"Com'è la sua voglia di avventure, capitano?" "Inesauribile."
Meno male che Steven c'è. Mentre molti registi, arrivati alla maturità o alla vecchiaia, non riescono più a fare nulla di nuovo (Woody Allen, che secondo me potrebbe tranquillamente andare in pensione senza vergognarsi; ma vedi anche, purtroppo, il mio Timmy, che si sta pericolosamente avvicinando all'auto-mummificazione), ce ne sono altri il cui entusiasmo e la cui volontà di andare avanti rimane miracolosamente intoccata e ci garantisce grande cinema: è il caso di Martin Scorsese, leone di Little Italy che anche quando toppa fa film clamorosi, è il caso di David Cronenberg, ex genio dell'horror che ha avuto il coraggio di buttarsi nel cinema
tout court dimostrandosi un Grande agli occhi di quella cieca critica per cui essere un regista di genere è una macchia imperdonabile, ed è il caso di Steven, che invecchia ma non perde la meraviglia dell'infanzia, la sensazione di essere un bambino alle prese con i suoi giocattoli preferiti.
Perché mentre molti registi fanno appello al nostro cervello o alla nostra anima adulta, disillusa, cinica, Steven invece chiama a raccolta il bambino sognante che è in noi. Non sempre questo funziona: un film come
La guerra dei mondi resta una cagata a prescindere, e anche al quarto
Indiana Jones, che pure non è affatto un film stupido come l'avevo preso inizialmente, sembrava mancare qualcosa. Ma con
Tintin, realizzato assieme all'altro bambino terribile Peter Jackson (di cui attendo con ansia
Lo Hobbit), Steven ritrova una gioia di sperimentare, una verve registica, una freschezza inalterata. Sarà merito del
motion capture, che è la tecnica perfetta per un progetto del genere (impedisce da un lato l'impresa impossibile di ricreare i disegni inimitabili di Hergé, e dall'altro quella altrettanto impossibile di caricare di trucco impossibile gli attori), sarà merito dell'amore ventennale con cui il papà di Indiana Jones insegue quello che era manifestamente uno degli ispiratori del suo archeologo, Steve ci carica sui binari di un'avventura allo stato puro, cinema luna-park senza pretese, fatto solo per divertire e divertirsi, un cartone animato in 3D (realizzato benissimo, stavolta), raffinatissimo fin dai titoli di testa, con l'affettuoso omaggio al fumetto originale, di cui rispetta lo spirito in pieno: niente sentimenti di mezzo, niente tematiche scottanti, ma la semplice fiaba, più meravigliosa ancora in un tempo come il nostro.
Merito di un manipolo di attori perfettamente in parte: Jamie Bell, ex Billy Elliott reincarnatosi nell'eroe di Hergé, Andy Serkis, mattatore instancabile e istrionico fornito di barba e cappello da marinaio come Haddock, il cattivone Daniel Craig in pausa dal ventitreesimo 007 (spero di prossima realizzazione), la coppia di comici Nick Frost e Simon Pegg con la bombetta di Dupont e Dupont.
Avanti così, Steven, verso il futuro! Perché una cosa è certa: nel cuore di quest'uomo la voglia di avventure è inestinguibile. Imbarchiamoci con il nuovo eroe e avanti verso nuove avventure, verso un secondo episodio già annunciato (e forse anche un terzo), stavolta affidato a Jackson dopo che quest'ultimo sarà tornato (speriamo il più tardi possibile) dalla Terra di Mezzo.