilgollum @ 28/11/2009, 12:26)
CITAZIONE
E comunque Scamarcio dimostra (non so se l'ho detto qua sul forum, dal vivo sì) che il talento ce l'ha: dovrebbe scegliersi i copioni con maggiore cura.

Per il momento sceglie copioni per fare soldi, e copioni più per un pubblico esigente, niente di meglio per un attore.

Uhm... sì, hai ragione. Io vorrei che facesse più del secondo tipo, così magari chi c'ha le fette di salame sugli occhi forse se le toglie (vana speranza, lo so, perché i pregiudizi sono duri a morire).
 
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view post Posted on 28/11/2009, 13:22
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Cinefilo Ad Honorem

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Qual è l'ultimo film che Scamarcio avrebbe fatto per soldi, sapientoni dei miei stivali? :P

PS: io alla fine ad Aversa l'ho perso, e comunque al ritmo infernale di uscite che c'è da qui a Natale, non credo più di recuperarlo (e mi dispiace perchè sul forum l'ho lanciato io). Comunque ho letto che, tanto per cambiare, è stato fatto molto rumore SUL nulla, nel senso che il film condanna ciò che deve condannare.
 
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emilgollum
view post Posted on 28/11/2009, 13:26




Italians, Manuale d'amore..
 
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view post Posted on 28/11/2009, 13:28
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CITAZIONE (emilgollum @ 28/11/2009, 13:26)
Italians, Manuale d'amore..

Vogliamo ricontrollare le filmografie dell'epoca di Gassman, Mastroianni, Sordi e Tognazzi? Maddai... non si fanno certi film per i soldi, ma per spaziare.
 
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emilgollum
view post Posted on 28/11/2009, 14:13




CITAZIONE (marenarobros @ 28/11/2009, 13:28)
CITAZIONE (emilgollum @ 28/11/2009, 13:26)
Italians, Manuale d'amore..

Vogliamo ricontrollare le filmografie dell'epoca di Gassman, Mastroianni, Sordi e Tognazzi? Maddai... non si fanno certi film per i soldi, ma per spaziare.

Non ci credo. Dipende dalle personalità. Un Stefano Accorsi, impose alla produzione di un film (non proprio main stream) una cifra astronomica. Uno Scamarcio, anche per film più piccoli, impone uno stipendio piuttosto alto. Okay, spaziano a destra e a manca (con talento, per carità) ma quando si tratta di fare i conti con il proprio cachet, non ci sono produzioni che tengano (o così o senza di me). Gli attori fanno i film ANCHE per soldi, non solo per spaziare.
 
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view post Posted on 28/11/2009, 14:20
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Cinefilo Ad Honorem

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CITAZIONE (emilgollum @ 28/11/2009, 14:13)
CITAZIONE (marenarobros @ 28/11/2009, 13:28)
Vogliamo ricontrollare le filmografie dell'epoca di Gassman, Mastroianni, Sordi e Tognazzi? Maddai... non si fanno certi film per i soldi, ma per spaziare.

Non ci credo. Dipende dalle personalità. Un Stefano Accorsi, impose alla produzione di un film (non proprio main stream) una cifra astronomica. Uno Scamarcio, anche per film più piccoli, impone uno stipendio piuttosto alto. Okay, spaziano a destra e a manca (con talento, per carità) ma quando si tratta di fare i conti con il proprio cachet, non ci sono produzioni che tengano (o così o senza di me). Gli attori fanno i film ANCHE per soldi, non solo per spaziare.

Se determinate produzioni hanno bisogno di quello o di quell'altro nome, per aumentare la propria visibilità, che colpa ne hanno gli attori (che fanno un mestiere, e quindi valutano le offerte anche dal punto di vista economico, di certo non trascurabile) ? Per prendere i cachet dimezzati (o come negli Usa, al minimo sindacale) per partecipare a film corali, o indipendenti, c'è sempre tempo (gli attori fanno 2/3 film all'anno, è ingiusto etichettarli per errori in cui è facile che incappino, a questi ritmi - solo Tom Cruise negli USA fa un film ogni due anni, e pure li sbaglia -, o nel caso di Scamarcio, disdegnarlo perchè ha iniziato la carriera - avrei voluto vedere voi a 18/20 anni, al posto suo - facendo Tre metri sopra il cielo: prendetevela con le sue fan, non con lui). Aneddoto: ho detto al fratello di Colomba (17 anni) che volevo andare a vedere questo film (lui insisteva per 2012, e forse va a vedere Checco Zalone), e lui mi fa: "ma come, un film di Scamarcio?". Eh già, ancora non son bastati Romanzo criminale, Mio fratello è figlio unico, Il grande sogno (per citare i più noti) per farlo uscire da quella ghettizzazione. Ma se ci incappate voi che in teoria dovreste saperne di più di un 17enne (o di una nonna)...

PS: tra l'altro, Arc, quant'è banale ormai sottolinearla, questa cosa di Scamarcio, in una recensione...
 
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emilgollum
view post Posted on 28/11/2009, 14:22




Ma forse non hai capito. Io Scamarcio lo difendo, è anche giusto che faccia film per spaziare, per denaro (che male c'è?).
 
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view post Posted on 28/11/2009, 14:31
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CITAZIONE (emilgollum @ 28/11/2009, 14:22)
Ma forse non hai capito. Io Scamarcio lo difendo, è anche giusto che faccia film per spaziare, per denaro (che male c'è?).

Sì, lo so... era un discorso generico, non rivolto a te... anzi, più ad Arc, che tende a sottolineare cose banali (e lo erano anche 4 anni fa, se uno si fa un giro su Quaqua).
 
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15 replies since 5/11/2009, 17:59   142 views
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