"Six Feet Under" è divertente, noioso, serio, stupido, a volte ti fa fare la fila, a volte ci litighi ma poi fai pace, a volte lo prenderesti a pugni, a volte lo prendi a pugni, interessante, colto, puerile, ti commuove, ti stizzisce, fa paura, fa schifo, non andrebbe al family day ma ama la famiglia, mostra cazzi e fighe, vivi e morti froci e lesbiche, assassini e padri di famiglia, uomini nudi e donne nude (e non necessariamente morti) preti puttane visioni e miracoli e un sacco di altra roba.
È la vita con filtri: quelli della grande letteratura. E la letteratura ha delle regole.
Quello che dice Noodles non è falso: lui dice che per iniziare ad abbracciare il senso completo c'è bisogno di un po' di tempo. È quello che ho sempre detto pure io, ed è stato il non avere avuto tutto e subito scodellato fin dalla prima stagione a farmela abbandonare con stizza. Non bisogna dimenticare però che bisogna ragionare anche in termini di appagamento istantaneo, e direi che ogni episodio di "Six Feet Under" (fin dalla prima stagione) abbia comunque ottime "ragioni" per appagare il cuore e la mente, senza per forza dover ricorrere al solito trucchetto del
cliffhanger per tenere lo spettatore al guinzaglio.
Per il "dove si va a parare" c'è sempre tempo.