Testa o croce? Scegli.
Devo sapere prima cosa posso vincere.
Puoi vincere tutto. Scegli.Cosa governa il mondo? Cosa governa le nostre vite? Caduti gli ultimi idoli, possiamo affidare le nostre sorti al lancio di una monetina, sicuri che sia solo il caso l’unico giudice in un mondo dominato da forze incomprensibili? I messaggi che ci sta lanciando la Storia da molte decadi a questa parte fanno propendere per tale ipotesi ed è interessante come una certa produzione artistica cerchi di indagare questi aspetti della società contemporanea.
Nel 2005 Cormac McCarthy, uno dei maggiori scrittori americani contemporanei (scoperto tardi in patria e ancor più tardi qui in Italia), ha pubblicato “Non è un paese per vecchi”, romanzo da cui è stato tratto un film omonimo che quest’anno si è imposto alla notte degli Oscar.
Sinossi: 1980, Texas del Sud. Il reduce del Vietnam Llewelyn Moss (Josh Brolin), durante una battuta da caccia, si imbatte in quel che resta di un regolamento di conti per una partita di droga. Moss viene in possesso di un ingente somma di denaro abbandonata, che malgrado la sua onestà, non può fare a meno di portarsi a casa, con l'intento di assicurasi un futuro migliore per sè e la giovane moglie Carla Jean (Kelly Macdonald). Ma il suo gesto darà vita ad una lunga scia di sangue e violenza, che porteranno Moss alla fuga, inseguito da gente senza scrupoli che vuole impossessarsi del denaro. Fra tutti spicca lo spietato e psicopatico killer Anton Chigurh (Javier Bardem), che decide il destino delle sue vittime tramite il testa o croce di una monetina. Neanche l'intervento dello sceriffo Ed Tom Bell (Tommy Lee Jones), prossimo alla pensione, riuscirà a fermare l'escalation di sangue e violenza.
Se ad una prima lettura, la trama dell’opera può dire ben poco, dopo la visione del film (o la lettura del romanzo, ma meglio entrambe) le cose da dire sarebbero tantissime. Scritto con uno stile paurosamente asciutto, crudo e teso, l'implacabile narrazione di McCarthy si sviluppa come un western moderno, che riesce a riflettere in maniera lucida e spietata sulla società americana. I fratelli Coen, registi del film, sono riusciti a mettere in immagini perfette le pagine del romanzo, tentando un discorso ancor più ambizioso di quello di base. Se McCarthy aveva imbastito la sua opera come un’allegoria sulla storia degli Stati Uniti (ad esempio: molti dialoghi del libro sono più lunghi e esemplificativi rispetto al film), i Coen rielaborano il loro discorso a livelli universali, conferendole una straordinaria forza cinematografica. La chiave di lettura sta sicuramente nel personaggio di Chigurgh - che non è assolutamente il solito killer psicopatico - è un Male purissimo (quasi necessario), un angelo della Morte di fronte al quale tutti devono fare i conti. E’ un uomo che ha deciso di vivere secondo un personalissimo codice e la cui ingiustificata violenza sembra andare addirittura al di là del bene e del male. Chigurgh ha capito il mondo che sta arrivando e se ne fa profeta, lasciando le sorti di vita e di morte delle sue vittime al lancio di una monetina. Il Caos e l’assurdo domina i destini dei protagonisti e lo stesso sceriffo Bell, erede di quel West fatto d’eroi che non esiste più (e che forse non è mai esistito), rinuncia a trovare una spiegazione logica all’incomprensibile violenza che lo circonda, conscio che
quello che sta arrivando non lo si può fermare. Rimane un mondo che è andato avanti, che ci lasciato cadaveri e fantasmi, dominato da un’umanità arida (come arido è il paesaggio che fa da muto spettatore all’intera vicenda) e dalla violenza più cieca. Bell è il rappresentante di quel modo di essere umano destinato inesorabilmente a perdere e che non ha possibilità di rivincita. Ha perso per sempre l'eredità degli avi, restando solo, (come tutti gli uomini di oggi, che sono "paralizzate" nelle loro scelte) in un tunnel buio senza uscita.
I fratelli Coen realizzano il loro film più asciutto e implosivo, lavorando sulla sottrazione - eliminando anche la colonna sonora - per un cinema scarnificato, silenzioso e che lascia una strisciante inquietudine.
La violenza – eccetto nelle prime cruente scene – esplode fuori campo, diventa totalmente psicologica. “Non è un paese per vecchi” è un trattato di sociologia su un mondo che è morto in silenzio tanti anni fa, ucciso da noi.
Oltre alla regia dei Coen, che lasciano a casa quasi tutti i loro vezzi virtuosi, restano impresse le caratterizzazioni perfette degli attori. Tommy Lee Jones si conferma un attore assoluto: il suo racconto dei sogni alla fine è un momento magico e rivelatore; è l'uomo che è sopravvissuto al padre, ma che ha perso ciò che aveva, ed è rimasto solo. Bravissimo anche Josh Brolin. L'interpretazione di Bardem poi è totale: quella capigliatura da Alex DeLarge, la voce bassa, lo sguardo tagliente, un personaggio cult.
Non è un paese per vecchi è la "claris" del cinema coeniano, la summa del loro modo di fare film e del loro modo di raccontare il mondo. C'è tutto "un cinema per vecchi" dietro
In conclusione una parabola grandiosa, che mantiene le aspettative e anzi le supera, generando un sottobosco di simboli e chiavi interpretative come solo i "classici" sanno fare.
Voto: Edited by Mr.Noodles - 5/7/2008, 22:04