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Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno, di Steven Spielberg, 2011

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emilgollum
view post Posted on 5/11/2011, 15:29




dal punto di vista tecnico Tin Tin è molto diverso dai film della Pixar, sono proprio due cose diverse, figuriamoci con i cartoni stile Studio Ghibli (tanto per capirci)
 
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emilgollum
view post Posted on 7/11/2011, 18:41




Il film comunque è veramente troppo banale. Delusione.
 
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World ^_^
view post Posted on 21/11/2011, 10:26




Spielberg riscopre felicemente la sua vena più genuina di storyteller con una freschezza da quasiesordiente, con un film che vola basso nelle pretese ma risulta decisamente riuscito.
Il suo Tin Tin sembra un figlioccio del famoso archeologo che a Spielberg diede la definitiva consacrazione trent'anni orsono, molto più di quanto non lo sia il naturale erede visto nel futile revival operato con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.
Fantasia e avventura allo stato puro, quindi, in questo Indy jr. d'inizio nuovo secolo col quale Spielberg ritrova il suo cinema migliore, dai tempi della finta spensieratezza di Prova a prendermi e dal sottovalutato Munich.
Tante le autocitazioni, da quelle più facilmente intuibili (il già citato Indy e il ciuffo che spunta dall'acqua e rimanda birichinamente a Lo Squalo) a quelle meno evidenti (solo io ho ravvisato una somiglianza impressionante tra lo stesso Spielberg e il cattivone del film?) per un film che sembra rivendicare il diritto all'intrattenimento puro, al cinema come autentico cibo per l'immaginazione. Il mezzo usato (la motion capture) permette ulteriormente tale "liberazione", si pensi ad esempio alla lunghissima, iperbolica, quella sì veramente cartoonesca sequenza dell'inseguimento nel saliscendi di stradine del fantomatico Emirato.
Il film diverte facilitando l'evasione e il trasporto avventuroso restituendoci quindi un autore corroborato. La stessa sequenza finale, con Tintin che chiede al capitano Haddock (tenero nella sua debolezza) quanto sia la sua voglia di avventura e lui che risponde "inesauribile" vale quasi quanto una dichiarazione d'intenti e riporta alla memoria l'eco di mille feuilleton avventurosi, da Verne a Salgari, con lo stesso infantile sorriso immaginifico. 7,5

 
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view post Posted on 27/11/2011, 17:56

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"Com'è la sua voglia di avventure, capitano?" "Inesauribile."

Meno male che Steven c'è. Mentre molti registi, arrivati alla maturità o alla vecchiaia, non riescono più a fare nulla di nuovo (Woody Allen, che secondo me potrebbe tranquillamente andare in pensione senza vergognarsi; ma vedi anche, purtroppo, il mio Timmy, che si sta pericolosamente avvicinando all'auto-mummificazione), ce ne sono altri il cui entusiasmo e la cui volontà di andare avanti rimane miracolosamente intoccata e ci garantisce grande cinema: è il caso di Martin Scorsese, leone di Little Italy che anche quando toppa fa film clamorosi, è il caso di David Cronenberg, ex genio dell'horror che ha avuto il coraggio di buttarsi nel cinema tout court dimostrandosi un Grande agli occhi di quella cieca critica per cui essere un regista di genere è una macchia imperdonabile, ed è il caso di Steven, che invecchia ma non perde la meraviglia dell'infanzia, la sensazione di essere un bambino alle prese con i suoi giocattoli preferiti.

tintin_17052011

Perché mentre molti registi fanno appello al nostro cervello o alla nostra anima adulta, disillusa, cinica, Steven invece chiama a raccolta il bambino sognante che è in noi. Non sempre questo funziona: un film come La guerra dei mondi resta una cagata a prescindere, e anche al quarto Indiana Jones, che pure non è affatto un film stupido come l'avevo preso inizialmente, sembrava mancare qualcosa. Ma con Tintin, realizzato assieme all'altro bambino terribile Peter Jackson (di cui attendo con ansia Lo Hobbit), Steven ritrova una gioia di sperimentare, una verve registica, una freschezza inalterata. Sarà merito del motion capture, che è la tecnica perfetta per un progetto del genere (impedisce da un lato l'impresa impossibile di ricreare i disegni inimitabili di Hergé, e dall'altro quella altrettanto impossibile di caricare di trucco impossibile gli attori), sarà merito dell'amore ventennale con cui il papà di Indiana Jones insegue quello che era manifestamente uno degli ispiratori del suo archeologo, Steve ci carica sui binari di un'avventura allo stato puro, cinema luna-park senza pretese, fatto solo per divertire e divertirsi, un cartone animato in 3D (realizzato benissimo, stavolta), raffinatissimo fin dai titoli di testa, con l'affettuoso omaggio al fumetto originale, di cui rispetta lo spirito in pieno: niente sentimenti di mezzo, niente tematiche scottanti, ma la semplice fiaba, più meravigliosa ancora in un tempo come il nostro.

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Merito di un manipolo di attori perfettamente in parte: Jamie Bell, ex Billy Elliott reincarnatosi nell'eroe di Hergé, Andy Serkis, mattatore instancabile e istrionico fornito di barba e cappello da marinaio come Haddock, il cattivone Daniel Craig in pausa dal ventitreesimo 007 (spero di prossima realizzazione), la coppia di comici Nick Frost e Simon Pegg con la bombetta di Dupont e Dupont.

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Avanti così, Steven, verso il futuro! Perché una cosa è certa: nel cuore di quest'uomo la voglia di avventure è inestinguibile. Imbarchiamoci con il nuovo eroe e avanti verso nuove avventure, verso un secondo episodio già annunciato (e forse anche un terzo), stavolta affidato a Jackson dopo che quest'ultimo sarà tornato (speriamo il più tardi possibile) dalla Terra di Mezzo.
 
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view post Posted on 20/7/2013, 14:56
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mi ero avvicinato al personaggio di TinTin nella mia visita a Bruxelles di qualche anno fa e avevo anche scoperto dei punti di contatto con il serial Lost e alcuni particolari episodi del fumetto (anche cartone animato)...

devo vederlo.

Caprara:

CITAZIONE
Al Festival di Roma spetta lo scoop dell’anteprima, ma “Le avventure di Tintin: il segreto dell’Unicorno” è pronto a invadere da fine settimana le sale italiane ed europee. Un metodo sicuro per soppesare il giudizio personale –nel nostro caso entusiastico- sul nuovo film diretto da Steven Spielberg e prodotto da Peter Jackson è quello di confrontarlo con l’eco mediatica già percepibile in Francia, dove il culto degli album a fumetti del belga francofono Hergé (Georges Prosper Remi, 1907-1983) chiama in causa pressappoco l’onore nazionale. Ebbene il riscontro non ammette dubbi: secondo la stragrande maggioranza delle anticipazioni, il kolossal realizzato con la tecnica della “motion capture” e l’aggiunta dell’ormai imperante 3D non solo non costituisce agli occhi dei puristi un caso di profanazione hollywoodiana, ma per brillante adesione allo spirito originario demolisce tutti i tentativi di trasposizione precedenti. A pensarci bene, in effetti, l’evento si basa su una logica, per così dire, linguistica: solo l’avveniristico sistema in cui gli attori in carne e ossa sono filmati e registrati mentre indossano –al posto dei costumi di scena- tute speciali ricoperte di sensori e solo in seguito trasformati grazie ai poteri digitali dei computer nei personaggi richiesti poteva ambire a “concretizzare” anziché imitare l’inimitabile universo tintinesco.
Il film di Spielberg, basato sulla sceneggiatura che fonde le tre memorabili storie di “Il granchio d’oro”, “Il segreto del Liocorno” e “Il tesoro di Rakham il Rosso”, intreccia in un delizioso tessuto di riferimenti vintage e acrobazie visionarie le avventure del reporter col ciuffetto (Jamie Bell) perseguitato dal perfido Sakharine (Daniel Craig) convinto che l’intrepido giovane sia venuto in possesso di un inestimabile bottino dei pirati. Con il supporto del fedele fox terrier Milù, dell’ironico e irascibile Capitano Haddock (Andy Serkis) e degli improbabili detective Thompson & Thomson (Simon Pegg e Nick Frost), Tintin riesce così a rivitalizzare il coté migliore del re Steven, quello genuinamente vibrante di strenua, impertinente e accattivante curiosità infantile. Il paradosso consiste proprio nel fatto che le prodezze tecnologiche consentite dai pixels del terzo millennio sono state in grado di cogliere quell’innocenza e quel candore scaturiti dall’ispirata ed erratica matita di Hergé a partire dal remoto 1929. E’ ovvio che il risultato sia anche dovuto al fatto che molti degli hits spielberghiani (da “I predatori dell’arca perduta” a “E.T.”, da “Hook” a “Jurassic Park”) appaiono già debitori dello spirito di conoscenza –talmente estremo e palpitante da condurre l’azione realistica in uno spazio pressoché astratto- immesso da Hergé nei suoi euforizzanti e liberatori sogni di carta. I due artisti non sono mai riusciti a realizzare il desiderato contatto diretto, ma non è un caso che l’europeo avesse deciso poco prima di morire d’affidare il suo eroe all’americano. L’incontro tra i due grandi affabulatori, tanto lontani dalle presunzioni autoriali quanto accomunati da un impetuoso favore popolare (gli album di Hergé sono stati tradotti in un centinaio di lingue e venduti in più di 250 milioni di copie), si è peraltro tramandato nell’immaginario come meglio nessun ammiratore avrebbe mai potuto augurarsi.

Guzzano:

CITAZIONE
Solo l'occhio vuole la sua parte. L'occhio che cerca <il materiale di cui sono fatti i sogni bambini> e Spielberg si scatena con una frenesia che credevamo perduta, un'ansia da prestazione da cartoon che gioca con la luce, cavalca onde e dune, regala un memorabile arrembaggio fiammeggiante, agita la nuova macchina delle meraviglie: la motion capture che diviene disegno animato al computer e poi sboccia in 3D sullo schermo. L'incontro tra Hergé e Spielberg – mancato fisicamente di un soffio per la morte del primo (1983) – si celebra oggi in un iperrealismo digitale che esalta e non degrada la 'linea chiara' del babbo di Tintin, disegnatore capace di ciuffi netti, nasi gonfi e sfondi nitidi ma complessi. L'ambientazione da mistery/fantasy anni 20 libera da ogni gancio razionale, consente sembrino sorpresa la tracciabilità delle rotte e gli acuti frantuma-cristalli, sprigiona umorismo retrò, aguzza l'ingegno del giovinotto coi perenni calzoni alla zuava, accompagnato da un fox terrier bianco (razza che non esiste in natura) e non da donzelle innamorate (Hergé era un immaginifico anticomunista misogino). Irriconoscibili: Jamie Bell (fu Billy Elliot), il kattivo Daniel Craig e Andy Gollum Serkis nel corpo che va a whisky del capitano Haddock. Ce la si gode, sacripante!
 
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Andrew.
view post Posted on 20/7/2013, 16:59




Ricordo ancora vivo di questo film visto al cinema, lo rivedrei volentieri.
 
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Arcadia1983
view post Posted on 21/7/2013, 12:53




per me è il vero quarto Indiana Jones. magari non sarà rispettoso del personaggio, ma è un bel film, questo conta.
 
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Merlino*
view post Posted on 23/7/2013, 00:03




No dai, davvero vi ha divertito? Per quanto ben fatto per me banalotto e, quel che è peggio, purtroppo anche noioso. Se sia rispettoso del personaggio non so, nemmeno mi entusiasmava il fumetto :(

Concordo con Nood che i titoli sono bellissimi :P
 
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view post Posted on 6/8/2014, 15:23
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Visto ieri. Che bello!!! Merito della fonte ma meriti anche a Spielberg che ha saputo mischiare il fumetto al "cartoon", il 3D alla motion capture, i personaggi di carta agli attori che però stavolta non si vedono (e avendolo visto in italiano, purtroppo manco si sentono)... bisogna tornare un po' bambini per amarlo senza fargli le pulci, ma mi sono divertito come non accadeva da tempo per un film (e una durata finalmente consona per un film di genere, un'ora e 40 e non due ore o anche di più).
 
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view post Posted on 6/1/2015, 11:44
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Stasera su Raidue, onestamente se a Coly va lo rivedo volentieri.
 
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